Libertà, democrazia, diritti umani. E un voto libero e trasparente, che non escluda alcun gruppo sociale e non dia spazio al fanatismo religioso. È questo il Pakistan che, alla vigilia delle elezioni generali del 25 luglio, sognano le minoranze religiose nella “terra dei puri”; è questo il futuro che desiderano i cristiani, poco più dell’1% in una nazione con oltre 200 milioni di abitanti in larga maggioranza musulmani.

La preparazione al voto è stata segnata nell’ultimo mese, dal sangue a dalla violenza politica promossa, col preciso disegno di creare instabilità, dal gruppo “Tehreek-e-Taliban Pakistan”, ovvero i cosiddetti “talebani pakistani”. Ieri, 22 luglio, i radicali hanno rivendicato l’attentato omicida a Ikram Gandapur, candidato del partito Pakistan Tehreek-e-insaaf (Movimento per la giustizia), avvenuto nel nordest del Paese. E altri due gravi omicidi di candidati politici hanno funestato la nazione nelle scorse settimane. Per questo, nel giorno del voto, saranno 370mila i militari dispiegati in seggi elettorali e luoghi sensibili, per garantire ordine e e sicurezza. E per far sì che gli oltre 106 milioni di elettori possano votare in modo pacifico, onesto, senza brogli, pericoli o intimidazioni.

Proprio da qui parte l’appello della Commissione “Giustizia e Pace” dei vescovi cattolici pakistani che, in un comunicato, ribadisce che «la Chiesa sostiene la democrazia» e una transizione politica pacifica nella nazione. E aggiunge che l’auspicio «per un voto libero e trasparente» si sostanzia con la possibilità concreta, data a ogni elettore, di esprimere il suo voto senza condizionamenti e senza barriere di sorta.

Oggi infatti è il sistema elettorale in vigore a istituzionalizzare la discriminazione tra cittadini di religione diversa. Oggi il sistema elettorale separa il voto delle minoranze religiose da quello dei cittadini musulmani e prevede un doppio voto. I candidati che appartengono alle minoranze sono selezionati dai partiti politici e hanno una quota riservata all’interno delle loro liste elettorali. I partiti politici, di ogni tendenza e cultura, hanno quindi formato al loro interno dei “gruppi di minoranza” inserendovi i candidati non musulmani, ai quali sarà dato uno specifico voto. È un sistema che, dunque, mescola e sovrappone la cittadinanza con la professione di fede e che da tempo gruppi cristiani e indù in Pakistan denunciano come ingiusto e discriminatorio.

La Chiesa chiede, allora, di cambiare la modalità di elezione, promuovendo un sistema elettorale che sia inclusivo. Molto semplice quanto gli attivisti cristiani vanno ripetendo: «Ogni candidato presente in una lista deve poter ricevere sia il voto della popolazione musulmana sia di gente che professa una religione di minoranza. Un sistema elettorale siffatto migliorerebbe le relazioni interreligiose e l’armonia sociale. La Commissione “Giustizia e Pace” auspica che i candidati delle minoranze siano presenti nelle liste accanto a tutti gli altri», spiega a Vatican Insider Kashif Anthony, cattolico di Karachi.

«Dobbiamo cercare leader politici disposti a prendersi cura dei nostri diritti, delle sfide, dei problemi, dello sviluppo delle nostre comunità e che lavorino per fornire protezione, tutela e promozione integrale delle minoranze», aggiunge Peter Jacob, oggi direttore del “Centro per la giustizia sociale”. Laico cattolico, Jacob ricorda: «Le aree e i quartieri dove vivono i cristiani sono spesso penalizzati ed emarginati. I problemi sono ancora gli stessi da decenni. Dovremmo esprimere un voto ai candidati e ai partiti politici che si occupino realmente dei problemi dei diritti delle minoranze». Le minoranze religiose si ritrovano oggi a subire, nell’indifferenza dei governi, abusi dei diritti fondamentali, paura di essere accusati ingiustamente in base alle leggi sulla blasfemia, ma anche carenza di servizi essenziali come acqua ed elettricità nelle zone dove risiedono.

Alla vigilia del voto del 25 luglio si discute anche della attuazione della sentenza della Corte Suprema del 19 giugno 2014 sulle minoranze religiose, che invitava il governo ad adottare misure urgenti per promuoverne la piena integrazione nel tessuto sociale. A tal fine uno dei temi caldi è la revisione della politica di istruzione per eliminare la discriminazione su base religiosa. I cristiani in Pakistan da tempo hanno lanciato una campagna nazionale di sensibilizzazione su un fattore chiave: l’istruzione delle nuove generazioni, segnalando come il sistema educativo sia determinante nel formare la mentalità dei giovani. Se, infatti, il sistema educativo resta viziato da pregiudizi o da un approccio discriminatorio, che instilla odio verso le minoranze religiose, si continuerà a fomentare intolleranza nella società, a partire dai bambini e dai giovani. Da questo cambiamento si comincia a costruire il nuovo Pakistan, da qui si parte pensando a quel sogno che l’impegno dei cristiani e delle altre minoranze vuole al più presto realizzare.

I commenti dei lettori