“Vidi cadere Togliatti a terra… mi inginocchiai… mi gettai d’istinto sul suo petto e forse questo gesto fece deviare all’ultimo istante la mira dell’assassino»: così Nilde Jotti, giovane deputata e compagna del leader comunista, ricorda quando, alle 11 e 30 del 14 luglio 1948, nella semideserta via della Missione, la stradina che costeggia palazzo Montecitorio, vide accasciarsi il segretario uscito con lei da una porta secondaria. I quattro proiettili sparati da una rivoltella calibro 38, pur avendo centrato Palmiro Togliatti in punti nevralgici, per fortuna erano di materiale così scadente che non furono mortali.

Scioperi ovunque

L’ Ansa diede notizia dell’attentato ma anche dell’arresto del potenziale omicida, lo studente universitario 25 enne Antonio Pallante. E incendiò la Penisola: lo sciopero spontaneo di tutto lo Stivale interruppe le comunicazioni telefoniche, bloccò la circolazione urbana e ferroviaria mentre i negozi delle maggiori città abbassavano le saracinesche. L’uomo tra i più potenti dell’Italia governata da De Gasperi, il ministro degli Interni Mario Scelba, trasmise ai prefetti l’ordine di vietare ogni manifestazione.

Parole al vento: il fuoco della protesta aggrediva Torino, Roma, La Spezia, Abbadia San Salvatore, Genova, Livorno, Napoli e Taranto. Ad alimentare la rivolta dei militanti comunisti - uniti ai socialisti nel Fronte popolare avevano appena subito la batosta elettorale del 18 aprile in cui aveva trionfato la Dc - furono anche le fake news di un golpe in atto.

L’incontro in treno

Comunque, in quel momento e anche dopo, durante il processo che condannò Pallante a 10 anni ridotti a 5 e mezzo dall’amnistia, non furono mai chiarite le reali dinamiche de Il fattaccio di via della Missione come spiega la saggista Graziella Falconi in questa ricerca sottotitolata L’attentato a Togliatti e la rivoluzione impossibile nelle carte del governo e del partito (Castelvecchi, pp. 222, €18, 50), la vicenda di cui ricorrono i settant’anni nasconde ancora oggi segreti e misteri. Fu veramente il gesto isolato di uno squilibrato? O vi furono dei burattinai che tirarono i fili dell’operazione che nei moti di piazza costò la vita a più di 70 persone e ne portò in ospedale circa 3.500?

Furono parecchi i buchi neri a proposito dell’operato di Pallante: lo studente arrivò a Roma da Catania il 10 luglio, dopo aver conosciuto in treno «per caso», come disse lui stesso, uno strano personaggio, Alfonso Caracciolo, controllato dalla polizia poiché «moralmente discusso in quanto pederasta». Quest’ultimo era legato a gruppi di destra e di patrioti polacchi che durante la seconda guerra mondiale avevano obbedito al generale Wladyslaw Anders e avevano rapporti con i servizi segreti americani. Secondo la saggista, dunque, né la polizia né l’apparato comunista approfondirono questa inquietante connessione con gli 007 d’oltreoceano.

La vittoria di Bartali

Forse non c’era alcun interesse a scoprire una verità scomoda e che poteva innescare una guerra civile: il primo a gettare acqua sui bollenti spiriti fu lo stesso Togliatti, appena uscito dai ferri del chirurgo Pietro Valdoni, che ordinò «state calmi» e «non fate pazzie» a Pietro Secchia e a Luigi Longo. Si schierò contro la mobilitazione collettiva del paese (si disse pure che l’inaspettata vittoria di Gino Bartali al Tour de France avesse contribuito a sedare gli animi ma il campione del ciclismo considerò irrealistica questa ipotesi).

Tensione a Torino

Anche il sindacalista Giuseppe Di Vittorio cercò di tenere sotto controllo gli operai in lotta: a Torino un consistente gruppo di tute blu della Fiat, credendo che il leader comunista fosse morto, propose «alura fuma fora Valletta» (allora facciamo fuori Valletta). E mise sotto chiave l’amministratore delegato della fabbrica torinese. Scelba per liberarlo voleva attaccare con uomini armati la Fiat ma l’avvocato Agnelli lo pregò di desistere, ritenendo che la protesta si sarebbe spontaneamente esaurita. Vittorio Valletta, infine, al processo contro i suoi sequestratori dichiarò che si era trattenuto volontariamente in fabbrica.

L’attentato di Pallante, ancorché fallito, incise profondamente sulla storia della Penisola. Innescò infatti la scissione dalla Cgil della componente democristiana. Così nacque la Cisl. Cambiò radicalmente anche la fisionomia del partito comunista: dopo il tentativo insurrezionale (per cui vennero compiuti circa 97 mila arresti) furono sostituiti i responsabili comunisti locali, considerati teste calde o ex partigiani che soffiavano sul dissenso di sinistra.

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