«Appellarsi agli altri Stati Europei per affrontare insieme il problema dell’immigrazione in atto, in forte crescita, è giusto e doveroso, ma non può diventare un alibi per chiuderci a riccio e rifiutare e abbandonare al loro destino quanti giungono nei nostri mari, dopo lunghe e dolorose esperienze di guerra o di povertà estrema». È il nucleo del messaggio dell’arcivescovo Cesare Nosiglia, nella veglia “Morire di speranza” di questo pomeriggio, mercoledì 18 luglio, organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio nella chiesa dei Ss. Martiri per pregare per quella che Nosiglia ha definito «strage degli innocenti», la morte dei migranti in mare.

Il vescovo parlava con alla sua sinistra due foto eloquenti: una ritrae i migranti in montagna, che cercano di varcare la frontiera con la Francia, l’altra è quella dei bambini morti recuperati sulla spiaggia in queste ultime settimane. E ha aggiunto:

«Il rifiuto ingenera una cultura e comportamenti carichi di preconcetti verso questi fratelli e sorelle, che possono sfociare in atteggiamenti e comportamenti razzisti e discriminatori, di cui abbiamo avuto triste esperienza nel passato».

E proprio su questo, la nota dolente: «Quello che mi preoccupa in tutto questo è che, mentre c’è una larga schiera di volontari e realtà laiche e religiose che si coinvolgono con i problemi della povertà e delle necessità sia di italiani che stranieri, la comunità civile resta spesso apatica e sembra subire la situazione senza reagire, mostrando insofferenza, pregiudizi e ostilità».

Infine, un appello per l’accoglienza alle religioni, che per prime devono schierarsi dalla parte dei più deboli: «È importante che le Chiese cristiane, i fedeli dell’Islam e di altre realtà presenti sul nostro territorio facciano un patto di alleanza per raggiungere questi obiettivi comuni».

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