I 34 vescovi cileni che il Papa ha convocato in Vaticano per affrontare lo scandalo pedofilia avranno domani pomeriggio il primo di una serie di incontri con Francesco e sono desiderosi di «ascoltare» il Pontefice argentino con un atteggiamento di «dolore e vergogna» per gli abusi sui minori. In una conferenza stampa organizzata dall’episcopato cileno alla vigilia dell’udienza nell’auletta dell’aula Paolo VI, due vescovi - monsignor Fernando Ramos Pérez, uno dei sette ausiliari di Santiago, e segretario della Conferenza episcopale, e monsignor Juan Ignacio Gonzalez Errazuriz, vescovo di San Bernardo - hanno assicurato di non sapere se il Papa farà dimettere alcuni vescovi né altre misure che egli intenda prendere, ma si preparano ad un periodo di discernimento «sinodale» con il vescovo di Roma che potrebbe durare più di «due o tre giorni».

«L’invito del Papa era per tutti i vescovi, siamo venuti dal Cile in 34, 31 in funzione e tre emeriti», ha spiegato monsignor Ramos, ai giornalisti riuniti presso i locali della Segreteria vaticana per la Comunicazione. «Il nostro atteggiamento è innanzitutto il dolore e la vergogna, dolore perché ci sono vittime che hanno sofferto per gli abusi e vergogna perché questi abusi sono avvenuti in un ambiente ecclesiale dove non dovrebbero mai accadere. In secondo luogo, vogliamo poi ascoltare il Santo Padre, quali sono le conclusioni di monsignor Scicluna e le sue proprie conclusioni, desideriamo ascoltare quello che il Papa intende dirci con la massima disponibilità. E, in terzo luogo, ci disponiamo all’incontro con un atteggiamento di apertura al discernimento insieme con il Santo Padre, discernimento personale e comunitario, per realizzare, come il Papa ha detto, un largo processo sinodale, un processo di discernimento e ascolto che ci dà una profonda speranza. Confidiamo che questo incontro ci permetterà di affrontare questi temi così gravi con massima disponibilità e spirito di cambiamento e rinnovamento».

Al momento «abbiamo ricevuto dalla Santa Sede l’indicazione di “diversi” incontri di gruppo con il Papa in questi giorni, il primo incontro sarà domai, martedì 15, nelle prime ore del pomeriggio, nell’auletta dell’Aula Paolo VI», ha precisato il vescovo. «Non è prevista attualmente una eucaristia a Casa Santa Marta e non sappiamo se ci saranno incontri personali», ha detto ancora Ramos. Un processo di discernimento sinodale, ha detto, «richiede un certo tempo, non credo 2 o 3 giorni». Sull’organizzazione di queste giornate, per il resto, «non sappiamo altro».

I due presuli hanno spiegato di non essere a conoscenza se alcuni vescovi sono giunti a Roma con la lettera di dimissioni già pronta né se il Papa farà cadere alcune teste: «Non lo sappiamo, non abbiamo ancora incontrato Papa Francesco», ha detto ancora monsignor Ramos, «molti scenari sono possibili, di certo vogliamo ascoltare il Papa e cooperare per riparare gli abusi». Non è escluso, per quanto riguarda il destino di singoli vescovi, che il Papa voglia fare anche incontri personali. Quanto al nunzio apostolico in Cile, l’arcivescovo Ivo Scapolo, «è tornato in Cile dopo essere stato in Italia per motivi personali», ma «non ha fornito ai vescovi cileni indicazioni sul loro viaggio a Roma e tantomeno sull’incontro col Papa».

Invece riguardo a monsignor Juan Barros, vescovo di Osorno al centro delle critiche delle vittime del prete pedofilo Fernando Karadima il vescovo Gonzalez, che in passato lo difese, ha spiegato che gli è stato effettivamente vicino nel recente passato: «È un fratello ferito, solo, un po’ abbandonato, sono stato vicino a lui per un’opera di carità. Non spettava a me giudicarlo. Non ho peraltro contatti con lui da due o tre settimane», ha detto il presule, che non ha poi commentato la figura del gesuita German Arana che sarebbe giunto a Roma insieme a Barros.

Gonzalez non ha fatto previsioni neanche relativamente al cardinale Francisco Errazuriz, duramente accusato di insabbiamento dalle vittime di padre Karadima: «Quando uno ha incontrato delle vittime, comprende molto la loro reazione, anche le parole dure», si è limitato a dire. «Tutti sappiamo molto bene che la rimozione o la destituzione di un vescovo dipende dal Papa, sarebbe illogico che facessimo qualsiasi commento su una facoltà che afferisce unicamente al Santo Padre». In generale, «può darsi che il Pontefice abbia più informazioni che noi, molti mandano informazioni alla Santa Sede», ha detto Gonzalez, «vogliamo ascoltarlo».

Commentando la richiesta di perdono del Papa, e il suo successivo incontro con le vittime, monsignor Ramos ha scandito, con citazione evangelica: «Dobbiamo chiedere perdono 70 volte 7. Credo che è un imperativo morale per noi molto grande. L’importante è che la richiesta di perdono sia realmente riparatrice». Per il vescovo ausiliare, «non è importante se siamo umiliati o no», ha detto in risposta ad una domanda, «quello che conta è attivare tutto il necessario, come Chiesa, a servizio di tutti e specialmente delle vittime. Dobbiamo cooperare alla riparazione. Crediamo che sia un momento molto importante per la Chiesa, che non è composta solo da vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose ma al 90% dal popolo di Dio di cui noi pastori siamo a servizio. Questo è un momento complesso ma è anche un momento che ci offre l’opportunità di un rinnovamento piuttosto grande».

Per Ramos, «apprendere che in una nostra comunità è stato compiuto un abuso è scioccante. Un abuso è inaccettabile, intollerabile, ingiustificabile da ogni punto di vista, e in passato non avevamo né la capacità né la conoscenza per sapere cosa succede a una vittima, che ci vogliono molti anni perché decida di parlarne, il rapporto asimmetrico di abuso di potere: sono tutte cose che abbiamo scoperto, stiamo scoprendo, e vogliamo andare avanti».

Monsignor Gonzalez, da parte sua, ha rivendicato che la Conferenza episcopale cilena già dal 2011 ha una Commissione per la prevenzione degli abusi della quale egli fa parte, che ha già sviluppato diverse misure, ma ha sottolineato che «in alcuni ambiti dobbiamo fare passi avanti», ha detto. Il vescovo ha spiegato che alcune linee-guida sono ispirate alla lettera di Benedetto XVI ai cattolici irlandesi, «ma ora siamo venuti ad ascoltare Pietro», ossia Papa Francesco, che «è un esempio per noi» per avere ammesso errori, chiesto scusa e incontrato le vittime. Il «punto centrale», per monsignor Gonzalez, sono le vittime: «Bisogna camminare nella riparazione alle vittime, cosa che abbiamo già provato, forse non siamo riusciti a farlo nel migliore dei modi, ma dobbiamo farlo ancora: ci impegneremo con umiltà, speranza, seguendo l’insegnamento di Gesù». Per il presule, ad ogni modo, «l’esperienza ci insegna che le vittime hanno sempre ragione. Non conosco il caso di Karadima, la Commissione di cui faccio parte lavora del 2011, ma bisogna sempre dare credito alle vittime».

I due vescovi non hanno detto chi è, a loro avviso, ad avere male informato il Papa sulla situazione degli abusi nella Chiesa cilena. «Non sappiamo neanche quali informazioni aveva ricevuto», ha detto Ramos. Quanto alla lettera rivelata dalla Associated Press nella quale anni fa il Papa accantonava l’ipotesi di far dimettere i vescovi che erano stati allievi di Karadima, «non ci siamo mai sentiti traditi dal Santo Padre», ha risposto monsignor Ramos, «ma non conosciamo bene l’evoluzione dei fatti, l’antecedente, cosa è accaduto, che informazioni ricevette, e dunque non possiamo dire molto».

In merito all’ipotesi di indennizzi economici alle vittime, infine, «come Chiesa – ha concluso il vescovo Ramos – vogliamo aiutare a sanare una ferita molto profonda e molto dolorosa e siamo disposti a cercare la forma che realmente aiuta a sanare il dolore». In alcuni casi del passato, ha detto da parte sua Gonzalez, «c’è già stato indennizzo economico» delle vittime.

I commenti dei lettori