Papa Francesco ha assicurato ad una delegazione del Patriarcato di Mosca e di tutte le Russie che la Chiesa cattolica non provocherà mai divisioni in seno all’ortodossia. Jorge Mario Bergoglio ha ricevuto la rappresentanza da Mosca, guidata dal Metropolita Hilarion di Volokolamsk, capo del Dipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato, mercoledì mattina 30 maggio prima dell’udienza generale in piazza San Pietro. 

Hilarion era a Roma per un incontro ospitato dalla Conferenza episcopale italiana dedicato al tema dei pellegrinaggi. Ad accompagnare il metropolita dal Papa vi erano, tra gli altri, il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, monsignor Ambrogio Spreafico, presidente della Commissione per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, il vescovo di Lodi monsignor Maurizio Malvestiti e don Cristiano Bettega, direttore dell’Ufficio per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso.

Il Dipartimento per le Relazioni estere del Patriarcato ha diramato il giorno stesso una nota nella quale riferiva in russo e in inglese le parole pronunciate dal Papa durante l’incontro;  un bollettino della Sala Stampa vaticana diffuso oggi 2 giugno ha riportato la trascrizione ufficiale in lingua originale del saluto del Pontefice. Nel suo discorso Francesco ha affermato: «Davanti a voi io vorrei ribadire – in modo speciale davanti a te, caro fratello, e davanti a tutti voi – che la Chiesa cattolica mai permetterà che dai suoi nasca un atteggiamento di divisione. Noi mai ci permetteremo di fare questo, non lo voglio. A Mosca – in Russia – c’è un solo Patriarcato: il vostro. Noi non ne avremo un altro».

Il Pontefice ha definito inaccettabile l’uniatismo nelle relazioni tra cattolici e ortodossi: «Quando qualche fedele cattolico, sia laico, sacerdote o vescovo, prende la bandiera dell’uniatismo che non funziona più, che è finita, per me è anche un dolore. Si devono rispettare le Chiese che sono unite a Roma, ma l’uniatismo come cammino di unità oggi non va» ha sottolineato, caldeggiando il dialogo fraterno come solo mezzo per giungere ad una maggiore unità.

«Mi dà consolazione quando trovo questo: la mano tesa, l’abbraccio fraterno, pensare insieme, e camminare - ha aggiunto il Papa -. L’ecumenismo si fa camminando. Camminiamo. Alcuni pensano – ma questa non è una cosa giusta – che prima ci deve essere l’accordo dottrinale, su tutti i punti di divisione, e poi il camminare. Questo non funziona per l’ecumenismo, perché non si sa quando arriverà l’accordo. Una volta ho sentito un uomo di Chiesa, un uomo di Dio, che ha detto: “Io so in quale giorno sarà firmato l’accordo dottrinale”. Gli hanno domandato: “Quando?” – “Il giorno dopo la venuta del Cristo glorioso”. Noi - ha insistito Francesco - dobbiamo continuare a studiare la teologia, a chiarire i punti, ma nel frattempo camminare insieme, non aspettare che si risolvano queste cose per camminare, no. Si cammina e si fa anche questo, ma camminare nella carità, nella preghiera; come questo esempio delle reliquie. Preghiera insieme, gli uni per gli altri, nel dialogo. Questo fa tanto bene». 

Bergoglio ha ricordato anche l’incontro con il patriarca Kirill: «A me ha fatto bene, ho trovato un fratello». Poi ha sottolineato: «La Chiesa cattolica, le Chiese cattoliche non devono immischiarsi nelle cose interne della Chiesa ortodossa russa, neppure nelle cose politiche. Questo è il mio atteggiamento, e l’atteggiamento della Santa Sede oggi. E coloro che si immischiano non obbediscono alla Santa Sede».

Il riferimento del Papa sembra essere alla vicenda delle Chiese ortodosse ucraine «scismatiche», in particolare quella guidata da Filaret, che nei mesi scorsi hanno chiesto al Patriarcato ecumenico di Costantinopoli la concessione dell’autocefalia, con il sostegno di parlamento e governo ucraino e l’ostilità del Patriarcato di Mosca, il quale patriarcato a Kiev riconosce solo la Chiesa ortodossa ucraina, guidata dal metropolita Onufrij.

Nel discorso di Francesco anche il tema della «pietà». «È importante la preghiera gli uni per gli altri, anche la preghiera personale. Noi conosciamo nuovi fratelli e sorelle, e quindi anche preghiera personale. Vorrei dirvi una cosa: quando ci siamo incontrati con il Patriarca, dopo, lui mi ha inviato una reliquia di San Serafim. Io - ha rivelato il Pontefice  - tengo quella reliquia sul mio comodino, e la notte, prima di andare a letto, e la mattina, quando mi alzo, la venero e prego per la nostra unità».

Hilarion, da parte sua, è tornato a ricordare il successo delle reliquie di San Nicola che da Bari sono state traslate l’anno scorso in Russia. Il “ministro degli Esteri” del patriarca Kirill ha preannunciato, in particolare, che il prossimo autunno sarà traslata a Roma una delle reliquie più importanti della Chiesa ortodossa russa, l’icona del crocifisso dipinta da Dionisij, allievo di Andrej Rublev: «Lascerà la Russia per la prima volta per essere esposta agli occhi di migliaia di pellegrini in visita a Roma. Saranno inoltre esposte nella galleria di San Pietro (il braccio di Carlo Magno, ndr) una ventina di icone della collezione della Galleria Statale Tretyakov». 

Per Hilarion, «i pellegrinaggi per visitare i luoghi santi cristiani, permettono di conoscere le tradizioni, la storia e il patrimonio artistico della Chiesa e del popolo di un altro paese. E ciò non può che aiutare a promuovere la reciproca comprensione, il dialogo ortodosso-cattolico e la pace internazionale e interreligiosa».

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