L’Iraq è andato alle urne per le sue quarte elezioni legislative dalla caduta del regime di Saddam Hussein, 15 anni fa, ma soprattutto le prime dopo la sconfitta dell’Isis, cacciato da Mosul e dal resto del Paese l’anno scorso. Il voto si tiene fra misure di sicurezza eccezionali, per scongiurare attacchi da parte delle cellule ancora attive dell’Isis, anche nella capitale, e che si teme possa colpire, dopo l’uccisione di tre candidati nelle ultime settimane.

I media: “Attacco Isis a Kirkuk, 6 morti”

Sei membri delle milizie lealiste irachene della Mobilitazione popolare (Hashid Shaabi) sono stati uccisi in un attacco compiuto dall’Isis a sud di Kirkuk, mentre erano in corso le operazioni di voto. A riferirlo è il sito Kurdistan24 citando una fonte locale degli apparati di sicurezza. Altri due miliziani che erano intervenuti di rinforzo ai loro commilitoni sono rimasti feriti. L’attacco è avvenuto vicino al villaggio di Saaduniya, 35 chilometri a sud-ovest di Kirkuk.

Tre in corsa per il governo

Nel voto di oggi sono tre i leader che puntano al posto di primo ministro, anche se il nuovo governo nascerà dopo lunghe trattative fra le coalizioni principali, visto il sistema proporzionale. Il favorito è l’attuale premier Haider al-Abadi, artefice della vittoria contro l’Isis. Ha una posizione di equilibrio fra le potenze regionali, Iran e Arabia Saudita, e mondiali, Russia e America.

Il monito dell’ayatollah Sistani

Il primo sfidante è l’ex premier Nouri al-Maliki, che però paga ancora la disfatta del 2014, quando l’Isis conquistò in pochi mesi Mosul e un terzo del Paese. Su Al-Maliki pesa anche la “scomunica” dela Grande Ayatollah Ali Sistani che ha invitato a non votare “chi ha fallito in passato”. Per questo il fronte iraniano ha costituito una nuova coalizione, Al-Fatah, guidata dal capo politico delle milizie sciite Hashd al-Shaabi, che si stanno trasformando nell’equivalente dell’Hezbollah libanese.

L’uomo degli iraniani

E’ Hadi al-Amiri, alla guida della più potente delle milizie, la Mounasama al-Badr. Al-Amiri è stato sette anni in esilio in Iran durante la dittatura di Sadda, Hussein, parla benissimo il farsi e ha legami molto stretti con gli ayatollah iraniani e con il capo delle forze speciali Al-Quds dei Pasdaran, il generale Qassem Suleimani. Fra i primi punti del programma c’è il ritiro delle truppe americani ancora in Iraq, circa 6000 uomini, e l’integrazione delle milizie sciite nelle forze di sicurezza nazionali.

Settemila candidati

I numeri

In totale sono almeno 500 i miliziani sciiti fra gli oltre 7 mila candidati che si contendono i 329 seggi. Per costituzione in Iraq il premier deve essere espresso dagli sciiti (65 per cento della popolazione, il presidente dai curdi, 14 per cento, e il presidente del Parlamento dagli arabi sunniti, 20 per cento; i cristiani sono ormai ridotti a circa l’1 per cento).

I commenti dei lettori