«Crediamo dannoso fare conte interne nella prossima direzione. È più utile riflettere insieme sulla visione che ci attende per le prossime sfide e sulle idee guida del futuro del centrosinistra in Italia». Così recita un documento promosso da circa 120 parlamentari renziani, tra cui il capogruppo in Senato Andrea Marcucci e quello della Camera Graziano Delrio, in vista della riunione del 3 maggio. Il documento, ispirato dal coordinatore della segreteria Lorenzo Guerini, spiega che deputati e senatori (79 alla Camera e 39 al Senato) «non voteranno la fiducia a un governo guidato da Salvini o Di Maio». «Significherebbe infatti venire meno al mandato degli elettori democratici». Sì invece alla proposta di Matteo Renzi di un percorso comune sulle regole: «È utile invece impegnarci a un lavoro comune, insieme a tutte le altre forze politiche, per riscrivere insieme le regole del nostro sistema politico-istituzionale». I firmatari, spiegano i promotori, rappresentano la maggioranza assoluta della direzione, 120 su 209. Una prova muscolare dunque, anche se la richiesta è quella di non votare in direzione. Una mossa che viene definita “di pace” dai firmatari dell’appello. Ma il clima resta molto teso.

I contenuti del documento

«Il Partito democratico non è monolitico, può essere che Renzi non abbia la maggioranza in direzione», avverte Roberto Giachetti, ex renziano di ferro, ora su posizioni critiche. Il documento è destinato a tenere banco. Anche perché, oltre alla richiesta di evitare conte, contiene una chiara scelta di tipo politico: il no a proseguire il dialogo con il M5S, un percorso che il segretario reggente Maurizio Martina aveva avviato in attesa di sottoporlo al voto della direzione il 3 maggio. Tra i non renziani circolano numeri diversi, con un sostanziale equilibrio in direzione.

Le reazioni nel partito

«I renziani vogliono scongiurare la conta perché sanno che non riuscirebbero a reggere una spaccatura, anche se fosse a loro favorevole. Non si governa un partito procedendo di forzatura in forzatura, di spaccatura in spaccatura. Per il Pd sarebbe un esito letale», spiegano fonti vicine al reggente Martina. Le componenti non renziane reagiscono negativamente all’iniziativa: «La conta promossa dai capigruppo per non fare la conta ancora non si era mai vista», ironizza Andrea Orlando, leader della sinistra interna. Le opposizioni, da Orlando ed Emiliano fino a Franceschini, paiono intenzionate a chiedere invece un voto di fiducia sul segretario reggente Martina. Delrio prova a sedare la polemica: «Nessuna conta interna, ma un appello all’unità. Il documento proposto da Lorenzo Guerini vuole essere una base di discussione e non una ulteriore occasione di divisione. Uniti siamo tutto, divisi siamo nulla. Da qui, dall’unità del Pd, debbono partire lo spirito e la sostanza del nostro confronto».

Renzi: “Non usino pretesti per rompere”

Il documento di Guerini in vista della direzione è una iniziativa che mira all’unità del partito: spero non vogliano cogliere pretesti per rompere. È il senso del ragionamento che, a quanto si apprende da più di un presente, ha fatto Matteo Renzi ad alcuni senatori con cui si è trattenuto al termine dell’assemblea del gruppo. L’ex segretario, che su un governo con M5S ha ribadito l’opinione espressa domenica in tv, si è augurato - a quanto viene riferito - che la direzione si chiuda in maniera unitaria, senza strappi. Non capisco come si possa pensare a un accordo di governo con i Cinque stelle, avrebbe riferito in un colloquio con alcuni senatori Dem al termine della assemblea del gruppo al Senato. Nel corso della conversazione, intervallata da battute anche sul calcio e la Fiorentina, Renzi si è mostrato sorpreso dalla reazione nel partito all’intervista rilasciata domenica in tv su un eventuale governo con i Cinque stelle. Non mi sarei aspettato - è il senso del ragionamento - reazioni di questo tipo: è pazzesca la pretesa che non possa più dire la mia. Non possono pensare che, da senatore, io la smetta di dire quello che penso.

Il sito delle polemiche

Numeri ballerini anche quelli apparsi sul sito senzadime.it, che riprende l’hashtag utilizzato in queste settimane dai renziani per dire no ad alleanze col M5S. Il sito si propone di fare una mappatura della direzione in vista del voto. Tra i contrari all’intesa con Di Maio&C. si contano 27 renziani (compreso lo stesso Renzi), mentre tra i dialoganti ci sono 8 persone tra cui Dario Franceschini, Michele Emiliano e Piero Fassino. 179 i nomi di chi non si è ancora espresso: tra questi Maria Elena Boschi e le ministre Valeria Fedeli e Marianna Madia. L’iniziativa ha scatenato una durissima polemica dentro il Pd.

L’affondo di Franceschini

«Quando in una comunità politica alla vigilia di una discussione seria che riguarda il partito e il Paese si arriva a questo, c’è qualcosa di profondo che non va», attacca Franceschini. Anche tra i contrari al governo coi grillini. «Pur essendo contrario a un accordo con il M5s, trovo assolutamente inappropriato un sito che mappa le posizioni all’interno della direzione Pd», scrive su twitter Ivan Scalfarotto. «Al di là delle intenzioni fa molto lista di proscrizione: uno strumento estraneo alla nostra cultura. Andrebbe chiuso». In mattinata arriva la decisione di Martina: «Siamo arrivati a questo? Voglio credere per tutti di no e mi aspetto che il sito venga chiuso. C’è un limite che non andrebbe mai valicato».

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