Uno sconosciuto mi scrive che «la discrezionalità del presidente della Repubblica nella scelta dei ministri è nulla. Punto e basta» (mi ricorda un amico credente che chiudeva le discussioni attorno a Dio dicendo «è ontologico». Cioè: punto e basta). Ma non è soltanto il primo che passa, lo dicono in molti, lo dice anche Giorgia Meloni - focosa custode della Costituzione contro la riforma di Matteo Renzi - allibita dalle «ingerenze» di Sergio Mattarella. Una prerogativa costituzionale diventa ingerenza: punto e basta. E del resto - come scrive Giovanni Orsina nel suo imperdibile «La democrazia del narcisismo» - la democrazia fu il trasferimento della promessa di felicità dall’aldilà all’aldiquà.

Per questo si tagliò la testa a Carlo I e poi a Luigi XVI, per stabilire che la loro autorità non era di origine divina, che ogni uomo non si sarebbe più accontentato di ubbidire al re e a Dio in attesa di una felicità come ricompensa ultraterrena, ma che ogni uomo sarebbe diventato titolare del diritto di essere felice in vita. Questo ha imposto alle democrazie di rilanciare all’infinito, e ormai come giocatori di poker impazziti, con promesse di felicità sempre più mirabolanti e irraggiungibili, ancora più chimeriche della felicità celeste. E di conseguenza, come la crisi della religione porta ognuno a costruirsi un Dio su misura, così la crisi della politica porta ognuno a costruirsi una democrazia su misura, in obbedienza all’unico folle imperativo: ho il diritto di essere felice. Punto e basta.