Anche la procura di Roma si occuperà degli attacchi web al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, dietro i quali si sospetta l’azione di troll russi. La polizia postale, che sta indagando insieme ai servizi segreti, ha infatti già pronta l’informativa per l’azione della magistratura. A breve è quindi probabile l’apertura di un fascicolo per accertare varie possibili ipotesi di reato.

Dalle «ingerenze estere», all’«intelligenza con lo straniero contro l’autonomia dello Stato» e la «sostituzione di persona». L’obiettivo è verificare se esiste davvero una matrice russa, la stessa del Russiagate, dietro le migliaia di messaggi con insulti a Mattarella e inviti a dimettersi, durante la notte tra il 27 e il 28 maggio, dopo il suo «no» su Savona ministro dell’Economia. Twitter impazzì: si registrarono nel giro di pochissimi minuti circa 400 nuovi profili, tutti riconducibili a un’unica origine.

Si tratta forse della stessa regia di disturbo avvenuta durante la campagna elettorale americana? Gli autori dei profili sono forse quelli specializzati nella fabbricazione di troll, soggetti anonimi che sui social lanciano ad arte messaggi provocatori? Sulla vicenda indagheranno anche il Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, e l’Antiterrorismo. Lunedì è prevista l’audizione del direttore del Dis (Dipartimento delle informazioni per la sicurezza), Alessandro Pansa, e in quest’occasione i parlamentari che compongono il Comitato potranno chiedere informazioni e valutazioni. Va ricordato che anche nella precedente legislatura il Copasir aveva sollecitato i direttori dell’intelligence a riferire su possibili tentativi dall’estero di influenzare via web le competizioni elettorali italiane, senza che tuttavia fossero emerse evidenze.

Il caso del Presidente della Repubblica impegna i nostri investigatori e 007 in collaborazione con i colleghi americani. Finora non ci sono stati riscontri di un effettivo collegamento con la Internet Research Agency (Ira), la cosiddetta fabbrica di troll russi di via Savushkina 55 a San Pietroburgo, incriminata negli Stati Uniti con l’accusa di aver prodotto propaganda o disinformazione per interferire nelle elezioni americane a favore di Donald Trump. Ma il livello di attenzione è alto. Tanto più che smascherare gli autori di fake news o tweet al veleno non è semplice, come spiegano gli analisti, a meno che non vengano commessi gravi errori. Sul caso interviene anche il ministro dell’Interno, Matteo Salvini: «Da alcuni mesi leggo che i russi starebbero influenzando la Brexit, le elezioni americane, francesi, italiane...Secondo me sono solo fregnacce», dichiara.

Recentemente il sospetto di troll russi in azione ha riguardato anche il Referendum sulla Riforma costituzionale del 4 dicembre 2016, che ha segnato l’inizio della sconfitta elettorale dell’ex premier Matteo Renzi. La campagna online contro il «sì» al Referendum appartiene alla galassia dei 1.500 tweet contenenti da una parte il consueto repertorio di lodi a Vladimir Putin e attacchi a Hillary Clinton, dall’altra interventi più mirati al contesto politico nazionale. Compresi attacchi al Pd che hanno portato il Nazareno a chiedere una commissione d’inchiesta sulla vicenda. I dati sono stati resi disponibili sul sito Fivethirtyeight di Nate Silver, che ha pubblicato i nove vastissimi file Excel contenenti quasi 3 milioni di interventi su Twitter. Oltre a Renzi e al Giglio magico, è stato preso di mira anche l’ex ministro dell’Interno con il tweet: «Minniti è un ex comunista, loro sono abili nel mascherare».

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