Per la Grecia è probabilmente una delle più gravi tragedie mai vissute negli ultimi decenni. Corpi arsi vivi dalle fiamme divampate intorno alle 18 di ieri nella regione di Attica, a pochi chilometri dalla capitale Atene, centinaia di macchine e case distrutte, ettari di foreste bruciate. «Una catastrofe umanitaria, ambientale, materiale di dimensioni incredibili. Ha ragione chi parla di una nuova Pompei», dice al telefono con Vatican Insider Manolis Papamikrulis, laico, officiale della Chiesa greco-ortodossa per la Commissione per gli Affari esteri del Santo Sinodo e la Commissione per i rapporti intercristiani, collaboratore dell’arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia Ieronymos. «Facciamo fatica a comprendere il perché sia successo tutto questo e la Procura ha avviato delle indagini per capire l’origine dell’incendio, se sia stato un incidente naturale o sia stata una mano umana a provocarlo. C’è anche questa ipotesi.... Non abbiamo idee, per ora le priorità sono altre».

La priorità è anzitutto preoccuparsi dei sopravvissuti, delle famiglie che in una manciata di secondi hanno visto morire parenti e vicini, della gente che ha perso la casa. «È successo tutto in pochi minuti, il vento soffiava forte e il fuoco che partiva da una collina ha raggiunto presto le case nella foresta». Si tratta perlopiù di case-vacanze, peraltro alcune non a norma, costruite con vecchi materiali facilmente infiammabili oppure delle strutture nel villaggio di Mati, «il 98% delle quali è andato distrutto». Gran parte dei 74 morti ufficiali – secondo i dati diffusi dai Vigili del Fuoco che parlano anche di un centinaio di dispersi – sono infatti turisti, greci o provenienti dall’estero, che trascorrevano la penultima settimana di luglio in questa zona suggestiva che coniuga le acque dell’Egeo alla distesa verde della foresta circostante.

Proprio questa congiunzione naturale è stata la condanna delle vittime. «La gente - racconta Papamikrulis - si è trovata in una situazione in cui non sapeva cosa fare, non aveva alternative né via di scampo. Da una parte c’era il fuoco, dall’altra il mare. Molti soccorritori hanno parlato di persone morte in acqua per annegamento. Una morte cruenta, certo mai quanto quella subita da coloro che sono stati arsi vivi dalle fiamme. Ci raccontavano di genitori abbracciati ai loro bambini o di cadaveri che sembravano martirizzati, che presentavano posizioni innaturali perché probabilmente si contorcevano per il grande dolore provato». 

La Chiesa greco-ortodossa, sottolinea l’officiale, non ha esitato a scendere in campo. L’arcivescovo Ieronymos, che attualmente si trova a pochi chilometri da Atene in un monastero per un ritiro spirituale, svegliato di notte dalla notizia di queste fiamme inarrestabili che dalla capitale erano giunte fino a Corinto (lì vicino, nella località di Kinetta sembra che sia ancora attivo un debole incendio), si è subito messo in contatto con i metropoliti delle aree colpite e ha allertato l’associazione caritativa greca ortodossa “Apostolì”, una sorta di Caritas greca presente in tutta la nazione. L’organismo – lo stesso che gestisce la questione migratoria - ha inviato centinaia di volontari e operatori per dare man forte a pompieri e Protezione civile per i soccorsi.

«Per l’arcivescovo è stato un colpo pesante», spiega il suo collaboratore, «per lui si tratta di una doppia sofferenza: dal punto di vista ambientale, visto che è molto sensibile al tema, ma soprattutto dal punto di vista umano. Tutto il suo ministero si fonda sul principio che “l’uomo viene prima di tutto”. Cioè che bisogna andare incontro agli esseri umani, che siano cristiani, non cristiani, greci, migranti o qualsiasi altra cosa…».

I responsabili di “Apostolì”, in rappresentanza della Chiesa greco-ortodossa, hanno fornito beni di prima necessità come cibo e vestiti, e stanno aiutando a ristabilire l’elettricità nelle strade e sgomberarle dai detriti, spiega Manolis Papamikrulis. Inoltre hanno inviato a fianco a medici e psicologi anche sacerdoti per un’assistenza spirituale delle vittime e dei familiari che non hanno da ore notizie dei loro cari. Hanno poi fatto sapere che sono pronti a mettere a disposizione i loro locali ad Atene per dare ospitalità ai sopravvissuti e a tutti coloro che hanno perso la casa.

Naturalmente adesso andranno studiati progetti a lungo termine, sottolinea Manolis Papamikrulis. E ripete: «Davvero una tragedia», che tuttavia offre una lezione anche «a tutti noi esseri umani troppo spesso arroganti nel nostro rapporto con l’ambiente. Spesso ci serviamo dell’ambiente senza pensare alle conseguenze, mancandogli totalmente di rispetto. È una cosa difficile da accettare, specie in questi momenti, ma un incidente di queste proporzioni deve farci interrogare. Noi cristiani anzitutto, che siamo chiamati ad una responsabilità globale». 

Certo per la Grecia, nazione che già si trova a fare i conti con l’emergenza migratoria, piagata da una crisi economica che sembra non avere soluzione, si tratta di una ulteriore prova . «È vero – dice il rappresentante greco ortodosso – per noi greci è l’ennesima difficoltà da affrontare, ma siamo fermi nella fede e nella speranza. Confidiamo nell’aiuto del Signore innanzitutto, ma anche in quello degli uomini. Abbiamo visto in poche ore una grande solidarietà da parte dell’Europa e dei capi religiosi, dal Papa a Bartolomeo e gli altri patriarchi di Romania, Alessandria e via dicendo. Tutti si sono dimostrati pronti ad aiutarci e noi siamo crediamo di riuscire a poter andare avanti. Noi greci siamo così, cristiani, quindi mai disperati».

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