L’Algeria contende alla Libia la palma per gli insediamenti romani più suggestivi e meglio conservati della regione maghrebina, ma mentre quest’ultima continua a presentare seri problemi di sicurezza, il governo algerino sta facendo grandi sforzi per rilanciare il turismo, soprattutto nell’interessantissima regione del Nord. Al punto da assegnare d’ufficio ai visitatori una scorta, apparentemente tutt’altro che necessaria, dato che la zona è tranquilla e sicura, la gente amichevole e la situazione sembra più che sotto controllo. Ma è una vigilanza amichevole e discreta e si possono così visitare in tutta serenità siti di grande suggestione e per lo più dotati del prestigioso «bollino di garanzia» dell’Unesco, anche se non sempre tutti i severi criteri della tutela appaiono pienamente rispettati.

È un susseguirsi di edifici sorprendentemente integri e di classiche planimetrie dove il cardo e il decumano scandiscono gli spazi pubblici e privati, dalle terme alle botteghe alle fontane, e le campagne conservano memoria degli insediamenti agricoli e dei campi fortificati. Erano città imponenti e floride, popolate da veterani dell’esercito, da commercianti e banchieri, e servite da una fitta rete di strade, ponti e acquedotti. L’Algeria, infatti, era una provincia ricca e fu per secoli una delle maggiori fonti di approvvigionamento agricolo dell’impero.

Da Traiano a Camus

A partire dalla costa, e da Tipasa, con i suoi resti punici, romani e bizantini, amati e frequentati dallo scrittore Albert Camus, si passa per Hippo Regius, l’Ippona di Sant’Agostino, per Djemila, la bella, in un insolito scenario montuoso, fino alla celebre Timgad, fondata dall’imperatore Traiano nel primo secolo d.C. e dominata dell’imponente arco che ne celebra le imprese. Senza trascurare le rovine di Sitifis, vicino all’odierna Setif, e soprattutto il museo che ne raccoglie, in modo forse archeologicamente non corretto ma di grande impatto, i bellissimi mosaici.

L’arco di Traiano a Timgad

Nella regione montuosa e verdeggiante dell’Atlante che sfuma lentamente nell’aridità dei canyon e poi del deserto, non mancano le testimonianze delle civiltà autoctone come la Qal’a dei Banu Hammad, uno tra i più antichi e meglio conservati complessi dell’età islamica, la cittadella fortificata che nel 1007 fu la prima capitale della dinastia degli Hammadidi. Un’oasi di giardini, edifici monumentali e grandi vasche d’acqua tra i monti che circondano Bishara di cui oggi restano memorie e tracce presidiate da una imponente torre. Caratteristici dell’area anche i grandi mausolei dei re numidi: il più grande e antico è quello di Medracen, nei pressi di Cirta, che forse risale al tempo del più celebre sovrano di quel popolo, Massinissa.

Djemila la bella

Alle porte del deserto, quasi nel centro del Paese e a 600 km da Algeri, la cosiddetta pentapoli mozabita di Ghardaia, sito Unesco dal 1982, è una reliquia storica tuttora vivissima, una corona di insediamenti costruiti con uno stile unico che hanno affascinato e ispirato l’architetto francese Le Corbusier. Su una serie di colline rocciose lungo lo uadi Mzab, infatti, nell’XI secolo si stabilirono gli ultimi ibaditi, una corrente islamica considerata eretica, dopo il crollo dell’imamato di Tahert. Qui, in cerca di luoghi facilmente difendibili e non ambiti da altri perché deserti e inospitali. Tra il 1012 e il 1046 nacquero così El-Atteuf, Melika, Bou-Noura e Ghardaia, a cui si aggiunsero Béni-Isguène nel 1321 e, a un centinaio di chilometri di distanza, Guerrara nel 1631 e Berriane nel 1690.

I centri seguono tutti un rigoroso schema costruttivo, con la moschea, dotata di un alto minareto che serviva anche come torre di guardia, nel punto più elevato, circondata, a scendere, dalle abitazioni dei religiosi e poi via via, da quelle degli appartenenti ai mestieri considerati meno spirituali. Una struttura a spirale, collegata da una rete di stradine e portici e dotata di una serie di accorgimenti per garantire, in spazi così ristretti, la privacy, come ad esempio mettere sempre porte d’ingresso sfalsate ai due lati della strada.

L’architettura ibadita

Particolare è anche lo stile architettonico, semplice ed essenziale, influenzato dal rigore caratteristico della fede ibadita, e particolari sono gli abiti dei residenti, tutti tessuti a mano e che per le donne prevedono un ampio mantello bianco che lascia scoperto soltanto un occhio. Da vedere l’antica rete idrica che con una serie di canalizzazioni permette di mettere a regime e distribuire nei palmeti le acque dello uadi. Conservatori assoluti, gli ibaditi sono perfetti per tutelare il loro habitat: su una collina della vallata sta sorgendo un nuovo quartiere che presenta esattamente le stesse caratteristiche delle città millenarie.

Tappe di arrivo nella regione, Algeri e Costantina meritano senz’altro un po’ di tempo. La capitale con il suo «front de mer» francese e la famosa casbah, è un fascinoso misto di Occidente e Oriente, un po’ Marsiglia un po’ Tangeri, e Costantina, arroccata su speroni di roccia scavati nei millenni dal fiume Rhumel, circondata da due lati da gole impressionanti, stupisce con il suo dedalo di passaggi aerei e ponti vertiginosi e la sua architettura quasi provenzale.

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