La tappa a Roma del consigliere per la sicurezza nazionale americano John Bolton è servita a preparare la visita del premier Conte alla Casa Bianca, prevista per fine luglio, ma soprattutto a consolidare l’intesa col nuovo governo, che Washington vede come una sponda importante per gestire il complicato rapporto con la UE e soprattutto con la Germania.

Il braccio destro di Trump ha visto Conte, e i ministri degli Interni Salvini e della Difesa Trenta. Già la scelta di passare da Roma è indicativa, perché le altre tappe sono state Londra, per preparare il viaggio del capo della Casa Bianca in Gran Bretagna dal 12 al 14 luglio, e Mosca, dove oggi Bolton negozia il vertice fra Trump e Putin, che dovrebbe svolgersi il 15 luglio nella sede di Vienna dell’Osce, di cui proprio l’Italia ha la presidenza di turno.

La data della visita di Conte alla Casa Bianca non è ancora stata annunciata, ma si lavora per il 30 luglio. Il vista del vertice Nato di metà mese, Trump gli ha inviato una lettera molto calorosa in cui elogia l’Italia, definendola «un paese leader» dell’Alleanza. Sul tema della sicurezza, le questioni centrali sono tre: Afghanistan, Libia e terrorismo. Il nuovo governo ha lasciato intendere di voler richiamare i soldati da Kabul, ma gli Usa preferirebbero che restassero. Se il ritiro fosse confermato, sarebbe importante che avvenisse senza strappi, seguendo il calendario della fine naturale della missione. Ma soprattutto Washington chiede a Roma di confermare il finanziamento da 120 milioni all’anno, che il premier Monti aveva stanziato per contribuire alla missione in Afghanistan. Sulla Libia invece siamo noi che chiediamo a Trump di intervenire, per riconoscere il nostro ruolo, frenare le ambizioni della Francia e mobilitare la Nato, anche per il rischio di collegamento tra gli spostamenti delle popolazioni e dei jihadisti. Finora però gli Usa hanno preferito concentrarsi sulle operazioni anti terrorismo, delegando agli europei la stabilizzazione del paese e l’emergenza delle migrazioni, su cui peraltro c’è convergenza tra Washington e Roma almeno nell’approccio generale. Non ci aspettiamo che Trump risolva i nostri problemi, ma almeno che ci sostenga nel confronto con Parigi, anche sul tema della presenza in Niger. L’Italia voleva inviare un contingente di circa 500 soldati in questo paese, perché è il crocevia delle migrazioni. Però la Francia, che ha invece una forte presenza militare dedicata soprattutto alla lotta al terrorismo, ci ha frenati. Washington è grata a Parigi per il ruolo svolto in Niger, ma Roma le chiede di aiutarci ad avere uno spazio per le questioni che ci toccano più direttamente.

Sulla Russia, Conte aveva sorpreso piacevolmente Trump già al G7 di Charlevoix, quando aveva condiviso la sua proposta di riammetterla al vertice. Anche qui, però, gli Usa non vogliono corse in avanti. Stanno negoziando il bilaterale con Putin, perché ritengono che il dialogo sia utile, ma le differenze restano, dall’Ucraina alle interferenze elettorali, e quindi è necessario procedere con prudenza. Washington ad esempio appoggia il gasdotto TAP, proprio per tenere aperto un canale di rifornimento europeo del gas alternativo a quello controllato da Mosca.

L’altro punto di contatto sono i dazi. L’Italia è vincolata alle scelte della UE nel braccio di ferro commerciale con Trump, ma sulla Cina condivide le sue posizioni. In generale, è proprio nel rapporto con l’Europa che Roma sta acquistando importanza per Washington. La Gran Bretagna è in uscita, il rapporto con la cancelliera Merkel è teso al punto che l’ambasciatore Usa Grenell ha appoggiato i suoi oppositori, e anche l’intesa con Macron si è incrinata. L’Italia, con la sua posizione critica nella UE e le antiche pressioni per superare l’austerity imposta da Berlino, può diventare l’alleato naturale di Washington.

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