Non sono né della Lega, né del Movimento Cinque Stelle. Si sentono lontani dal centrodestra e sono molto delusi da quello che poteva essere il Pd. Sono radicali con ideali liberali ed europei. Non è facile inquadrare Movimenta, associazione guidata da Alessandro Fusacchia, deputato di +Europa eletto nella circoscrizione Estero alle elezioni politiche dello scorso 4 marzo, assieme a Francesco Galtieri. Per evitare di essere definiti per sottrazione, il prossimo 26 e 27 maggio a Bologna organizzerano la due giorni «Movimenta la Politica». L’obiettivo è riunire e condividere le buone pratiche della galassia di associazioni e movimenti alternativi italiani: dalla sinistra antisistema di Diem25 di Lorenzo Marsili e Gianīs Varoufakīs ai millennials europeisti di Volt. Ma c’è anche Italia in Comune la lista creata dal sindaco di Cerveteri Alessio Pascucci, e da Federico Pizzarotti di Parma, che riunisce oltre 400 primi cittadini di liste civiche eletti in tutta la Penisola.

Fusacchia, nell’Italia polarizzata tra i pro e gli anti governo LegaStellato non sembra esserci spazio per altre cose rosse o movimenti alternativi. Volete creare un nuovo partito che superi + Europa?

«Noi siamo parte di +Europa e abbiamo contribuito a mettere il bisogno di un’Italia aperta e europeista al centro delle ultime elezioni, sostenendo e affiancando Emma Bonino. Vogliamo confrontarci con altre movimenti e partiti che stanno sperimentando nuove maniere di fare politica in questo momento storico. Per capire da che problema sono partiti, quale bisogno di fare politica hanno intercettato e quali metodi si stanno inventando per riuscire a mobilitare e costruire consenso. In questo momento storico dobbiamo essere delle spugne: ascoltare, osservare, assorbire le migliori pratiche che ci girano intorno per diventare più forti. Ragioniamo su come ricostruire il tessuto di un Paese che vuole davvero un cambiamento. Resterà deluso quando vedrà che quello che stanno proponendo Lega e M5S. Nella migliore delle ipotesi farà stare gli italiani peggio di adesso».

È facile definirvi per sottrazione, ma cos’è Movimenta?

«Siamo un’associazione fatta di persone con esperienze diverse in Italia e all’estero. Conosciamo la meccanica dei processi complessi e siamo vaccinati contro le lusinghe del potere. Abbiamo una mentalità aperta, puntiamo sul capitale umano, la conoscenza, la filiera della formazione. La migliore protezione che possiamo dare ai cittadini a partire dai giovani è attrezzarli per competere nel mondo, non rinchiuderli in un recinto asfittico nazionalista. Vogliamo scommettere su una politica non manipolativa».

Cioè?

«Non vogliamo manipolare le persone. Il mondo politico italiano è pieno di proclami. Per noi è il metodo che fa la differenza. Ascoltare i territori, costruire il patto sociale interagendo con tutti i pezzi della società, ormai polarizzati. La politica ha accompagnato e rinchiuso i vari gruppi sociali ognuno nel suo guscio di paura. Noi vogliamo riportarli fuori. Non proponiamo soluzioni miracolistiche né scorciatoie a problemi articolati. Il mondo di oggi ha bisogno di cura dei dettagli e di proposte capace di differenziare: le esigenze di una scuola nell’entroterra appenninico non sono le stesse di una scuola nel centro di Milano. Non manipolare vuol dire che non ci interessa portare con false promesse il cittadino sulla nostra barca politica solo perché ha frainteso il nostro messaggio o solo perché furbescamente facciamo vedere solo quello che fa comodo a una parte degli elettori».

A chi vi rivolgete?

«A tutti. Ma vogliamo recuperare una generazione di giovani. La parola è sulla bocca di tanti ma alla prova dei fatti la politica degli altri insegue con le promesse elettorali una popolazione sempre più anziana. Da Berlusconi che propone 1000 euro per i pensionati alla Lega e M5S che promettono di modificare la legge Fornero sulle pensioni. Si può rivedere le storture prodotte da questa o quella legge, ma non rimettere tutto in discussione e ipotecare il futuro di chi oggi non ha voce: i ventenni e quella generazione di trenta-quarantenni che una pensione rischiano di non averla proprio. Abbiamo un modello di società che destina tutte le risorse alla popolazione anziana, costringendo i figli e nipoti a chiedere una paghetta per andare avanti. Ogni giorno che passa diventiamo un Paese sempre più in ritirata».

La vostra ricetta è meno soldi agli anziani e più ai giovani?

«Non è solo una questione di soldi, ma di cambio di prospettiva. Dobbiamo mettere più risorse sui figli e nipoti per creare e consolidare un’economia dinamica innovativa, e fare in modo che i più giovani possano aiutare i loro genitori e nonni in futuro. La domanda non è se lasciamo qualcuno indietro, ma da chi partiamo per ricostruire una società che vive ormai in uno stato guerra tra poveri di tutti contro tutti».

Cosa pensa di Lega e M5S?

«Questo governo si è autodefinito del cambiamento, ma è distante anni luce da ciò che servirebbe. Hanno ottenuto tanti voti accusando tutta la classe politica di essere inadeguata e promettendo di spazzarla via. Adesso scopriranno cosa vuol dire governare. E se non riescano a ottenere i risultati che hanno promesso in campagna elettorale aumenteranno ancora di più la frustrazione dei cittadini. Il problema è che c’è da essere preoccupati anche ne caso in cui riescano a fare quello che hanno promesso».

Cosa c’è che non va nel programma?

«L’uscita dall’euro e un programma assistenzialista che dice ai ricchi “fate quello che vi pare” con la flat tax e “non fate niente, ci pensiamo noi” con il reddito di cittadinanza. Mi rifiuto di pensare che la maggioranza di coloro che non hanno un lavoro oggi vogliano un assegno per stare a casa invece che un lavoro per recuperare serenità e dignità; per sentirsi pienamente cittadini di una Repubblica fondata sul lavoro. E poi nessuno si sta occupando della parte più intraprendente del Paese».

Lega e M5S sembrano molto attenti alle piccole e medie imprese italiane.

«Sì, ma solo per alimentare la nostalgia degli anni ’70. A forza di dire “piccolo è bello” abbiamo prodotto un tessuto produttivo che non è in grado di stare al passo coi tempi. Le aziende piccole hanno problemi strutturali, non riescono a fare formazione ai propri dipendenti o ad avere accesso al credito e a stare sul mercato internazionale e in molti casi chiudono. Invece di puntare a misure per favorire la crescita aziendale, per dare forza e strumenti a questo tessuto, assecondiamo le richieste di protezione, che nessuno può garantire coi dazi o gli aiuti di Stato. Pensa che Salvini non sappia tutto questo? È più intelligente degli slogan che racconta. Ecco cosa vuol dire che sono manipolativi».

Facciamo un esempio di questa manipolazione.

«Fingono di non sapere che l’Unione europea è formata da 27 stati con una governance complessa dove si decide per negoziati continui. Forse una struttura da rivedere e inefficiente per tante ragioni. Ma non si può far credere ai cittadini che solo per il fatto di aver vinto le elezioni in Italia si riuscirà a cambiare i trattati europei da un giorno all’altro. E poi con chi li dovrebbero ridiscutere i trattati? Con il premier ungherese Viktor Orban che non ha mai accettato la sua quota di migranti come chiesto da mesi dal governo italiano? Ci lamentiamo che i giovani scappano. E dove li dovremmo tenere se non in aziende medio-grandi? I nostri ingegneri e giovani manager vanno all’estero perché manca una capacità di assorbimento, sforniamo un capitale umano qualificato e lo regaliamo all’estero. Andare fuori va bene, serve a fare esperienza, ma quando vogliono tornare non c’è possibilità. E non attraiamo uno straniero neanche a pagarlo».

Qual è la proposta di Movimenta per cambiare questa tendenza?

«Costruire un tessuto produttivo più significativo puntando su salario minimo, lavoro autonomo e sostenibilità economica delle start up. I giovani oggi pensano che fare una start up sia solo raccogliere i primi 30mila euro. Ma dopo pochi mesi e qualche prototipo manca l’aiuto. Il sistema bancario non finanzia queste start up e negli anni non è stato incoraggiato lo sviluppo di un mercato di venture capital per sostenerle. Così siamo pieni di giovani strepitosi che fanno prototipi e business plan e poi devono fare i conti con un mercato che funziona molto ancora con un luogo dove ti muovi perché conosci qualcuno, e non qualcosa. Perché il problema in Italia non è mica solo lo Stato. È la connivenza tra pezzi dello Stato e pezzi del mondo privato, che hanno costruito un sistema ingessato di mutuo sostegno che lascia tutti gli altri fuori».

E il salario minimo?

«Serve per mettere in testa direttamente agli individui e non passare per corpi intermedi come i sindacati che non hanno più la forza di un tempo per tutelare i diritti dei lavoratori. E noi parliamo anche di onorario minimo per il lavoro autonomo sta aumentando sempre di più. A prescindere dal lavoro che fai non puoi guadagnare meno di un tot per ora, ne va della dignità del lavoro. Dobbiamo affrontare questo tema, così come quello della pubblica amministrazione».

Il settore che in Italia ha subito già molte riforme.

«Anche troppe, ma sbagliate. I dipendenti della pubblica amministrazione sono sempre più anziani e devono subire sempre più regole. Servono giovani, forze fresche abituate a usare il digitale e a comunicare in modo veloce con il cittadini, che abbiano fatto esperienze in altri contesti. E dobbiamo aumentare, non ridurre, la discrezionalità nell’azione di chi lavora nel pubblico, lasciando più spazio ai dirigenti per innovare».

Ma c’è il rischio della corruzione?

«Pensa che siamo un Paese meno corrotto con tutta questa burocrazia? Abbiamo trasformato tutto in procedure dove c’è l’ossessione della correttezza formale dei vari passaggi senza nessuno che pensi davvero al risultato a cui si arriva alla fine. Abbiamo spinto i dirigenti pubblici a fare bandi iper-dettagliati così da non doversi prendere la responsabilità di valutare le domande che arrivano. Dobbiamo iniziare a pensare ai prossimi dieci, vent’anni. Ed è questo quello che faremo a Bologna il 26 e 27 maggio».

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