Caro Direttore,

nelle lunghe e laboriose trattative per la formazione del governo è spesso spuntata fuori la questione dei rapporti con la Russia. Sinceramente non riesco a comprendere cosa abbia a che vedere Putin con quanto sta avvenendo da noi. Perché si parla così tanto di Russia nel dibattito di politica interna italiana?

Stefano Viviani, Novara

Caro Viviani,

la Russia di Vladimir Putin è diventata un fattore nella politica interna italiana per tre motivi convergenti. Il primo è il consenso fra i Paesi Nato nel ritenere che «attori russi» abbiano esercitato «influenze maligne» attraverso il web in più recenti elezioni in Paesi Nato - dalle presidenziali in Usa e Francia alle politiche in Germania fino al referendum sulla Brexit in Gran Bretagna - al fine di favorire esiti capaci di portare scompiglio e instabilità interne.

Il secondo è il legame fra la Lega e il partito di «Russia Unita», vicino al Cremlino, testimoniato da un accordo scritto.

Il terzo è la presenza nel contratto di governo fra Cinque Stelle e Lega della richiesta di porre fine alle sanzioni alla Russia votate dall’Unione europea - e sostenute dagli Stati Uniti - dopo l’annessione della Crimea, nel 2014, violando la sovranità dell’Ucraina.

La sovrapposizione fra interferenze russe nelle campagne elettorali di Paesi Nato, legami formali fra Lega e politici russi, e richiesta di porre fine alle sanzioni fa temere a più Paesi partner ed alleati che il Cremlino possa vedere in un governo Lega-Cinquestelle l’opportunità di rompere il fronte della coesione occidentale.

Tale preoccupazione è tanto più forte quanto Washington e Londra, Parigi e Berlino vedono in Putin - anche se con accenti differenti - un rivale dell’Occidente in più scenari: dall’Ucraina alla Siria, dal Nordafrica all’Estremo Oriente.

Ciò significa che il prossimo vertice della Nato, in programma a metà luglio a Bruxelles, avrà ancora in cima all’agenda le scelte da compiere per fronteggiare il Cremlino. E gli occhi dei leader presenti saranno puntati sull’Italia.