Futuro dell’Europa, diritti dell’uomo, fenomeno migratorio. Questi i temi al centro della prolusione del patriarca ecumenico Bartolomeo rivolta ai rappresentanti diplomatici dell’Unione Europea incontrati ad Ankara alcuni giorni fa, in piena campagna elettorale in Turchia.

 

Bartolomeo ha ricordato ai presenti gli sforzi del Fanar per la promozione del dialogo, quale «unico modo per affrontare le sfide» del presente. Il dialogo, interreligioso ed interculturale, finalizzato all’unità dei Cristiani, «è un gesto di solidarietà», ha detto. Per questo motivo il patriarcato di Costantinopoli si è sempre adoperato a promuoverlo nel mondo ortodosso.

Il patriarca ha ricordato infatti che il Sinodo panortodosso di Creta (2016), malgrado le defezioni dell’ultimo momento, ha fatto propri i documenti preparatori del gennaio 2016, firmati da tutti i partecipanti che si sono ritrovati d'accordo nel dichiarare che «il fondamentalismo è espressione di una religiosità malata».

 

Bartolomeo ha inoltre espresso il rammarico per il disprezzo ostentato della società contemporanea nei confronti del Creato, sottolineando che la solidarietà al creato e all’umanità sono fattori imprescindibili, «le due facce della stessa moneta». «Oggi - ha aggiunto - si assiste per il mondo, ad un distacco dalla tradizione della solidarietà, un fenomeno del nostro tempo, che è dovuto alla rapida e diffusa crescita dell’individualismo, edonismo, consumismo e alla mancanza di sensibilità sociale».

In risposta a questa sfida, «le religioni - ha esortato il primate ortodosso - sono chiamate a promuovere le loro tradizioni filantropiche, e lavorare per costruire  “ponti” allo scopo di proteggere la sacralità della persona umana e contribuire al riavvicinamento delle persone e delle culture contro il fanatismo e il conflitto delle culture. Nel loro insegnamento e nella pratica, devono riconfermare l'ininterrotta unità tra la fede in Dio e l’amore per i nostri simili. La risposta a questi problemi moderni richiede davvero una comune azione, altrimenti il futuro non si prospetta roseo».

Soffermandosi sul tema dell’Europa, Bartolomeo ha ricordato come essa, nel suo cammino verso la piena integrazione e l'unità, non può avere soltanto come unico riferimento lo sviluppo economico, bensì il rispetto della dignità della persona umana. «Per noi, l'Europa è un grande esperimento di solidarietà, in un continente che nel secolo scorso ha vissuto le due più sanguinose e terribili guerre della storia dell'umanità», ha affermato. «È un progetto di pacifica convivenza, libertà, giustizia e rispetto del pluralismo».

In questo senso, l'Europa non è il “Kopfgeburt”, cioè «un prodotto della mente» - come è stato definito nel passato dal famoso sociologo Ralph Dahrendorf -, ma piuttosto «incarna degli alti ideali umani e certamente anche un certo idealismo». «Non è possibile che l'Unione Europea deve semplicemente esistere come un progetto impostato sulla omogeneizzazione economica e di un certo sviluppo, basato sul principio della autonomia dell’economia». Ciò che sta alla base del progetto europeo sono «i diritti dell’uomo e il concetto di “società aperta”, entrambi espressioni di fede nella libertà e nella dignità umana», ha ribadito Bartolomeo. 

Sviluppando poi ulteriormente il suo pensiero sull’Europa, nell'anno del 70esimo anniversario dalla Dichiarazione dei diritti dell’uomo, il patriarca ecumenico ha sottolineato che: «Non occorre dare enfasi ai concetti di uguaglianza, fratellanza e libertà presi singolarmente perché si rischia andare alla deriva dei vari radicalismi Questi tre concetti e valori sono imprescindibili tra di loro e sotto questo aspetto la nostra visione d’Europa ha una base etica e spirituale». Di conseguenza, noi distinguiamo «l’Europa tecnocratica che dà la precedenza ai valori del mercato da quella che si basa sui diritti dell’uomo e sul pluralismo». «È piuttosto caratteristico che questi principi vengano alla ribalta quando si mettono in discussione l'unità e il futuro dell'Europa», ha osservato il leader ortodosso.

Che ha pure voluto ribadire che «i diritti non costituiscono una minaccia al pluralismo, ma assicurano quelle condizioni per poter esprimere liberamente le eredità culturali e il rispetto delle differenze. La globalizzazione non significa uniformità. Sotto questo aspetto la libertà religiosa appartiene ai valori dell’Europa».

 

«Deve esser ben chiaro - ha poi aggiunto  - che l'Unione europea non è emersa ex nihilo, dal nulla. Si basa su una lunga tradizione di valori e battaglie per la libertà, la giustizia e la fede nella dignità della persona umana. Senza queste radici, sarebbe impossibile determinare quello che definiamo oggi  "Europa". Una di queste radici è indubbiamente il cristianesimo. Pertanto, il nocciolo dell'Europa moderna, vale a dire i diritti dell’uomo, portano il marchio del cristianesimo, anche se non possono essere considerati come sua diretta creazione. Né il rifiuto iniziale dei moderni diritti dell’uomo da parte delle Chiese cristiane dell’Occidente, né le tendenze anti-ecclesiastiche degli illuministi, sono stati in grado di eliminare le radici profonde dei diritti umani nella tradizione e nella cultura cristiana».

Il patriarca si dice convinto del fatto «che oggi le Chiese cristiane possono contribuire alla cultura dei diritti umani, rafforzando così l'identità europea». Mentre, per quanto riguarda il contributo specifico che può offrire la Chiesa ortodossa in questa cultura, «crediamo che questo sia legato alla centralità della dimensione sociale della libertà, che protegge dalla trasformazione dei diritti dell’uomo in infiniti valori individuali».

A questo proposito, quando si parla di grandi Padri della Chiesa d'Oriente, di iconografia ortodossa, di uso eucaristico della creazione, di incarnazione del dogma cristologico di Calcedonia, dell’ architettura di Santa Sofia, della cultura ortodossa di filantropia e di diaconia, di teologia della persona, si fa riferimento ai valori spirituali che appartengono alle radici dell'Europa, ha sottolineato Bartolomeo. Un’Europa che risulta essere molto più ampia, non solo geograficamente, ma anche culturalmente e spiritualmente, dall'Europa occidentale. Per la coscienza ortodossa, il futuro non appartiene all'individualismo, al cosiddetto “homo clausus” - l'uomo introverso, o alla sua autorealizzazione edonistica - tantomeno si trova al comunitarismo esasperato, dove la libertà individuale è sacrificata per scopi collettivi. Ma neanche si trova nella sacralizzazione della scienza, della tecnologia, dell’economia e del «fondamentalismo di mercato», o allo sfruttamento deliberato delle risorse naturali. In realtà, questi concetti non sono realmente «europei». «Il futuro appartiene alla "cultura della solidarietà”», ha affermato Bartolomeo I.

Non è mancato nel suo intervento un cenno alla questione migratori. «È noto a tutti», ha detto, «che l'immigrazione e il continuo flusso dei rifugiati dalle regioni in guerra è uno dei più grandi problemi che affliggono tutta l'umanità. Mettono alla prova i valori fondamentali della cultura europea. È impossibile affrontare l'attuale crisi migratoria e dei rifugiati con criteri e valori di un'Europa burocratica, tecnocratica ed economicamente concentrata su se stessa. La soluzione deve basarsi sui principi dei valori dei diritti dell’uomo, che sono la Magna Carta europea che pongono al centro il rispetti della libertà umana. L'alleato naturale dei diritti dell'uomo sono le Chiese cristiane, anche la base della concezione cristiana della dignità umana è diversa da quella dei movimenti laici».

 

Infine il patriarca ecumenico si è espresso nei confronti dei cosiddetti rappresentanti di un certo «estremismo secolarizzante», i quali tendono  ad emarginare la religione, senza però promuovere obiettivi umanitari. «Le religioni sono in grado di affrontare con decisione le questioni della migrazione e dei rifugiati, e coltivare uno spirito di solidarietà a sostegno di iniziative e tendenze nella sfera politica e sociale, e che sono destinati a proteggere la dignità umana», ha evidenziato. «La fede ispira e rafforza la lotta per la giustizia e la libertà e fornisce ancora sostegno quando sembra che si trovi in una fase di stallo. Siamo certi che la crisi migratoria e dei rifugiati è un'opportunità e una base per la cooperazione di tutti. Perché , la questione dei rifugiati e degli immigrati non riguarda solo l'Europa».

Risulta spontaneo allora domandarsi: «Quo vadis Europa?». In una recente dichiarazione il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Junker, ha proclamato che «l'Europa sta perdendo peso in tutto il mondo». Secondo il patriarca Bartolomeo, «l’Europa è molto più di quello che rappresenta dal punto di vista economico e demografico. Il suo presente secolarizzato non può prescindere dal suo passato, che si era ispirato e plasmato dalla cultura cristiana. In Europa come nel resto del mondo, le Chiese Cristiane rimarranno per sempre un luogo, dove la vera libertà è vissuta e testimoniata».

 

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