«E poiché hanno seminato vento / raccoglieranno tempesta…»: cita il profeta Osea, il cardinale Gualtiero Bassetti, che questa sera ha presieduto una «Veglia di preghiera per l’Italia» organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio, e avverte che «c’è un’umanità italiana che non dobbiamo perdere o lasciar stravolgere da odi o razzismi, ma incrementare e trasmettere ai nostri figli». Il Presidente della Cei fa «i migliori auguri di buon lavoro» al nuovo governo giallo-verde di Giuseppe Conte, ma, aggiunge subito, «non possiamo dimenticare che c’è stato un clima di tensione e attimi di conflittualità che sono emersi dalle viscere profonde del Paese» e invoca, ora, «una svolta nella vita del Paese per cominciare a lavorare insieme», senza «soffiare sul fuoco della frustrazione e della rabbia sociale». E se anche i cattolici, come ha detto papa Francesco, hanno rischiato di farsi «contagiare dal clima di paura», l’Arcivescovo di Perugia dice: «Non bisogna avere paura della politica ed essere assenti!».

 

«In questi mesi, dopo le elezioni politiche, abbiamo vissuto momenti, è inutile nascondercelo, di seria preoccupazione, non solo per la composizione del governo che tardava a venire», ha detto il Presidente della Cei nella basilica di Santa Maria in Trastevere. «Oggi, finalmente arrivata, facciamo i migliori auguri di buon lavoro al nuovo governo che possa essere davvero al servizio del bene comune del Paese. Ma 

 in quel periodo di attesa soprattutto siamo stati preoccupati del clima di tensione e attimi di conflittualità che sono emersi dalle viscere profonde del Paese. Una rabbia che sui social media è andata persino contro la persona del Presidente della Repubblica e la sua misurata e saggia azione di garanzia di tutti i concittadini», ha rimarcato il Porporato toscano. «Ci vuole una svolta nella vita del Paese per cominciare a lavorare insieme», ha rimarcato: «È, infatti, eticamente doveroso lavorare per il bene comune dell’Italia senza partigianeria, con carità e responsabilità, senza soffiare sul fuoco della frustrazione e della rabbia sociale. Che tutte le forze politiche, gli operatori della comunicazione, i responsabili a qualunque titolo non badino all’interesse immediato e di parte! Si ricordino – ha detto Bassetti – delle parole del profeta Osea: “E poiché hanno seminato vento / raccoglieranno tempesta”. 

Questa è una parola infallibile: se si semina vento non si raccoglie altro che tempesta. La conclusione di un periodo difficile, con la composizione di un nuovo governo, richiama tutti a un senso di responsabilità nelle parole e nei fatti, sempre tenendo conto del rispetto delle persone e del bene comune. La mia preoccupazione va a tanti mondi, specie le periferie delle nostre città, lacerati, in cui alla fatica quotidiana di vivere – e spesso è tanta! – si aggiungono nuovi conflitti e diffidenze. C’è un tessuto umano da ritessere in questi angoli di mondo e in tutta la società civile italiana in nome della pace civile e sociale».

 

Il presidente della Cei ha incentrato la sua omelia sulla nota parabola evangelica dei talenti, suggerendone una lettura insolita, ossia concentrandosi non sul dono dei talenti dei singoli ma sul dono «di una patria, di una comunità nazionale. Ognuno riceve il dono di una patria: forse c’è chi lo riceve con più opportunità chi con meno, ma tutti hanno una patria», ha detto, e se, come diceva Giovanni Paolo II, l’espressione patria si collega con la parola padre, poiché è «l’insieme di beni che abbiamo ricevuto dai nostri padri», coloro che hanno perso la propria patria «o che ne sono stati scacciati o l’hanno dovuta abbandonare, sanno bene quale valore essa abbia. È un po' quello che succede nelle famiglie. Finché c'è la mamma la si dà per scontato, il giorno che viene a mancare ci si accorge quanto manca. Ero piccolino durante la seconda guerra mondiale, oggi il pane si getta nei cassonetti, ma quando il pane viene a mancare ci si rende conto di quanto manca. E così è per la patria.

Tanti rifugiati e profughi cercano una patria con un volto materno, quando manca si capisce il valore di una patria in pace».

 

Bassetti, che nei mesi scorsi ha più volte insistito sulla necessità di «ricostruire la speranza, ricucire il Paese, pacificare la società», ha sottolineato che «la Chiesa italiana è impegnata nel rammendo nella società italiana, perché essa è e vuole essere segno di unità e di pace del popolo italiano. Il mondo intero ha bisogno di un’Italia in pace, perché siamo tutti interdipendenti. L’Italia dà all’Europa, al Mediterraneo, al mondo un grande contributo di servizio alla pace, di cultura, di lavoro, di sviluppo. Non possiamo mancare alle nostre responsabilità, che hanno reso il nostro Paese conosciuto e ammirato nel mondo intero. Guardate anche come i turisti amano questo quartiere di trastevere, una parte bellissima di Roma: che angoli belli del nostro paese. C’è – ha detto il Presidente dell’episcopato italiano – un’umanità italiana che non dobbiamo perdere o lasciar stravolgere da odi o razzismi, ma incrementare e trasmettere ai nostri figli».

 

Il contromodello da evitare è il servo infedele della parabola evangelica, che sotterra il talento che gli era stato dato in dono: «Molti di noi – ha detto Bassetti – in questo tempo, hanno paura per sé, hanno paura del futuro, hanno paura per il nostro Paese. Così, per paura, cercano di non confondersi, di mettersi al riparo, quasi di sottrarsi al comune destino di essere italiani responsabilmente. Non bisogna aver paura e pensare solo a sé, al proprio interesse, al proprio tornaconto, rinunciando a trafficare i propri talenti per il bene comune del Paese». 

Proprio a Sant’Egidio, ha ricordato il presidente della Cei, papa Francesco ha detto di recente che «l’atmosfera di paura può contagiare anche i cristiani che, come quel servo della parabola, nascondono il dono ricevuto», ha ricordato l’Arcivescovo di Perugia: «Sì, anche noi abbiamo rischiato di farci contagiare dal clima di paura e ci siamo chiusi nei nostri ambienti. Abbiamo avuto paura anche della politica, come qualcosa che ci sporcava, dimenticando com’essa è un grande servizio alla comunità nazionale, alla patria, madre nostra e dei nostri figli. Ma con tutte queste paure che futuro stiamo dando ai nostri figli?». E invece, «non bisogna avere paura della politica ed essere assenti!», ha esclamato Bassetti: «Non abbiate paura, uomini, donne, della responsabilità politica. Non lo dico perché favorisca l’uno o l’altro disegno politico. Non è compito dei pastori! Ma credo che i cristiani, in un momento così serio della nostra storia, non possano essere assenti o latitanti, con i loro valori, anzi – come diceva Paolo VI – quali “esperti di umanità”. Se non siamo esperti noi, se non viviamo un umanesimo impregnato di valori cristiani, che testimonianza possiamo dare? Sì, non possano disertare quel servizio al bene comune che è fare politica in democrazia. Rischierebbero l’irrilevanza, ma non davanti agli uomini, prima di tutto davanti al Signore che ha detto: voi siete il sale della terra, la luce del mondo». Per Bassetti, al contrario, «è venuto il momento, come ho detto recentemente, di avviare nuovi processi, senza preoccuparsi di occupare spazi di potere», e coinvolgendo soprattutto i giovani ad «assumersi nuove responsabilità e ad elaborare nuove “idee ricostruttive” per la democrazia del nostro Paese. Sono convinto che le energie morali di questo Paese sono ancora tante e tantissimi siano i talenti forse inespressi forse nascosti che necessitano di essere valorizzati».

 

«Preghiamo per l’Italia», è stata la conclusione di Bassetti, «perché lo Spirito del Signore soffi nel cuore dei responsabili e degli italiani, affinché s’impegnino per il bene comune, in particolare per le fasce più povere della popolazione, memori che l’Italia – per la sua storia e la sua collocazione geografica in Europa e nel Mediterraneo – ha una particolare vocazione e una particolare responsabilità. Possa essere il nostro Paese una vera madre per tutti i suoi cittadini e una presenza di pace e di aiuto per il mondo! Manda Signore il tuo spirito e sarà rinnovata la faccia della terra».

 

Presentando sul quotidiano Avvenire la odierna veglia per l’Italia, il presidente della Comunità di Sant’Egidio Marco Impagliazzo ha scritto ieri che la preghiera «unisce proprio quando, in questi mesi, ci si è troppo divisi e ci si preoccupa di un bene comune che sembra essersi smarrito in dispute laceranti, vissute spesso sulla pelle dei più deboli. Basta pensare al fenomeno dell’immigrazione, con un crescendo di toni e di allarmi che non fanno bene a nessuno: né agli stranieri che troppo spesso continuano a morire nelle traversate – o addirittura, come è accaduto al maliano Sacko Soumaila, per difendere i diritti di braccianti agricoli regolari, ma sottopagati e sfruttati – né agli italiani che avrebbero bisogno di proposte che coniugano accoglienza, sicurezza e integrazione». L’Italia, ha scritto ancora Impagliazzo, «non merita tutto questo anche per l’immagine che da sempre ha offerto all’Europa e al mondo, quella di una realtà sociale e civile capace di integrare forse più di altre realtà, anche per la sua storia e la sua collocazione geografica, al centro di un Mediterraneo crocevia da sempre di diverse culture e di esperienze umane, civili e religiose».

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