Nella notte è stato raggiunto un accordo di tregua a Gaza fra Hamas e Israele, con la mediazione dell’Egitto. I raid israeliani sono cessati attorno alla mezzanotte e non ci sono più state reazioni da parte dei militanti, che ieri sera avevano lanciato tre razzi verso Sderot, intercettati dal sistema Iron Dome.

I bombardamenti di ieri sono stati i più pesanti da anni, dopo che un commando palestinese aveva ucciso un militare israeliano di pattuglia lungo il confine con la Striscia. E’ il primo soldato israeliano morto in servizio dall’estate del 2014, quando Israele aveva rioccupato Gaza durante l’operazione Protective Edge.

I raid israeliani hanno fatto quattro morti e 120 feriti. L’aviazione e i cannoni dei carri armati hanno colpito «68 obiettivi di Hamas» e distrutto «circa 60 edifici e infrastrutture, indebolendo in maniera significativa le capacità di controllo e comando» del gruppo islamista, ha precisato un portavoce delle forze armate.

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La crisi è la più grave dal 2014 e ha spinto la diplomazia mondiale a intervenire. Dopo l’appello dell’Onu a «fermarsi prima del baratro», diplomatici egiziani e di altri Paesi arabi, probabilmente del Golfo, hanno fatto pressione su Hamas e mantenuto i contatti con Israele, fino al raggiungimento della tregua.

A differenza della settimana scorsa, il gruppo non ha reagito con razzi e colpi di mortaio, per evitare un intervento di terra che avrebbe conseguenze devastanti soprattutto sulla popolazione civile, già stremata. A Gaza vivono 2 milioni di persone su una superficie di soli 360 chilometri quadrati.

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