In Etiopia la regione di Gambella, al confine con il Sud Sudan, è gravata da molti problemi –povertà, forti tensioni etniche, assenza di industrie e di infrastrutture – ma non da quello dei rapporti tra cristiani e musulmani. «Qui la religione non è motivo di divisione. La convivenza tra i fedeli è serena. Dirò di più: è naturale, nel senso che non è oggetto di riflessione: avviene, semplicemente. E ne siamo molto lieti», dice padre Aristide Marcandalli. Salesiano, 53 anni, è giunto in Etiopia 25 anni fa. Ha vissuto in cinque missioni situate in diverse regioni del Paese: ora risiede nella città di Gambella, capitale dell’omonima regione: gli abitanti sono 350 mila, di cui 25 mila musulmani. Presenti da una ventina d’anni, i cattolici, considerando anche le comunità nelle tredici parrocchie dei dintorni, sono 25 mila. La maggioranza della popolazione è protestante e ortodossa. Nella regione sono presenti anche quattro campi profughi che ospitano 400 mila persone fuggite dal Sud Sudan prostrato dalla guerra.

Appartenenza etnica

Nella regione di Gambella le etnie principali sono cinque, tutte nilotiche, cui si aggiungono gruppi di persone – provenienti da altre regioni dell’Etiopia – che appartengono ad etnie tradizionali: fra tutte loro (sino a due anni fa) si sono registrate tensioni anche violente causate soprattutto da ragioni politiche o economiche (legate al possesso della terra). «Noi missionari salesiani», prosegue padre Aristide, «ci impegniamo sia a sostenere e incoraggiare i buoni legami tra cristiani e musulmani, sia a favorire relazioni serene tra le diverse etnie. In quest’opera la scuola svolge un ruolo insostituibile».

Le scuole

A Gambella padre Aristide è parroco della cattedrale e, insieme a due confratelli, coordina il Don Bosco Technical College, un istituto professionale frequentato da 150 giovani, e la scuola che accoglie 720 bambini e ragazzi dai 7 ai 17 anni. L’oratorio, che propone anche una seguitissima scuola calcio, nel corso degli anni è diventato un punto di riferimento per oltre 1.500 giovani. «Tanto i ragazzi quanto gli insegnanti delle scuole sono cristiani e musulmani e i rapporti tra loro sono ottimi», sottolinea padre Aristide, che aggiunge: «Il sistema educativo salesiano promuove l’integrazione, il rispetto e l’accettazione della diversità e ciò contribuisce a edificare quella convivenza pacifica tra etnie diverse che costituisce una priorità in Etiopia. Studiando, giocando, facendo sport insieme i ragazzi imparano a volersi bene, a rispettarsi scoprendo che la diversa appartenenza etnica costituisce una ricchezza. L’intera Chiesa cattolica etiope è impegnata in questo sforzo educativo: sono stati varati anche programmi specifici, ad esempio quello denominato “Justice and Peace” che intende promuovere giustizia e pace tra i giovani».

Stop tratta

I salesiani sono impegnati anche nella campagna contro il traffico di esseri umani: in questa regione l’esodo dei migranti non è massiccio come in altre aree dell’Etiopia, ma la tentazione di lasciare tutto e cercare lavoro in Occidente è presente tra i giovani, racconta padre Aristide: «Noi ci adoperiamo per fermare l’immigrazione illegale spiegando ai ragazzi i pericoli cui si esporranno durante il viaggio e le difficoltà che incontreranno una volta giunti in Europa. E cerchiamo, attraverso la scuola, di offrire una formazione di qualità che consenta loro di trovare lavoro qui».

I campi profughi

Nella regione di Gambella è imponente l’arrivo di persone dal Sud Sudan che fuggono da violenze, povertà e privazioni. I salesiani lavorano nei quattro campi profughi, dando assistenza spirituale e assicurando formazione: gli insegnanti del college professionale tengono brevi corsi intensivi (ad esempio di falegnameria e di meccanica) ai profughi per permettere loro di avviare piccole attività.

I rapporti in Etiopia

Per quanto riguarda i rapporti tra cristiani e musulmani in Etiopia, dice padre Aristide, la convivenza è serena in molte zone del Paese. Non in tutte però. «In alcune aree, in periodi diversi, si sono registrate tensioni. Il governo è particolarmente sensibile a questo tema e interviene ogni volta prontamente per favorire la riconciliazione. Agisce anche pubblicamente, attraverso i mezzi di informazione, per incoraggiare la convivenza pacifica. Inoltre, a livello nazionale e locale, le autorità incontrano con regolarità i rappresentanti delle diverse religioni per ragionare insieme su problemi comuni e mostrare alla popolazione che la collaborazione è possibile ed esiste. Se quindi si può dire che in alcune aree dell’Etiopia la convivenza pacifica tra cristiani e musulmani sia un traguardo non ancora pienamente raggiunto, è però vero che nel corso degli ultimi 25 anni la situazione è andata progressivamente migliorando: cristiani e musulmani hanno molto lavorato per conoscersi e hanno imparato a incontrarsi e a lavorare uniti per affrontare insieme i problemi e le sfide che il Paese deve fronteggiare».

L’aiuto dei musulmani

Padre Aristide, che ha diversi amici musulmani, racconta di aver ricevuto aiuto in più di un’occasione da persone di fede islamica: «Ad esempio, anni fa fummo chiamati da una piccola comunità cattolica ad aprire una missione in una zona a maggioranza musulmana e furono proprio le autorità musulmane – conosciute le nostre esigenze – a offrirci il terreno sul quale edificare la cappella e le nostre strutture. Rimasi molto colpito dalla loro disponibilità».

L’amico musulmano

Fra gli amici musulmani di padre Aristide Marcandalli vi è Nuriye Yesufed: 30 anni, sposato e padre di un bambino, lavora come segretario al “Don Bosco Technical College” dopo avervi insegnato informatica. Qui, dice, si è sempre trovato bene, si è sentito accolto «come uno di famiglia» sin da quando, giovane studente diciottenne, varcò la soglia della scuola. «Non ho mai patito alcuna discriminazione: nessun musulmano qui ne ha subite. Mi piace molto lavorare con i salesiani perché ne condivido la missione: l’educazione integrale dei giovani, una educazione che offre loro gli strumenti indispensabili per costruire una vita buona. La scuola svolge questo compito anche attraverso progetti, quali ad esempio il gruppo “Justice and Peace” e “Stop human trafficking”, che creano cultura riuscendo a coinvolgere un numero sempre maggiore di persone cristiane e musulmane. Sono convinto che la nostra scuola, che investe sui giovani e anche sulla figura femminile, spesso messa in secondo piano nella società, svolga un ruolo strategico nell’edificazione di una convivenza pacifica: l’educazione è lo strumento privilegiato per superare visioni ristrette».

La collaborazione

E a proposito dei rapporti tra cristiani e musulmani a Gambella, Nuriye conclude: «Qui regna un clima di rispetto e accettazione reciproci; viviamo insieme senza problemi e collaboriamo in diversi ambiti: dall’educazione alla salute alla promozione umana. Le mie personali relazioni con i cristiani sono buone, amichevoli. Ho diversi amici cristiani, persone con le quali sono cresciuto. Penso che l’Etiopia sia uno dei Paesi più tolleranti del continente, difficilmente si verificano tensioni e scontri per motivi religiosi. È un aspetto del quale, come cittadini etiopi, siamo fieri».

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