Cesare Battisti può disfarsi del braccialetto elettronico (che in Brasile è una cavigliera), ma non è ancora un uomo libero; il suo destino resta appeso ai cammini intrecciati della giustizia e della politica brasiliana. Il Supremo tribunale di giustizia (STJ), corte che rappresenta un terzo grado di giudizio ma che non va confusa con la Corte Suprema, ha sospeso la misura precauzionale imposta all’ex terrorista italiano dopo il tentativo di fuga dello scorso ottobre in Bolivia.

Una decisione frutto di un cavillo legale scovato dai suoi difensori; nell’imporre la cavigliera il giudice di prima istanza aveva dato motivazioni generiche senza fare riferimenti specifici al suo caso. La situazione processuale di Battisti, tuttavia, non cambia; rimane l’obbligo di dimora fissa e il ritiro del passaporto, ma adesso potrà passeggiare sul lungomare senza la scomoda macchinetta. L’ex membro dei Pac (proletari armati per il comunismo) rimane nel suo buen retiro di Cananeia, sulla costa dello stato di San Paolo, indagato per esportazione illegale di valuta. Una causa minore rispetto a quella sull’estradizione che da mesi è posteggiata sul tavolo della Corte Suprema, senza data definita. Sta lì la grande partita sul suo futuro. Qualcosa si muove, ma a passi lentissimi come da tradizione della giustizia brasiliana. Il giudice titolare del suo caso, Luis Fux, ha ricevuto tre settimane fa gli ultimi pareri dell’Avvocatura generale dell’unione (Agu) e della Procura generale della Repubblica, entrambi favorevoli all’estradizione. La Pgr si è spinta oltre, riaffermando la piena facoltà del presidente Michel Temer di decidere in merito senza tener conto del diniego espresso da Lula da Silva nel 2010.

Tutto sembrerebbe volgere in questa direzione, ma tra l’arresto recente dello stesso Lula e i numerosi casi di politici corrotti da esaminare, il Supremo è in altre faccende affaccendato e di Battisti per ora nessuno ne parla. La Farnesina continua a lavorare diplomaticamente. Resta la convinzione che il governo Temer sia disposto a concedere Battisti all’Italia, indipendentemente dal governo che si formerà o no dopo il voto del 4 marzo, sarebbe una questione di Stato, un impegno preso da due paesi amici e fra i quali c’è oggi un ottimo clima anche in termini di investimenti e scambi commerciali. Ma Temer, va detto, è in scadenza di mandato e il panorama politico brasiliano, dopo la prigione di Lula, è a dir poco infuocato.

Le presidenziali sono in ottobre e tutto sembra condizionato dalle inchieste in corso sulla corruzione. Il Supremo deve vagliare una dozzina di richieste di revoca dell’immunità di deputati e senatori coinvolti nel maxi scandalo “Lavajato”. L’unico fra i candidati in corsa a parlare di Battisti è stato il conservatore Jair Bolsonaro, un ex militare di estrema destra che dato oggi al secondo posto nelle intenzioni di voto dopo Lula. In un incontro con ambasciatori europei Bolsonaro ha promesso che se sarà eletto uno dei suoi primi gesti sarà quello di «regalare» Battisti all’Italia. A Roma, dopo gli entusiasmi sicuramente prematuri dell’anno scorso, sperano che non si debba attendere fino al 2019.

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