A distanza di una settimana dall’ultimo intervento di Papa Francesco sulla salvaguardia del creato, un’altra voce si è levata decisa, questa volta dal Sud-est asiatico, quella del cardinale Charles Maung Bo dal Myanmar. «Il ritmo di consumo, di spreco e di alterazione dell’ambiente ha superato le possibilità del pianeta, in maniera tale che lo stile di vita attuale, essendo insostenibile, può sfociare solamente in catastrofi, come di fatto sta già avvenendo periodicamente in diverse regioni», aveva affermato il Pontefice ricevendo in udienza i partecipanti alla Conferenza internazionale, dal titolo “Saving our Common Home and the Future of Life on Earth”, che si è svolta in Vaticano.

«Entro il 2050, vi saranno 150 milioni di persone disperate per la mancanza di un bicchiere d’acqua. Vaste aree dell’Asia e dell’Africa vedranno un riscaldamento globale a livello apocalittico, che causerà guerre per l'acqua, guerre per il cibo», è sembrato fare eco in una nota inviata all’agenzia Fides l’arcivescovo di Yangon che ha continuato: «I poveri saranno le vittime principali. La vita delle democrazie sarà in pericolo a causa delle guerre per le risorse all'interno dei paesi e attraverso i continenti. Milioni saranno i rifugiati ecologici. Abbiamo ascoltato queste previsioni. Ma lo stile di vita insostenibile dei paesi ricchi non muta. Paesi ricchi, con una popolazione di appena il 6% del mondo, producono il 30% dei gas serra».

Bo non ha timore di introdurre espressioni a tinte fosche come quella di «olocausto», «terrorismo», «genocidio» e «crimine contro l’umanità» alludendo alla responsabilità dei Paesi ricchi che, nella più totale indifferenza, conducono stili di vita che finiscono per avere gravi ripercussioni su quelli poveri.

«Siamo in una congiuntura critica della storia umana. La fede senza azione è una fede vuota, avverte l’apostolo Giacomo. Tutte le nostre pie convinzioni richiedono azioni reali. Martin Luther King diceva: “Alcuni sono colpevoli e tutti sono responsabili”. Il nostro silenzio, la nostra inazione, può essere una collusione. L’enciclica Laudato si’ chiama all’azione, non a nuovi incontri. Questo è il momento dell’azione. Bisogna agire adesso, e agire insieme perché il mondo affronta l’olocausto ecologico. Il mondo ha visto grandi olocausti nella sua storia, l’ultimo è stato l'olocausto nucleare in Giappone. Ora ci sono i primi avvertimenti di un olocausto ecologico. Non vorrei sembrare allarmista: baso la mia dichiarazione sui dati della Banca mondiale e degli istituti scientifici a proposito del riscaldamento globale».

Pensa in primo luogo al suo Myanmar, l’arcivescovo di Yangon sottolineando che «il Paese è il secondo nell'indice di rischio globale. Siamo la seconda nazione più vulnerabile al riscaldamento globale. Siamo a rischio di cicloni, terremoti, inondazioni. Abbiamo sepolto nell’ultimo decennio oltre 200mila vittime di calamità naturali. Molti erano poveri. Siamo vittime del riscaldamento globale. Questo è terrorismo ecologico. Pochi potenti di questo mondo decidono chi dovrebbe vivere e chi dovrebbe morire. Questo attacco asimmetrico alle nazioni povere da parte delle nazioni ricche è un terrorismo, è un genocidio e va definito un crimine contro l'umanità».

 
«La Chiesa – ha spiegato il cardinale Bo con uno sguardo alla responsabilità primaria dei cristiani - è guardiana della dignità umana. La Chiesa è una comunità che parla per i deboli e i vulnerabili. Parlare di verità scomode fa parte del mandato di essere Chiesa oggi. La Laudato si’ è una chiamata lungimirante per una nuova guerra mondiale contro l’avidità di multinazionali, di governi e della ricca minoranza che distrugge la creazione di Dio per denaro e potere. Il cristianesimo non ha paura di parlare con i poteri. Bisogna agire adesso insieme a tutti gli uomini di buona volontà, alla società civile, con le altre religioni. Bisogna sviluppare una teologia sui ‘peccati ecologici’ e anche sui “sacramenti della natura”: acqua, terra, aria e fuoco come i doni più sacri del Creatore». 

Significativa la conclusione che punta a smuovere le coscienze: «La Chiesa deve sviluppare un’alleanza contro l’asse malvagio del denaro e dell'arroganza. Abbiamo questo mandato etico. Abbiamo in prestito questa terra e siamo in debito con la giustizia intergenerazionale». «La riduzione dei gas serra richiede onestà, coraggio e responsabilità, soprattutto da parte dei Paesi più potenti e più inquinanti», aveva affermato il Pontefice riservando uno spazio speciale a «due gruppi di persone che sono in prima linea nella sfida ecologica integrale e che saranno al centro dei due prossimi Sinodi della Chiesa Cattolica»: i giovani e i popoli indigeni, a partire da quelli dell’Amazzonia. 

Ed è proprio dall’America Latina che giunge notizia di un’iniziativa volta a responsabilizzare le persone, in particolare i più giovani: lo scorso 22 giugno è stata lanciata una serie di cartoni animati prodotti dalla Rete Ecclesiale Panamazzonica (Repam) e realizzata da Yaku Audiovisivi, un’equipe multidisciplinare e multiculturale, con l’appoggio di agenzie cattoliche come la britannica Cafod e la statunitense Crs (a breve il lancio in lingua inglese e portoghese). Con l’intento di «difendere la vita e la casa comune» che i popoli indigeni chiamano la «Madre Terra» un presentatore d’eccezione: un dinamicissimo Francesco d’Assisi che nel primo cartoon tenta con alterne vicende di comunicare con i numerosi passanti distratti dai loro smartphone in una neanche troppo ipotetica città del XXI. «Non capisco perché la gente compri così tanto!», esclama stupito accorgendosi sconsolato di interagire soltanto con un bidone di immondizia che trangugia un’enorme quantità di rifiuti.

La serie, con riferimenti espliciti alla Laudato si’, sarà diffusa innanzitutto nelle scuole, ma grande fiducia viene accordata alla valenza comunicativa di massa di YouTube, i social media, mentre contatti sono in corso con alcuni canali televisivi.

Quello che è chiamato «il viaggiatore di Assisi» conduce in otto capitoli di tre minuti ciascuno, alcune «storie latinoamericane di resistenza, speranza, forza e difesa dell’ecologia integrale e della giustizia» conversando con le «sorelle creature» che lo abitano. Il viaggio prende avvio con l’episodio “Riciclando lo scarto”: un ambiente cittadino dove il Poverello viene a contatto, non senza sorpresa, con la moderna «cultura dello scarto» al punto da esclamare «Cultura?». 

Dal suo amico Bergoglio apprende invece, e rilancia, il riutilizzo intelligente dei rifiuti puntando alla funzione ecologica e sociale delle cooperative di riciclatori: i sudamericani «cartoneros».

Ma, oltre all’insostituibile opera di sensibilizzazione delle coscienze, a tre anni dalla prima enciclica sociale sulla cura del creato si moltiplicano anche le azioni concrete messe in atto in campo cattolico un po’ in ogni parte del mondo. Tra i più attivi proprio i confratelli di Papa Bergoglio, i gesuiti, che, forti di una lunga tradizione in materia di cura del creato, figurano anche fra i promotori della dichiarazione «We are still», la presa di posizione che si è levata forte Oltreoceano per ribadire la volontà di tanti – numerosissimi i cristiani, persone singole e istituzioni – di restare fedeli agli accordi sottoscritti a Parigi Cop21 nonostante il ritiro ufficiale degli Stati Uniti per volontà del presidente.

Per restare in terra americana, a maggio, il Dipartimento per l’educazione degli Stati Uniti ha assegnato alla St. Louis University High School (Sluh), che quest’anno festeggia il bicentenario, il titolo di “Green Ribbon School 2018”, unico istituto del Missouri e il primo dei gesuiti a ricevere il premio. Le Green Ribbon Schools sono segnalate per i loro «sforzi innovativi per ridurre l'impatto ambientale e i costi energetici di gestione, migliorare la salute e il benessere e garantire un'efficace educazione alla sostenibilità».

Un team di studenti e docenti si sono impegnati nella preparazione di alimenti sostenibili e materie prime coltivate localmente, mentre il cibo non utilizzato viene donato al Centro di San Patrizio, rifugio per i senzatetto locali. Collaborando poi con i partner locali, il team è riuscito nell’intento di far certificare la scuola Energy Star, aumentando lo spazio verde intorno alla scuola con piante autoctone e riducendo gli sprechi. La St. Louis University High School ha progettato e lanciato nuove opzioni di corsi trasversali al fine di allinearsi sia con la Laudato si’ che con gli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. Per fare un esempio: un corso di geografia umana, sviluppato all'interno del dipartimento di studi sociali, è ora incentrato sui temi della sostenibilità, mentre i corsi delle discipline umanistiche sottolineano l'importanza di prendersi cura della creazione contribuendo ad un curriculum scolastico volto a 360° all’ecologia umana integrale.


Tra i numerosi progetti in terra di missione spicca invece quello per la riforestazione del Madagascar, un’isola ricchissima di biodiversità con un tasso di endemismi che sfiora l’85%, come segnala la Compagnia di Gesù sul portale specificamente dedicato all’ambiente, Ecojesuit (che in queste settimane ha messo in rete il video “Living LS”). 

Lungo i secoli alcune pratiche di agricoltura tradizionale hanno prodotto un forte disboscamento al punto che non è più rinviabile un’inversione di rotta: la pratica del «tavy», spiegano i gesuiti, puntava all’abbattimento e alla distruzione attraverso il fuoco delle piante per fare posto alle coltivazioni che, però, possono essere sfruttate solo per un periodo e la popolazione è costretta a spostarsi per sopravvivere. Scienziati di diverse istituzioni mondiali stimano che almeno i 4/5 della foresta di un tempo siano andati in fumo, senza dimenticare il commercio illegale del legno di palissandro abilmente sfruttato da pochi con la complicità occidentale.

Per rimediare ad una situazione a dir poco disastrosa – accentuata dalla costruzione di resort turistici che sfruttano, a compensi da fame, la popolazione – la diocesi di Fianarantsoa, in collaborazione con la Ong sudamericana “Fe y Alegría”, ha avviato dallo scorso anno un progetto di riforestazione e promozione di un’agricoltura sostenibile con l’introduzione di nuove piante di aranci, manghi ed eucalipti. In parallelo le scuole gestite dai gesuiti stanno portando avanti un’azione educativa per costruire una sensibilità ecologica.

In modo analogo in Ciad dove la Rete delle missioni della Compagnia (Magis), da anni, ha avviato progetti vivaistici di riforestazione in parallelo alla formazione dei giovani, in particolare giovani donne, per introdurre una nuova cultura agraria volta a contenere la desertificazione che avanza nel Sahel. E ancora in Amazzonia dove, oltre a promuovere e a preservare le culture indigene, sempre più minacciate dalla globalizzazione, si intende favorire nei giovani una sensibilità ambientale in uno dei contesti più minacciati. Senza dimenticare le emergenze locali, come l’aiuto che continua nelle Filippine nel riprogettare la ricostruzione dopo l’avvento del tifone Yolanda nel 2013.

«La Laudato si’ parla della vita - spiegano i gesuiti nel video –. È un messaggio di gioia e semplicità che prevale su e contro tutte le preoccupazioni personali e i problemi globali. Ma è anche uno stimolo all’impegno per la cura dell’ambiente. Un impegno che parte dalle cose più piccole, come il bicchiere d’acqua che bevo. Anche in un bicchiere d’acqua, sottolineano i gesuiti, c’è il riflesso del mondo intero, c’è un messaggio di riconciliazione e guarigione». Un messaggio che non conosce soste, né ferie.

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