L’Austria espellerà diversi imam che ricevono finanziamenti dall’estero e chiuderà sette moschee, nell’ambito di un giro di vite contro “l’islam politico”. Lo ha annunciato il cancelliere austriaco, Sebastian Kurz, spiegando che la decisione giunge a seguito di un’indagine lanciata dall’autorità per gli affari religiosi dopo che quest’anno sono emerse le immagini di alcuni bambini vestiti da soldati in una moschea di Vienna sostenuta dalla Turchia.

Dura la replica della Turchia sulla decisione austriaca, che per Ibrahim Kalin, portavoce di Recep Tayyp Erdogan, «è il frutto dell’ondata anti-islamica, razzista, discriminatoria e populista» nel Paese. L’accusa a Vienna, rivolta tramite Twitter, è quella di «trarre vantaggi politici colpendo le comunità musulmane».

La decisione austriaca è legata a un’inchiesta su alcune foto, spuntate ad aprile, in cui si vedevano bambini vestiti da soldati ottomani che ricreavano la campagna di Gallipoli, una delle battaglie emblematiche dell’impero ottomano. Le scene erano state registrate all’interno di una delle principali moschee di Vienna, legata alla comunità turca. «Società parallele, l’islam politico e la radicalizzazione non hanno posto nella nostra società», ha spiegato il giovane cancelliere conservatore, alla guida di un governo insieme al Fpoe del populista di destra Heinz Christian Strache.

Le foto erano state pubblicate dal settimanale di centro-sinistra Falter e avevano avuto ampia eco nella politica austriaca: mostravano i ragazzini, in uniforme mimetiche che marciavano, sventolavano bandiere, poi si fingevano morti con il drappo turco sui corpi. La moschea nell’occhio del ciclone è gestita dall’Unione islamico-turca d’Austria, direttamente legata alla Direzione turca degli Affari religiosi (Diyanet). La stessa organizzazione turca all’epoca aveva preso le distanze dalla rievocazione storica.

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