Nunzio in Siria dal 2009, il cardinale Mario Zenari è testimone di una tragedia che ha ridotto a rifugiati, interni o esterni, più di 11 milioni di siriani su un totale di 22 milioni. Per questo le sue parole sono state quelle cruciali nell’incontro promosso alla Pontificia Università Gregoriana dal Centro Astalli, sezione italiana del Servizio dei Gesuiti ai Rifugiati. Con lui, Mario Primicerio, presidente della Fondazione La Pira, e Paolo Mieli, già direttore e oggi editorialista del Corriere della Sera. Padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, ha aperto l’incontro ringraziando in particolare i tanti rifugiati presenti, riferendosi alla vicenda della nave Aquarius come «la nave della vergogna» e soffermandosi sulla parola «ascolto», senza il quale non ci può essere comprensione.

 

Mieli ha passato quindi la parola al cardinale Zenari chiedendogli se davvero in Siria si viva sotto le bombe, portando subito al cuore della testimonianza del diplomatico che in questi anni non ha mai lasciato la Siria: «Io vivo a Damasco, e lì la situazione nel corso di questi anni è stata mutevole, ci sono zone colpite ma vi potrei indicare anche delle pasticcerie. Vede, a Damasco in passato e nei tempi recenti ci sono stati giorni molto pesanti, con numerosi colpi di mortaio, ma a due passi da noi, nella regione del Ghouta, era un diluvio di fuoco. Intere zone del paese poi sono letteralmente distrutte. Ma i danni più gravi sono quelli che non si vedono, i danni più gravi riguardano la rottura del tessuto sociale. Nei giorni trascorsi ho letto questo racconto: “Bashir, lo rifaresti?”. E lui risponde: “Mai, mai!” Bashir è uno di quei bambini che nel 2011 scrisse su un muro della scuola della cittadina di Daraa, nel sud della Siria, “Bashar, sei il prossimo della lista”. Erano bambini di una decina di anni di età. Sapete tutti che quei bambini sono stati arrestati, che il dolore dei loro genitori che temevano per loro, per le condizioni di detenzione, ha innescato la miccia».

 

«Ora in Siria ci sono gli eserciti più potenti del mondo – ha proseguito Zenari - prima hanno combattuto ognuno a modo suo l’Isis, ora si contrastano con forza. Il prodotto di questo è che la signora Carla Del Ponte, conosciutissima per le sue inchieste su enormi tragedie mondiali, si è dimessa dall’incarico ricevuto in sede Onu per la Siria, dicendo che crimini come quelli visti in Siria non li ha mai visti, né in Rwanda né nella ex Jugoslavia. E aggiungendo che i bambini sono le prime vittime. Altri hanno detto che la situazione siriana è paragonabile a quella di un mattatoio e il miglior commento lo ha fatto l’ex inviato speciale dell’Onu, l’algerino Brahimi, dicendo che ci siamo tutti sbagliati. In effetti è proprio così, visto che la metà della popolazione è fuori dalle proprie case, rifugiata all’estero o in altra zona della Siria». 

 

Zenari ha ricordato anche che «ora il governo ha varato una legge, la numero 10, che stabilisce che sia scattata l’ora della ricostruzione. Perfetto, non fa una grinza. E aggiunge che i proprietari di beni danneggiati devono dichiararlo entro un mese, anche tramite un parente. Perfetto, anche questo non fa una grinza. Non voglio commentare». La legge, stabilendo la confisca dei beni immobili non rivendicati, può determinare l’esproprio dei beni delle famiglie fuggite all’estero, o comunque di chi non ritenga il rientro sicuro. «Quando si pensa a questa gente, fuggita o rifugiata o ridotta sotto la soglia della povertà estrema, bisogna tenere presente che alla Ghouta, per via dei combattimenti e dell’assedio si mangiava a giorni alterni», ha detto il nunzio. «Pensiamo ad una mamma costretta a spegnere la luce, la sera, senza poter dare mangiare a suo figlio. E ad Aleppo sappiamo di migliaia di bambini randagi, secondo alcuni sarebbero stati 6 mila. Sappiamo anche di quattro o cinque di loro che sono morti di fame, infreddoliti, in un palazzo distrutto, derubati degli aiuti alimentari. Eppure il focolare rimane una cosa fondamentale. In palazzi distrutti si vedono tra le macerie delle piccole luci; sono famiglie rientrate nelle loro case distrutte, perché il loro focolare domestico è lì». 

 

Il cardinale Mario Zenari ha poi ricordato «un altro protagonista dimenticato» in Siria, «le donne»: «Qualcuno mi ha detto che quelle di loro che si trovano in queste condizioni con quattro o cinque bambini da sole, perché il marito è morto o è andato a combattere o è sparito - migliaia di siriani sono spariti - loro se la cavano bene, perché sono molto organizzate. Perfetto! Grandioso! Sono organizzate! Io le vedo ogni giorno da quando sono qui a Roma. Quando entro in San Pietro la mattina, mi raccolgo davanti alla “Pietà” di Michelangelo, cerco di non sentire i commenti dei turisti, la guardo... e vedo la Siria. Mezzo milione di morti, un milione e 500 mila feriti. Ma anche lì c’è il buon Samaritano. La Siria è stata assalita dai ladroni, lasciata così, stremata, sul ciglio della strada». 

 

Ma qualche «buon Samaritano» la soccorre, ha detto il porporato: «Sono i medici, gli infermieri, che l’hanno aiutata e la aiutano con abnegazione. Ma 700 di loro sono stati uccisi, la metà degli ospedali sono stati distrutti. Così io penso alle donne, alle madri siriane. E credo che loro siano le famose rose dal deserto. Anche se non vestite con abiti eleganti sono loro quel fiore misterioso, color rosso sangue e un profumo intensissimo. È anche per loro che abbiamo voluto riportare a piena funzionalità i tre ospedali cattolici presenti. Erano ridotti a operare al 20%. Ne ho parlato con il Papa che mi ha detto: “Certo, subito!”. Ci siamo riusciti e ora se uno si mostra indigente ha ugualmente piena assistenza. Arriva Pietro, indigente, e viene assistito pienamente. Arriva Mohammad, indigente, e viene assistito pienamente. Arriva un altro Mohammad, e un altro ancora, loro sono la maggioranza, e tutti vengono assistiti. Ora abbiamo la fila, prenotazioni per chissà quanto tempo. Ma i cristiani diminuiscono, attualmente saranno il 2%. Loro però hanno svolto un ruolo politico importantissimo in Siria. C’è stato un primo ministro cristiano, Fares al Khoury, lo stesso fondatore del partito “Baath” era un cristiano. Oggi vedo tante case cristiane chiuse, è una finestra che si chiude, una finestra siriana sul mondo».

 

La seconda domanda di Mieli ha toccato un punto delicatissimo, la costante di questi conflitti proprio nell’area dove maggiore e più importante è la presenza delle tre religioni monoteiste. I conflitti nel mondo sono tantissimi, ha osservato, ma in quello che il professor Mario Primicerio ha chiamato il nuovo lago di Tiberiade, il Mediterraneo, sono infiniti e tantissimi. Il nunzio in Siria non ha certo eluso il punto: «Guardando la cartina dei conflitti vediamo che Siria, in Iraq, nello Yemen, nel Libano, c’è lo stesso sottofondo, questo è innegabile, ma il conflitto siriano terminerà quando terminerà il conflitto all’Onu. Ci sono fattori regionali, certamente, ma c’è la politica dei veti, c’è il blocco dell’Onu. E poi c’è il ruolo delle religioni, è vero. Nel conflitto civile siriano, visto che all’inizio c’è stato questo, i leader religiosi non hanno saputo incidere, contenere, allacciare il confronto. È possibile farlo in Paesi non democratici? Ricordo nel 2011 con quanta foga, con quanta passione ci avvertì di tutto, anche per i cristiani, il carissimo padre Paolo Dall’Oglio. Mi piace ricordarlo qui, tra i gesuiti come lui. È stata in quel tempo una testimonianza prorompente, appassionata, ma che ha anche avvertito dei grandissimi rischi». 

 

Quello del ruolo delle religioni è un punto importantissimo, che per alcuni rischia di scaricare sulle religioni il peso di scelte strategiche, imperiali, energetiche, dalla valenza mondiale. Un aspetto su cui Zenari sottolinea: «È un intreccio, è vero. Ma molti Stati nella regione sono Stati religiosi, o nei quali la religione svolge un ruolo preminente. Lo sviluppo storico-politico che ha determinato questo carattere religioso di stati molto importanti ha un rilievo, non può non averlo». 

 

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