«Anche se prematuro, è meglio morire così, piuttosto che dare, con la propria vita, scandalo...». Sono parole durissime quelle che il vescovo di Vittorio Veneto, Albino Luciani, pronuncia durante l’omelia funebre di un suo giovane diacono, scomparso prematuramente a pochi mesi dall’ordinazione sacerdotale. Poche ore prima di celebrare quelle esequie, al futuro Papa era stata consegnata da un messo del tribunale la notifica dell’arresto di un sacerdote diocesano accusato di pedofilia. È uno degli episodi che emerge dalla monumentale ricostruzione della vita di Luciani - scritta da Stefania Falasca, Davide Fiocco e Mauro Velati - appena pubblicata (Giovanni Paolo I. Biografia ex documentis dagli atti del processo canonico, TiPi edizioni).

«Nel 1964 ci fu il doloroso caso di un prete di Oderzo, accusato di pedofilia. Il provvedimento giudiziario venne annunciato il 6 febbraio dal messo del tribunale al Servo di Dio, mentre andava a Barbisano per celebrare il funerale di un giovane diacono, don Battista Fornasier, morto il 4 febbraio a soli 24 anni».

Nell’omelia che «risentiva dell’amarezza del momento», il vescovo aveva detto: «In fondo, anche se prematuro, è meglio morire così, piuttosto che dare, con la propria vita, scandalo». Il sacerdote, scrivono i biografi di Luciani, subì tre processi e subì tre anni di carcere, per essere poi assolto per non aver commesso il fatto. Quando venne scarcerato, il vescovo lo volle suo ospite a cena nel castello. Il prete in questione era all’epoca direttore della Colonia agricola di Oderzo, venne incarcerato e processato a Treviso, dopo la fine della sua vicenda giudiziaria fece per anni il cappellano dei migranti in Germania per tornare negli ultimi anni della sua vita in diocesi.

Della vicenda hanno parlato due testimoni agli atti del processo di beatificazione e canonizzazione, mentre un terzo l’ha soltanto accennata. Don Piersante Dametto ricorda che quella frase detta nell’omelia «fu considerata da alcuni troppo dura» e che il vescovo Luciani «soffriva in modo evidente, quando c’era di mezzo un prete».

Un secondo testimone, oggi scomparso, don Rino Bechevolo, ha ricordato che Luciani era così sconvolto dalla notizia ricevuta che «durante il funerale, più che parlare del defunto, non seppe tacere dell’accusa fatta al sacerdote e se ne lamentò amaramente», ricordando anche l’accoglienza ricevuta dal sacerdote stesso dopo la scarcerazione. Infine un terzo testimone, don Pietro Mazzarotto, accenna appena al caso ma soltanto per ricordare l’attenzione con la quale il futuro Papa seguiva le vicende giudiziarie che vedevano i suoi preti implicati.

Dalle testimonianze agli atti della causa emerge dunque la reazione pubblica e dura del vescovo di fronte all’arresto del prete: più di mezzo secolo fa, in un’epoca ormai molto distante dalla nostra per quanto riguarda l’accresciuta consapevolezza e sensibilità verso questi gravi reati, il futuro Giovanni Paolo I mostrava da un lato notevole fermezza di fronte alle responsabilità dei suoi sacerdoti (come prova anche il modo con cui condusse la vicenda dello scandalo finanziario nel quale furono implicati due esponenti del clero di Vittorio Veneto), dall’altro non smetteva di essere un padre per i preti, sapendo essere a loro vicino nei momenti più difficili.

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