La versione ufficiosa del Quirinale è che «Cottarelli ha bisogno di più tempo per approfondire alcuni nodi legati alla lista dei ministri» e per questo ha fatto dietrofront uscendo dallo studio di Mattarella con un nulla di fatto, senza sciogliere la riserva. Dopo questa scena inedita, con i corazzieri che lasciano la loro postazione del Salone della Vetrata e Cottarelli che esce dal Palazzo senza nessuna comunicazione ufficiale, cresce il tam tam di una sua possibile rinuncia motivata dal precipitare della situazione sui mercati: che porterebbe a sciogliere le Camere già stasera per andare al voto il 29 luglio. In modo da poter dare subito un segnale che da settembre l’Italia avrà comunque un governo in grado di fare la sua manovra di bilancio.

Ma il caos è totale nelle istituzioni e fino a tarda sera girano le voci più disparate: come quella secondo cui il Quirinale si sarebbe acconciato a sciogliere le Camere, non avendo ancora deciso però chi porterà il Paese al voto a fine luglio, se Cottarelli - che potrebbe giurare domani - o lo stesso Gentiloni. E si prospetta pure un colpo di scena incredibile, quale sarebbe la riproposizione di un governo giallo-verde con Salvini o Giorgetti premier, o addirittura lo stesso professor Conte. Il quale guarda caso viene avvistato in serata intorno alla Camera, dove nessuno si aspettava di scorgerlo. Anche Fratelli d’Italia si aggiungerebbe alla partita, come spiega la leader Giorgia Meloni in un appello serale al capo dello Stato: «Noi siamo stati critici però arrivati a questo punto siamo anche disponibili a rafforzare quella maggioranza» M5s-Lega.

Insomma la situazione è in piena evoluzione, tanto che Di Maio mostra di nuovo il suo volto istituzionale e archivia l’impeachment, dicendosi pronto a collaborare col Colle.

Al voto, al voto

Ma per tutto il giorno va in scena la drammatizzazione di una condizione di massima incertezza innescata dal crollo dei titoli bancari e dall’impennata dello spread. L’accelerazione verso le urne è caldeggiata (apparentemente) da tutte le forze politiche. «Per me va bene, se si vota il prima possibile», parola di Luigi Di Maio. «Prima si vota meglio è, spero non a Ferragosto», concorda Salvini. «Noi chiediamo immediatamente lo scioglimento delle Camere», esclama in Aula al Senato il capogruppo Pd Andrea Marcucci, replicando a grillini e leghisti che vorrebbero però costituire le commissioni per cominciare a tradurre in testi di legge alcuni punti del Contratto. Richiesta confermata da Salvini che si appella ai presidenti di Camera e Senato perché insedino le commissioni, «così almeno un pezzo di legge Fornero lo può smontare il Parlamento, possiamo fare il taglio dei vitalizi e di alcune tasse».

Il Pd aspetta e spera

«Sembrano però voler ritardare le urne in ogni modo», commenta Andrea Orlando seduto su un divano alla Camera. Dopo aver lanciato per primo pubblicamente la suggestione del 29 luglio alle urne. L’accelerazione del voto a luglio piomba infatti nei Palazzi fin dalla mattina: alla riunione del gruppo Pd alla Camera alcuni ministri parlano delle conseguenze drammatiche cui si va incontro, «perché questa tempesta finanziaria per oltre un mese non si può reggere, il Paese rischia». Un timore diffuso anche nei ministeri economici, dove si seguono con ansia crescente le curve impazzite dello spread e i prezzi dei titoli a sei mesi che superano quelli a lunga durata. «Se gli italiani vogliono uscire dall’euro si vedrà alle prossime elezioni, perché loro hanno forzato il tema della campagna elettorale in questa direzione», sostiene Renzi. Che si dice pronto a costruire «un fronte ampio contro gli sfascisti» senza chiarire però chi debba guidarlo.

La voce di un precipitare verso le urne già stasera rimbalza all’esterno proprio mentre esplode la polemica con il commissario europeo Oettinger che avverte minaccioso: «I mercati insegneranno agli italiani come votare». E quando lo spread supera soglia 300, l’ipotesi di un voto a fine luglio diventa sempre più concreta. Nel governo c’è chi ipotizza un decreto per superare l’obbligo dei 60 giorni dallo scioglimento delle Camere necessari per espletare le pratiche del voto degli italiani all’estero. Decreto che avrebbe bisogno di un’unanimità dei gruppi parlamentari. Il Guardasigilli Orlando esce per primo allo scoperto proponendo di andare alle urne a fine luglio. Strategia concertata con vari big del Pd, Renzi compreso. Il ragionamento è che al Pd converrebbe non dare tempo di organizzarsi a Salvini e Di Maio. Ma la corsa verso le urne comporta pensieri anche positivi sui parlamentari in carica, perché andare subito al voto porterebbe alla riconferma delle liste del 4 marzo.

E Di Maio riapre i giochi

Ma tutto cambia in questa crisi nell’arco di minuti, non di ore. Alle nove di sera, da un comizio a Napoli, Di Maio svela la vera intenzione che condivide con Salvini. «Una maggioranza c’è in Parlamento, fatelo partire quel governo. Se si vuole risolvere questa crisi e rassicurare i mercati si faccia partire un governo che ha già un programma chiaro».

I commenti dei lettori