Catena di solidarietà da Novara per Foggia, dove ha perso la vita un migrante di 23 anni che aveva abitato in città sino a dieci giorni fa. Alì Dembele, del Mali, è uno dei braccianti morti nel primo dei due incidenti in Puglia sui furgoni dei pomodori. Aveva iniziato il lavoro nei campi solo pochi giorni prima, e contava di trascorrere l’estate nel Foggiano e poi tornare a Novara con un piccolo gruzzolo per ricominciare. Qui c’erano i suoi amici e la squadra del cuore, l’Africa United, la compagine di giovani di colore dove Alì era difensore.

Papà del Mali, madre del Congo, Alì era in Italia da due anni dopo avere affrontato la solita trafila: viaggio nel deserto tra mille peripezie, qualche mese in Libia tra un lavoro saltuario e la ricerca di un imbarco e poi l’arrivo in Sicilia.

A Novara l’avevano indirizzato dei compagni di viaggio, gli avevano raccomandato la città perché è accogliente.

Prima aveva abitato a Sant’Agabio, poi aveva cercato di trovare un lavoro stabile, senza fortuna: «Aveva lavorato nelle cucine di alcuni ristoranti, gli avevano promesso uno stipendio sicuro - racconta l’amico Mamadou Traore - e intanto lui continuava a sperare. Alla fine, anziché i 1.500 euro che gli spettavano ne ha ricevuti solo 300 e si è demoralizzato». Nell’ultimo periodo dormiva in alloggi di fortuna o vicino alla stazione, dove trovava un rifugio. Aveva anche pensato di trasferirsi in Francia, dove abitano dei parenti, ma quello a Parigi era stato un viaggio rapido di andata e ritorno: «In Francia non aveva trovato quello che cercava - racconta Mohamed, un altro amico di Alì - e poi aveva nostalgia di Novara. Qui c’era la sua squadra, l’Africa United, lui non ha mai saltato una gara, ci teneva tantissimo a giocare e a vincere. Era difensore, ma si spingeva sempre avanti, cercava di segnare. Era un trascinatore».

Sabato scorso Alì aveva telefonato a Novara, a Mamadou, per sapere il risultato dell’Africa United: «Da una parte era contento per avere trovato un lavoro - racconta l’amico - dall’altra voleva sapere com’era andata la partita. Alì era così, sorridente, si accontentava di poco, era felice di stare a Novara, e da Foggia mi diceva che non vedeva l’ora di tornare e trovare poi qui una sistemazione». Un carattere generoso quello del giovane migrante, che aveva dato una mano anche all’associazione delle famiglie numerose: «Era venuto da noi - dice Tino Zampogna - e si era reso disponibile a dare una mano».

A Novara qualche volta era andato in via Canobio, dalle suore, a ritirare qualche borsa alimentare e un pasto caldo: «Ogni giorno - dice suor Giuse Marzagalli, che dirige l’istituto - abbiamo circa 80 persone che vengono da noi a cercare un po’ di aiuto. Questo dramma deve fare riflettere tutta la città». Intanto fra gli amici di Alì e nella comunità islamica di cui faceva parte - il giovane era molto credente e frequentava la moschea - è iniziata una raccolta di fondi per contribuire all’organizzazione del funerale: la salma da Foggia verrà trasferita in Africa.

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