Dopo la testimonianza dei martiri dei secoli passati e, più recentemente, durante la «persecuzione ateista» dell’epoca sovietica, «ancora oggi le sofferenze di molti fratelli e sorelle perseguitati a causa del Vangelo sono un richiamo urgente, che ci interpella a ricercare una maggiore unità». Lo ha detto Papa Francesco nel corso dell’udienza al metropolita Rastislav, a capo della Chiesa ortodossa di Repubblica ceca e Slovacchia. 

Si tratta della più giovane delle 14 Chiese ortodosse autocefale di tradizione bizantina e trae origine dalla evangelizzazione della Grande Moravia operata dai santi Cirillo e Metodio. La Chiesa ha ottenuto il riconoscimento della propria autonomia dal patriarcato di Mosca nel 1951 e nel 1998 dal Patriarcato ecumenico di Costantinopoli ed ha mantenuto la propria unitarietà anche dopo lo smembramento della Cecosclovacchia. Al giorno d’oggi, 67 parrocchie si trovano in Repubblica Ceca e 98 in Slovachia. Il metropolita Rastislav, per la prima volta a Roma dal 9 al 12 maggio, è stato eletto nel 2014 con una elezione riconosciuta subito da Mosca e due anni dopo da Costantinopoli. La Chiesa prende parte alla Commissione mista internazionale per il Dialogo teologico tra cattolici e ortodossi che da ultimo ha adottato nel 2016 a Chieti un documento sui rapporti tra primato e conciliarità nel primo millennio.

«Secondo la tradizione», ha detto Francesco a Rastislav al momento dei discorsi ufficiali che ha fatto seguito ad un colloquio a porte chiuse, «furono i fratelli Cirillo e Metodio, provenienti da Salonicco, a portare a Papa Adriano II le reliquie di san Clemente, uno dei primi Vescovi di Roma, morto in esilio sotto l’imperatore Traiano. Il gesto di Cirillo e Metodio ci ricorda che noi cristiani abbiamo insieme ereditato – e abbiamo continuamente bisogno di condividere – un immenso patrimonio comune di santità. Tra i tanti testimoni, innumerevoli martiri hanno professato la fedeltà a Gesù nei secoli passati, come san Clemente, ma anche in tempi recenti, ad esempio quando la persecuzione ateista ha colpito i vostri Paesi. Ancora oggi le sofferenze di molti fratelli e sorelle perseguitati a causa del Vangelo sono un richiamo urgente, che ci interpella a ricercare una maggiore unità. Possa l’esempio di Cirillo e Metodio aiutarci a valorizzare questo patrimonio di santità che già ci unisce!».

Cirillo e Metodio, che Giovanni Paolo II proclamò co-patroni d’Europa, incarnarono il Vangelo «in una determinata cultura», ha detto ancora il Papa, secondo il quale «per annunciare il Signore non basta riaffermare gli schemi del passato, ma occorre porsi in ascolto dello Spirito, che sempre ispira vie nuove e coraggiose per evangelizzare i contemporaneiLo fa anche oggi, pure in Paesi tradizionalmente cristiani spesso segnati da secolarizzazione e indifferenza». I due santi, venerati tanto dagli ortodossi quanto dai cattolici, «riuscirono a superare le divisioni sorte tra comunità cristiane di culture e tradizioni diverse», ha poi sottolineato Jorge Mario Bergoglio: «Possa la testimonianza dei Santi Cirillo e Metodio accompagnarci, lungo il cammino verso la piena unità, stimolandoci a vivere questa diversità nella comunione e a non scoraggiarci mai nel nostro percorso, che siamo chiamati a compiere per volontà del Signore e con gioia».
 

Nel suo discorso, il Metropolita delle Terre Ceche e della Slovacchia ha paragonato cattolici e ortodossi ai discepoli di Emmaus: «Non possiamo spezzare insieme il pane, ma realizziamo che camminiamo insieme in questo mondo contemporaneo agitato, dove i cristiani sono nuovamente perseguitati, specialmente in Medio Oriente. Camminiamo insieme in un mondo dove milioni di persone soffrono la povertà, la malattia e la malnutrizione, e dove altri milioni di persone hanno perso le loro radici, la loro speranza e la loro fede cristiana. Mentre camminiamo insieme, come i discepoli sulla strada per Emmaus, possiamo provare paura del futuro, dato che il cristianesimo ha perso la propria posizione privilegiata e sicura in tanti paesi del mondo e il nostro Maestro viene rifiutato quotidianamente, umiliato e crocifisso in tanti cuori umani, compreso il nostro, ed è presente nella sofferenza spirituale e corporale di tante persone». «Affrontiamo molte nuove sfide nel momento in cui l’essere umano contemporaneo è in cerca frenetica della propria identità - ha aggiunto -. Può darsi che abbiamo ancora una lunga strada davanti a noi, Sua Santità, per raggiungere Emmaus e spezzare insieme il pane della vita. Ma camminiamo insieme e, soprattutto, non siamo soli. Lui, nostro Signore Gesà, cammina con noi, e non dovremmo avere paura».

Il metropolita Rastislav che in questi giorni ha incontrato il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani che un anno fa gli aveva fatto visita, ieri ha celebrato la divina liturgia insieme ad altri esponenti dell’Ortodossia presenti a Roma sulla tomba di Cirillo e Metodio nella basilica di San Clemente «e oggi io, in qualità di uno dei successori di san Medotio sul trono degli arcivescovi della Moravia-Pannonia, ho la gioia di incontrarla, vescovo di Roma, come san Metodio incontrò il Suo venerabile predecessore Adriano II nell’868».

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