Questa storia si svolge in Tanzania, a Ilembula, un villaggio della savana dove vive Mbaraka Sabiti Mpanye: musulmano, 68 anni, sposato (tre mogli) e padre di tredici figli, di cui due deceduti, è un agricoltore ed è responsabile della locale moschea e delle moschee (trenta) del distretto: negli ultimi 32 anni la popolazione lo ha eletto capo villaggio. Ilembula ha 8mila abitanti, in maggioranza luterani: i cattolici sono circa il 6% mentre i musulmani sono una esigua minoranza.

La buona intesa

«Tengo moltissimo alla buona convivenza tra tutti i cittadini. Per me la pace e l’intesa tra le persone sono fondamentali», dice Mbaraka. «L’islam è una religione che predica la pace. Senza una buona intesa tra tutti gli abitanti non può darsi alcun progresso. Qui a Ilembula le relazioni tra cristiani e musulmani sono molto buone. Ci frequentiamo, partecipiamo insieme a momenti di preghiera e alle riunioni nelle quali si affrontano i problemi del villaggio. Alcune famiglie sono composte da cristiani e musulmani, che vivono insieme nel rispetto reciproco. Personalmente ho ottimi rapporti con i cristiani: infatti, al pari dei musulmani, mi hanno sempre scelto come capo villaggio». Mbaraka conosce da tempo padre Tarcisio Moreschi: «Collaboriamo per migliorare la situazione del villaggio e ci salutiamo calorosamente quando ci incontriamo. È un’ottima persona».

L’evangelizzazione

Sacerdote fidei donum della diocesi di Brescia, 71 anni, padre Tarcisio – dopo aver trascorso 17 anni in Burundi e Zaire – dal 1993 vive in Tanzania nella diocesi di Njombe. Attualmente guida la parrocchia di Ilembula. Nel corso degli anni ha costruito oltre 60 chiesette: «Quando giunsi qui – racconta – mi resi conto che i cattolici vivevano sparpagliati nei villaggi, non formavano una comunità, quasi non si conoscevano fra loro. Decisi così di edificare, insieme a questi piccoli gruppi di fedeli, numerose chiesette, molto spartane, nei vari villaggi: per fare comunità la chiesa è indispensabile. Portare Cristo e fare comunità è sempre stato il mio obiettivo».

La piaga dell’Aids

All’attività pastorale padre Tarcisio ha affiancato la realizzazione di numerose opere in campo sociale, educativo, sanitario. Ha costruito due villaggi ciascuno dei quali è composto da dodici case famiglia che accolgono complessivamente oltre 200 bambini i cui genitori sono deceduti a causa dell’Aids, una malattia che in Tanzania miete un numero elevato di vittime. «Purtroppo in questo Paese gli orfani sono numerosi: nei due villaggi i bambini vivono insieme ad alcune educatrici e sono accuditi anche da un gruppo di suore: ci impegniamo per offrire loro il calore, la sicurezza, l’affetto di una famiglia affinché possano crescere sereni e avere un futuro buono. Inoltre, poiché gli adulti malati di Aids sono nella maggior parte dei casi prostrati al punto da non poter più lavorare e mantenere le famiglie, li sosteniamo in vari modi: ad esempio, consegniamo loro pacchi viveri con l’essenziale per il sostentamento e assicuriamo un aiuto economico per far fronte alle spese per le cure (in Tanzania molte cure sono a pagamento)».

I disabili

Oltre a pozzi, scuole e un grande ospedale, ora affidato alle suore benedettine, padre Tarcisio ha costruito un centro di riabilitazione per disabili, da lui gestito insieme ad alcuni membri della comunità di Capodarco. Qui sono accolti ogni settimana una ventina di ragazzi e alcuni adulti che necessitano di cure riabilitative e di ginnastica rieducativa. Attualmente l’obiettivo è ampliare la struttura poiché i posti a disposizione non sono più sufficienti a far fronte alle numerosissime richieste di assistenza. Questo è infatti l’unico centro della zona a prendersi cura dei disabili.

Rapporti sereni

«Nelle diverse opere che ho via via realizzato lavorano persone cristiane e musulmane», dice padre Tarcisio: «Vi è collaborazione tra loro, non sono mai sorti problemi, la religione non è motivo di divisione. I rapporti sono cordiali e sereni, così come lo sono, più in generale, a Ilembula e nei villaggi limitrofi. Si vive insieme nel rispetto reciproco. Alcuni anni fa giunsero in questa zona predicatori musulmani stranieri che cercarono di seminare zizzania tra le due comunità di fedeli ma non riuscirono nel loro intento: dicemmo loro chiaramente che era sbagliato minare la pace e la concordia per motivi religiosi. Da allora non vi sono stati più problemi».

Convivenza molto buona

La Tanzania (la cui superficie è tre volte quella dell’Italia) ha 46 milioni di abitanti: un terzo sono cristiani (cattolici e luterani), un terzo musulmani (residenti soprattutto nelle città della costa e lungo le antiche vie carovaniere) e un terzo animisti. In passato, riferisce padre Tarcisio, si sono registrati alcuni screzi e tensioni tra cristiani e musulmani, ma «il governo è intervenuto prontamente per riportare la pace e dare regole precise e ormai da tempo la convivenza è molto buona. L’attuale presidente sprona costantemente la popolazione a impegnarsi nel lavoro per far progredire il Paese e coinvolge tutti nella ricerca delle migliori soluzioni ai problemi che affliggono la Tanzania». Mbaraka si dice convinto che questa felice intesa tra tutti i cittadini sia frutto della politica del padre della patria, Julius Nyerere, il primo presidente della repubblica: «Per lui esistevano solo tanzaniani: diceva sempre che le differenze tribali e religiose dovevano restare confinate nel privato e non interferire in alcun modo nella gestione dello Stato».

Il giudizio a Dio

Le persone sinceramente religiose (di religioni diverse) che vivono e lavorano insieme in pace, prosegue Mbaraka, «devono insegnare al mondo la concordia, l’amore e una condotta onesta lasciando a Dio il giudizio sulla rettitudine di ciascuno. Così come a Dio va lasciato il giudizio definitivo sulla vita di ogni essere umano». Conclude padre Tarcisio: «Ogni religione predica l’amore e la buona intesa fra le persone. Purtroppo alcuni si allontanano dal pensiero autentico delle religioni. Chi fonda la propria fede sul rapporto di amore con Dio non può non amare il prossimo».

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