«Se il governo bloccherà la Torino-Lione io sono pronto ad andare fino in fondo e convocare un referendum popolare». Ad affermarlo in una intervista a Repubblica è il presidente della Regione Piemonte, Sergio Chiamparino. «Sono pronto a farlo, anche se mi auguro che il governo non prenda una decisione così folle come quella di bloccare una ferrovia che è strategica sotto tutti i punti di vista: economico, ambientale e culturale. Bloccarla significa isolare il nord ovest - aggiunge - Mi aspetto che Toti e Fontana battano un colpo. Se si dovesse mai davvero bloccare la Torino-Lyon, anche le altre grandi opere, a partire dal Terzo Valico e dalla Pedemontana, sarebbero da rivedere, perché perderebbe forza il progetto di piattaforma logistica del Nord Ovest».

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Napoli (Forza Italia): ok al referendum ma sia autentico e non sul web

«Trovo giusto che sia consentito ai cittadini piemontesi di pronunciarsi con un referendum sul destino della Tav» spiega Osvaldo Napoli, del direttivo di Forza Italia alla Camera. «Mi sorprende che l’idea non sia venuta dal mondo dei Cinquestelle e dall’amministrazione comunale di Torino, perché mai come nel caso della Tav “uno vale uno”. Evidentemente, la questione imbarazza il comico Beppe Grillo, teorico della fine della democrazia e del Parlamento e quindi sospettoso che i cittadini possano, usando la loro testa, prenderlo a pernacchie per le bestialità che quotidianamente pronuncia». E ancora: «Bene ha fatto il presidente Chiamparino a evocare lo strumento della consultazione popolare. Sia chiaro, una consultazione che convoca i cittadini in carne e ossa alle urne, e non le pagliacciate pentastellate del referendum sul web. Invito l’amministrazione comunale di Torino e il M5s a farsi promotori di un’iniziativa referendaria perché, sia pure a titolo consultivo, potrebbe regalare la foto giusta e non sfocata sullo stato d’animo dei piemontesi verso la TAV. Con buona pace di chi pensa che una dozzina di click da casa sia l’unica, vera fonte di legittimazione per l’esercizio del potere. Grillo potrebbe scoprire che la democrazia funziona e che lui non deve averne paura al punto da volerla sopprimere» conclude.

Delmastro (Fratelli d’Italia): “Referendum, meglio tardi che mai”

«Leggo con piacere che, seppur tardivamente, il Presidente della regione Piemonte Chiamparino lancia il referendum sulla Tav proposto il 18 giugno scorso da Giorgia Meloni. Meglio tardi che mai!» dichiara il deputato di Fratelli d’Italia e presidente della Giunta per le Autorizzazioni della Camera Andrea Delmastro. «Il Piemonte - ha aggiunto - è regione che crede nelle ragioni dello sviluppo infrastrutturale, economico ed occupazionale e non si arrende alla cultura del declino pentastellata. Chiamparino ha già perso un mese da quando Giorgia Meloni ha lanciato il referendum». «Ora Chiamparino faccia sul serio e non `perda il treno dell’alta velocità´: organizzi subito il referendum sulla Tav suggerito da Giorgia Meloni. Rappresenterà la vittoria schiacciante dell’Italia del sì, del lavoro, dello sviluppo e delle grandi opere», ha concluso l’esponente di Fdi.

La Cgil: “Tav, Tap e Terzo valico opere fondamentali”

«Sostenere il blocco di una grande arteria ferroviaria come la Tav che taglia trasversalmente l’Europa da Lisbona a Kiev significa rinunciare per sempre allo sviluppo commerciale e turistico per l’Italia in questo importare progetto infrastrutturale. La Tav come la Tap come il terzo valico come le grandi arterie già progettate di collegamento con il sistema portuale , soprattutto al Sud del nostro Paese che deve diventare la vera porta di accesso per gli scambi commerciali dell’Europa, sono indispensabili». Non ha dubbi il segretario confederale della Cgil, Vincenzo Colla nel respingere il blocco paventato dal governo delle opere infrastrutturali già programmate. «La Tav in particolare va nella auspicata direzione di indirizzare il trasporto di persone e merci verso l’elettrico e, nel rispetto dell’ambiente, di utilizzare sempre meno il petrolio. Altrimenti -precisa - lascieremo ai porti del nord Europa il primato». La Cgil ritiene infatti che questa scelta «significhi progettare lo sviluppo e l’occupazione per il futuro ed assicuri il diritto costituzionale e sociale alla mobilità. Significa, cioè, seguire la strada della cooperazione internazionale e non il protezionismo e l’oscurantismo politico e culturale che vorrebbero imporre».

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