Anzitutto sia chiaro: non si tratta di «un dogma di fede», i suoi contenuti «non provengono dalla rivelazione cristiana» e i credenti sono, sì, «vincolati» ma «non fino all’ultimo». Certo è che nessun cattolico, specialmente quelli coinvolti nel vasto campo dell’economia e della finanza, potrà da oggi non tenere conto delle indicazioni contenute nel documento Oeconomicae et pecuniariae questiones, diffuso dal Vaticano e frutto del lavoro di due Dicasteri, quello per il Servizio dello Sviluppo umano integrale e la Congregazione per la Dottrina della Fede.

Il prefetto dell’ex Sant’Uffizio, lo spagnolo Luis Francisco Ladaria Ferrer, su questo punto è stato estremamente chiaro: «Non è un documento che vuole stabilire cose definitive. Entra nel magistero ordinario in quanto approvato dal Papa. I cattolici sono vincolati ma non fino all’ultimo, nel senso che ciò che un cattolico non potrà fare sarà dire che prescinde da questo», ha spiegato ai giornalisti durante la presentazione del testo nella Sala Stampa vaticana. Ciò non toglie che «chi è esperto in materia possa individuare delle alternative più giuste e valide».

Per la Congregazione che da secoli si occupa di salvaguardare l’ortodossia cristiana un documento del genere è quasi una “prima volta”: «Non ricordo tutti i documenti della Dottrina della Fede pubblicati nella sua lunga storia», ha detto Ladaria, «sicuramente molte volte si è occupata di questioni economiche, ad esempio con il tema dell’usura, ma questo campo non è stato studiato come ad esempio quello della morale della vita e della sessualità su cui si è scritto di più… Oggi, però, le nuove sensibilità rendono necessaria una riflessione sul tema». 

Necessaria e forse anche urgente in un’epoca di soggetti economici forti divenuti «superstar», di risorse sempre più concentrate nelle mani di pochi, e di pratiche finanziarie «disoneste e predatorie». In gioco non ci sono solo questioni di mercato e di denaro, ma la persona umana; o meglio, per dirla come Ladaria, «una miopia antropologica ed una progressiva crisi dell’umano». 

Per questo il Vaticano ha voluto offrire delle «considerazioni per un discernimento etico circa alcuni aspetti dell’attuale sistema economico-finanziario», come recita il sottotitolo del documento. A monte non c’è «un incarico diretto» del Papa, che, tuttavia, non ha mai risparmiato le sue critiche verso «l’economia che uccide» e il «dio-denaro» che schiaccia l’uomo, bensì «una richiesta dal basso», ha spiegato monsignor Ladaria. Cioè la domanda, da più parti, di fare chiarezza su alcuni aspetti alla luce della Dottrina sociale della Chiesa, in modo da evitare «un collasso sociale a livello mondiale, dalle devastanti conseguenze».

«L’uomo, oggi, non sapendo più chi è, e cosa ci sta a fare nel mondo, non sa più nemmeno come agire bene, finendo per rimanere in balia delle sue convenienze del momento e degli interessi che dominano il mercato», ha sottolineato il prefetto. «L’utile del più forte ha preso sopravvento sul bene autentico ed è divenuto il vero fattore dominante i rapporti economico-sociali. In tal modo, il bene comune è sparito in molti ambienti dall’orizzonte del vivere, si è accresciuta la conflittualità delle relazioni e le disuguaglianze sono divenute più pronunciate».

Se per Ladaria tutto questo «è incredibile», come incredibile «è anche solo il pensare che dieci persone possano detenere quasi la metà della ricchezza mondiale», per il cardinale Turkson, prefetto del Dicastero per lo sviluppo integrale, va riformulato totalmente l’approccio finanziario. Non è possibile che oggi sia «focalizzato più sulla speculazione che sul servizio all’economia reale» ha detto, per poi invocare «libertà, responsabilità, giustizia, solidarietà e amore» quali principi di base per un vero sviluppo. 

Il porporato ghanese ha sottolineato inoltre che Oeconomicae et pecuniariae questiones trae le mosse dal «libretto» del 2011 pubblicato dopo lo scoppio della crisi. «I sentimenti sono gli stessi», ha spiegato; in più il testo diffuso oggi fa «un appello alla saggezza comune dei diversi popoli». 

Intervenendo l’economista Leonardo Becchetti, docente di economia politica all’Università “Tor Vergata” di Roma, al banco dei relatori insieme a Lorenzo Caprio, professore di Finanza aziendale all’Università Cattolica di Milano, ha posto in luce un’ulteriore problematica: «Il Pil è in crescita nel mondo, ma il problema gigantesco che abbiamo è la redistribuzione del reddito». In quest’ottica va chiarito anche che non sono i robot, le macchine, a «rubare» il lavoro all’uomo. «Non è il progresso tecnologico che fa diminuire l’occupazione; quest’ultimo, anzi, fa crescere la ricchezza», ha sottolineato l’economista. Il problema è «che queste risorse vengono nascoste con l’elusione e l’evasione fiscale. Il che significa che non si crea nuova domanda e non ci sono investimenti sui nuovi settori di sviluppo per rispondere a quella domanda». È un meccanismo, ha detto Becchetti, «che genera profitti senza prosperità». Mentre la ricchezza prodotta, come afferma l’economista Joseph Stiglitz, «evapora al sole tropicale dei paradisi fiscali». 

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