Quello che doveva essere il matrimonio politico dei vincitori non solo non si è celebrato ma rischia di finire in tribunale dopo la montagne di accuse che Luigi Di Maio ha riversato su Matteo Salvini. «Ha perso la testa», ha osservato il leader del Carroccio con alcuni parlamentari a lui vicini. Stia però attento: «Le mie sono scelte politiche dettate unicamente dalla coerenza, dalla lealtà e dal rispetto del voto degli italiani. Chiunque parli di soldi, prestiti, fideiussioni, regali e ricatti inesistenti a me e alla Lega, se finora è stato ignorato, da domani sarà querelato».

Salvini prende atto che non ha più margini di manovra e sente alle spalle le risate e i sarcasmi che arrivano da Arcore per la pietra tombale messa dal M5S sulla liaison con il Carroccio. A parole il leader leghista dice che vorrebbe provarci ancora, nonostante gli «insulti». È pronto a discutere, a sedersi attorno a un tavolo domani. Magari presentandosi come unico interlocutore in rappresentanza del centrodestra: «Non perché sono fedele a Berlusconi ma perché lo sono con gli elettori che ci hanno votato».

Il leghista vuole apparire il politico più responsabile d’Italia, il leader che non perde la testa nemmeno di fronte alle «cattiverie, ai litigi e ai capricci da bambino» di Luigi Di Maio. Non vuole essere lui a spegnere la luce della nuova legislatura. Arrivati al punto così basso dei rapporti anche personali, Salvini vuole addossare tutta la colpa del voto al grillino. È convinto di far pesare questa responsabilità in un’eventuale campagna elettorale che intende trasformare in un duello a due: Matteo contro Luigi.

Un feeling politico che si trasformerà in uno scontro micidiale. Ma per il capo del Carroccio servirà pure a prendersi il centrodestra, svuotare Forza Italia, soprattutto se riuscirà, prima del voto, a far passare una legge elettorale con il premio di maggioranza alla lista.

«Nessuno dovrà dire che io non ci abbia provato fino alla fine, in tutti i modi, anche mettendoci la faccia», spiega Salvini, che chiede al Capo dello Stato di affidargli un pre-incarico a formare il governo. «Perché agli italiani, a quelli che pagano il mutuo, che lavorano buona parte dell’anno per pagare le tasse, delle beghe politiche non interessa proprio nulla. Insisto fino all’ultimo - spiega Salvini - con tutti tranne che con il Pd per dare un governo a questo Paese. Se non ci riesco allora rimangono le elezioni». Ovviamente smentisce categoricamente di essere sotto ricatto da parte di Berlusconi che secondo Di Maio avrebbe finanziato il Carroccio e continuerebbe a farlo per risolvere i problemi finanziari della Lega. E che l’ex Cavaliere, addirittura, potrebbe accampare diritti sul simbolo leghista. «Tutto quello che faccio lo faccio con la mia testa. Noi non abbiamo una lira..., abbiamo chiesto soldi ai nostri candidati e ai nostri elettori».

Chi si gode la scena di un idillio andato in frantumi è Silvio Berlusconi. Ha sabotato in tutti i modi l’accordo politico M5S-Lega, non ha accettato di fare il passo indietro e nemmeno di lato, ha impedito a Salvini di farsi rappresentare, ha chiesto di essere legittimato al tavolo della trattativa. Ma soprattutto non ha fatto, almeno finora, il passo falso di proporre esplicitamente un accordo del centrodestra con il Pd o il governissimo. L’ex premier sapeva che Salvini aspettava questo passo falso per mollarlo e convolare a nozze con Di Maio.

Tutto questo è ormai alle spalle. Lo scenario è un piano inclinato verso le elezioni che Berlusconi vuole evitare. Intanto gode nel sentire il capo dei grillini addentare il leghista. «Ecco qual è il risultato di tanto corteggiamento: insulti, cattiverie. Ho sempre pensato e detto - ha osservato il leader di Forza Italia - che sono inaffidabili, persone poco serie. Con queste persone un’alleanza non durerebbe neanche due settimane». Ma Berlusconi ora rischia di essere trascinato alle urne. Una deriva che il portavoce dei gruppi parlamentari di Forza Italia, Giorgio Mulè, considera da «irresponsabili». Per evitarla l’ex premier è pronto a sostenere qualunque iniziativa del Capo dello Stato. Gli va bene anche quel «governo di tregua» di cui si parla. Un esecutivo che consenta di fare una nuova legge elettorale su cui insiste Giorgia Meloni. «Visto che parlate di tornare al voto, utilizziamo questi giorni di Parlamento bloccato per inserire il premio di maggioranza nella legge elettorale. Per farlo non serve dare vita ad alcun governo: basta acconsentire alle commissioni speciali, già istituite, di trattare anche questo argomento», afferma la leader di Fratelli d’Italia.

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