Papa Francesco ha disposto la modifica del Catechismo della Chiesa cattolica per stabilire che la pena di morte, sinora non esclusa in termini assoluti, «è inammissibile perché attenta all’inviolabilità e dignità della persona». Una riformulazione che, spiega il prefetto della Congregazione della Dottrina della fede, il cardinale Luis Francisco Ladaria, «si situa in continuità con il Magistero precedente, portando avanti uno sviluppo coerente della dottrina cattolica».

Questa frase è stata pronunciata da Jorge Mario Bergoglio ad un incontro dello scorso ottobre in occasione dei 25 anni dalla promulgazione del nuovo Catechismo voluto da Giovanni Paolo II, durante il quale aveva preannunciato la sua intenzione di riformulare in questo punto il testo del Catechismo. E ora la Sala Stampa vaticana ha diffuso un rescritto che spiega che il Papa, in un’udienza concessa lo scorso 11 maggio al prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, il cardinale Francisco Ladaria, ha approvato la «nuova redazione del n. 2267 del Catechismo della Chiesa cattolica».

Questo il nuovo testo del paragrafo relativo alla pena di morte: «Per molto tempo il ricorso alla pena di morte da parte della legittima autorità, dopo un processo regolare, fu ritenuta una risposta adeguata alla gravità di alcuni delitti e un mezzo accettabile, anche se estremo, per la tutela del bene comune. Oggi è sempre più viva la consapevolezza che la dignità della persona non viene perduta neanche dopo aver commesso crimini gravissimi. Inoltre, si è diffusa una nuova comprensione del senso delle sanzioni penali da parte dello Stato. Infine, sono stati messi a punto sistemi di detenzione più efficaci, che garantiscono la doverosa difesa dei cittadini, ma, allo stesso tempo, non tolgono al reo in modo definitivo la possibilità di redimersi. Pertanto la Chiesa insegna, alla luce del Vangelo, che “la pena di morte è inammissibile perché attenta all’inviolabilità e dignità della persona”, e si impegna con determinazione per la sua abolizione in tutto il mondo». Il rescritto, firmato ieri e diramato oggi, dispone che il nuovo testo «venga tradotta nelle diverse lingue e inserita in tutte le edizioni del suddetto Catechismo».

La versione originale del Catechismo, al punto 2267, sanciva che «l’insegnamento tradizionale della Chiesa non esclude, supposto il pieno accertamento dell’identità e della responsabilità del colpevole, il ricorso alla pena di morte, quando questa fosse l’unica via praticabile per difendere efficacemente dall’aggressore ingiusto la vita di esseri umani. Se, invece, i mezzi incruenti sono sufficienti per difendere dall’aggressore e per proteggere la sicurezza delle persone, l’autorità si limiterà a questi mezzi, poiché essi sono meglio rispondenti alle condizioni concrete del bene comune e sono più conformi alla dignità della persona umana. Oggi, infatti, a seguito delle possibilità di cui lo Stato dispone per reprimere efficacemente il crimine rendendo inoffensivo colui che l’ha commesso, senza togliergli definitivamente la possibilità di redimersi, i casi di assoluta necessità di soppressione del reo “sono ormai molto rari, se non addirittura praticamente inesistenti”».

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In una lettera inviata a tutti i vescovi del mondo, il cardinale Ladaria spiega che se «la situazione politica e sociale di un tempo rendeva la pena di morte uno strumento accettabile per la tutela del bene comune, oggi la sempre più viva coscienza che la dignità di una persona non viene perduta neanche dopo aver commesso crimini gravissimi, l’approfondita comprensione del senso delle sanzioni penali applicate dallo Stato, e la messa a punto di sistemi di detenzione più efficaci che assicurano la doverosa difesa dei cittadini, hanno dato luogo ad una nuova consapevolezza che ne riconosce l’inammissibilità e perciò chiede la sua abolizione».

Si tratta, puntualizza il porporato a capo dell’ex Sant’Uffizio, di uno «sviluppo» nel quale «è di grande importanza l’insegnamento della Lettera enciclica Evangelium vitae di Giovanni Paolo II», che «annoverava tra i segni di speranza di una nuova civiltà della vita “la sempre più diffusa avversione dell’opinione pubblica alla pena di morte anche solo come strumento di “legittima difesa” sociale». Insegnamento poi recepito dal Catechismo, prosegue Ladaria, nel quale «la pena di morte non si presenta come una pena proporzionata alla gravità del delitto».

Dopo aver ricordato altri, successivi interventi di Karol Wojtyla contro la pena di morte (Messaggio natalizio del 1998 e viaggio negli Stati Uniti dello stesso anno), Ladaria ricorda come «la spinta ad impegnarsi per l’abolizione della pena di morte è continuata con i Pontefici successivi», e sottolinea, in particolare, che Benedetto XVI richiamava «l’attenzione dei responsabili della società sulla necessità di fare tutto il possibile per giungere all’eliminazione della pena capitale» e successivamente auspicò che l’impegno di un gruppo di fedeli incoraggiasse le iniziative «per eliminare la pena di morte». E «in questa stessa prospettiva», sottolinea Ladaria citando i relativi testi, Papa Francesco ha ribadito in diverse occasioni che la pena di morte è «inammissibile», «implica un trattamento crudele, disumano e degradante», va rifiutata «di fronte alla possibilità dell’errore giudiziario».

La nuova redazione «si situa in continuità con il Magistero precedente, portando avanti uno sviluppo coerente della dottrina cattolica» precisa Ladaria, ricordando che «resta in piedi il dovere della pubblica autorità di difendere la vita dei cittadini, come è stato sempre insegnato dal Magistero e come conferma il Catechismo della Chiesa Cattolica nei numeri 2265 e 2266». In questo senso «la nuova formulazione del n. 2267 del Catechismo esprime un autentico sviluppo della dottrina, che non è in contraddizione con gli insegnamenti anteriori del Magistero. Questi, infatti, possono spiegarsi alla luce della responsabilità primaria dell’autorità pubblica di tutelare il bene comune, in un contesto sociale in cui le sanzioni penali si comprendevano diversamente e avvenivano in un ambiente in cui era più difficile garantire che il criminale non potesse reiterare il suo crimine».

La nuova redazione, frutto di una consapevolezza cresciuta «alla luce del Vangelo», «vuole costituire una spinta a un deciso impegno, anche attraverso un rispettoso dialogo con le autorità politiche, affinché sia favorita una mentalità che riconosca la dignità di ogni vita umana e vengano create le condizioni che consentono di eliminare oggi l’istituto giuridico della pena di morte laddove è ancora in vigore».

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