Pur se il titolo M strizza l’occhio al capolavoro di Fritz Lang, la M del denso documentario di Yolande Zauberman, in concorso a Locarno, sta per il protagonista Menahem Lang, attore e interprete di canti liturgici che l’aveva colpita a suo tempo per la padronanza dell’yiddish, lingua a lei cara essendo di famiglia askenazita. Una vitalità sopra le righe, gli occhi accesi e una sincerità disarmante, Menahem da piccolo ha subìto abusi da parte di adulti della comunità ultraortodossa di Bnei Brak in cui è cresciuto. Trasferitosi a Tel Aviv, ha denunciato senza esito la cosa; ed è solo dopo 15 anni di assenza dalla sua città che si è deciso a intraprendere con la Zauberman un viaggio terapeutico sui luoghi del traumatico passato.

Un’esperienza che si è rivelata magica: la regista si è innamorata di quel mondo traboccante di umori e contraddizioni, mentre sulla forza trascinante di Menahem, molti hanno accettato di venire allo scoperto. «E’ stata un’ enorme fortuna – spiega Yolande – entrare a Bnei Brak sul viatico di una ferita non rimarginata. E’ un microcosmo chiuso finché non si parla, ma se si parla si va fino in fondo. Lì non ci sono filtri, niente internet, niente social media: quando si apre il cuore si procede diretti e la dialettica morale è fortissima. Quella della pedofilia è una piaga universale, in Francia riguarda un bimbo ogni cinque, ma a me non interessavano le statistiche, non mi interessava un film sulle vittime. Mi interessava confrontarmi con le ambivalenze all’interno di una società come dell’animo umano. Man mano che si rompeva il silenzio della vergogna uscivano fuori tutte le paure – la paura del ‘circolo vizioso’, se sei stato violentato ti trasformerai in un violentatore; la paura di non trovare la via di una sessualità normale – e si procedeva verso la luce, verso la riconciliazione». Non pensa che M possa provocare timore di scandalo? «Credo sia un film taumaturgico. Kafka ha scritto ‘Io sto tra la mia gente con il coltello per aggredirla, io sto tra la mia gente con il coltello per proteggerla’. Ecco, questo film è il mio coltello».