«L’umanità e i popoli della regione sono stati sacrificati, e lo sono tuttora, a favore degli interessi stranieri». «Ripetiamo a tutti, soprattutto ai politici, che il miglior aiuto da dare ai nostri fedeli è quello di permettere loro di restare a casa loro, nei loro Paesi, di non suscitare disordini politici e le varie forme di violenza che li costringono a emigrare». Un appello vigoroso quello contenuto nella lettera pastorale del Consiglio dei patriarchi cattolici d’Oriente (Cpco), pubblicata il 20 maggio scorso ed elaborata durante la riunione del 9-11 agosto 2017 nei pressi di Beirut, in Libano.

Il documento, intitolato “I Cristiani d’Oriente oggi, timori e speranze”, è stato rilanciato ieri dal sito ufficiale del Patriarcato latino di Gerusalemme. In esso i sette capi delle Chiese orientali cattoliche fanno il punto sui drammatici cambiamenti e le violenze che hanno coinvolto cristiani e musulmani in buona parte dei Paesi arabi, spingendo molti di loro a lasciare le proprie case. «I nostri Paesi - si legge - sono in cammino verso una stabilità non ancora realizzata. Dall’esterno e dall’interno ci sono state imposte delle guerre. E il nostro futuro rimane ignoto. Continuiamo a soffrire per la povertà, la corruzione, la limitazione delle libertà, il confessionalismo e le guerre. Tutto questo dovrebbe essere già stato superato. Il male e la corruzione devono cessare».

In particolare i firmatari puntano il dito contro l’Occidente, parlando di una vera e propria «politica di distruzione in Medio Oriente, guidata dall’Occidente». «Quasi tutti i nostri Paesi sono passati per una fase di distruzione dovuta a forze interne, ma sostenute o pianificate anche da forze esterne», si legge, «in Occidente esistono popoli buoni e amici, civiltà antiche ma esistono anche responsabili politici che prendono decisioni, che riguardano il Medio Oriente e tutti i nostri Paesi, basate sui loro interessi economici e strategici a spese degli interessi dei nostri Paesi».

Questo, affermano i patriarchi, «è cominciato con la distruzione dell’Iraq e poi della Siria, e con l’indebolimento dell’Egitto. La Giordania e il Libano vivono sotto una minaccia permanente. Si sono creati dei conflitti o delle alleanze nello Yemen, nel Bahrein, in Arabia Saudita e nei paesi del Golfo. E si sta preparando una guerra contro l’Iran. Ecco la realtà nella quale viviamo attualmente». Le dirette conseguenze sono la morte e l’emigrazione forzata «di milioni di persone dai nostri paesi, compresi i cristiani», senza dimenticare «il terrorismo che si è stabilito nei nostri Paesi, prima di rivolgersi contro quello stesso Occidente che lo ha partorito».

«Il terrorismo - scrivono i capi delle Chiese orientali - è nato perché coloro che fanno la politica in Occidente sono ricorsi a esso come strumento efficace per cambiare il volto dell’Oriente. Con i loro alleati, nella regione, hanno creato lo Stato islamico, con materiale umano locale, sfruttando l’estremismo religioso esistente e una comprensione deformata della religione. In altri termini hanno colpito le persone attraverso la loro propria religione. Con l’Isis il terrorismo religioso ha raggiunto i limiti estremi della crudeltà e della disumanità».

Non manca nella lettera pastorale un appello ai governanti a non cercare «il proprio interesse personale» ma ad «ascoltare la voce dei poveri». Un buon governante è quello che sradica la povertà» che «è un segno della noncuranza o dell’incapacità dell’autorità», evidenziano i patriarchi. Ricordano quindi la vocazione di ogni governo: «un servizio reso alla comunità» che «esige uno sforzo per migliorare le sue condizioni di vita. Il suo scopo è quello di assicurare a ogni cittadino una vita degna e libera, a livello sia materiale, sia spirituale, sia sul piano delle libertà». «Siamo in grado di raggiungere tutto questo. Ma ne siamo ancora molto lontani».

Questo atteggiamento coinvolge anche la religione: «Tutto l’Oriente, cristiano o musulmano o druso, è religioso. La religione è presente, ma spesso Dio non è presente. Si è religiosi, si va in chiesa o in moschea, ma si trascura il povero che è creatura e figlio di Dio», rimarcano i leader religiosi. «Le elemosine sono certamente frequenti. Alcuni costruiscono anche una chiesa o una moschea. I nostri Paesi e le nostre società, dove esistono molte ricchezze e molti poveri al tempo stesso, hanno bisogno di ben più di questo. Non hanno bisogno solo di elemosine, ma di giustizia sociale, di un’economia giusta che assicuri la dignità umana a ognuno. Hanno bisogno di sistemi e di piani economici in grado di distribuire e organizzare le ricchezze della nazione, e anche degli individui, affinché nessun abitante resti nel bisogno».

Il documento si conclude, infine, con una promessa: «Oggi molte persone stanno scommettendo sulla nostra scomparsa o sulla drastica diminuzione della nostra presenza in Medio Oriente - si legge -. In virtù della nostra in fede, proclamiamo che i cristiani rimarranno nel Medio Oriente a annunciare il Vangelo di Nostro Signore Gesù Cristo, e a testimoniare la sua gloriosa risurrezione. Anche se dovessimo rimanere in pochi come “il sale, la luce e il lievito”».

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