A Cori, in provincia di Latina, la settimana comunitaria di riflessione e condivisione che da sei anni punta a coinvolgere amici della comunità e persone interessate dall’Italia e dall’estero, proprio come avveniva a Mar Musa, quest’anno si occuperà della figura di Cristo nelle due tradizioni, evangelica e coranica. È stata una studentessa musulmana, Jamila, a proporre che si parlasse di Gesù. Jamila, franco-tunisina, ha saputo di “Porte Aperte” dalla sua amica Wafa, che stava scrivendo una tesi sulla teologia del dialogo di padre Dall’Oglio, fondatore della comunità di Mar Musa. 

 

Nella chiesa di San Salvatore, davanti al bellissimo affresco della circoncisione di Gesù, è quasi tutto pronto, nonostante che l'edificio sacro abbia ancora bisogno di tanti restauri. Ultimo problema è quello di facilitare l’accesso, che normalmente avverrebbe tramite dei gradini molto alti, a padre Jacques Mourad. Cofondatore della comunità monastica, il quale da anni soffre di mal di schiena, e il sequestro in Siria non ha certo migliorato le sue condizioni. I mesi di detenzione, le frustate subite immotivatamente, la fuga rocambolesca in motocicletta attraverso il deserto per essere portato in salvo a tutta velocità da un amico musulmano, non potevano passare senza conseguenze e così quest’anno ha dovuto operarsi alla colonna vertebrale, e la convalescenza ha i suoi tempi, allungati dal fatto che fisioterapisti ad agosto non è proprio facilissimo trovarne in un piccolo centro. 

 

Ma il 24 pomeriggio padre Jacques nella chiesa di San Salvatore ci entrerà di sicuro. «Sarà molto importante per me sentire cosa avranno da dire su Cristo tante persone tra le quali musulmani italiani, francesi, belgi, marocchini e altri ancora. In particolare aspetto con curiosità le riflessioni di Adnane Mokrani». Primo docente musulmano a insegnare in università pontificie, quali la Gregoriana e il Pisai, Mokrani è solo uno dei nomi noti in Italia che parteciperà a questo colloquio nel quale non sono previste relazioni, lezioni, ma parole da condividere.

Con lui ci saranno la giovane Jamila, l’imam di Trieste, Nader Akkad, e tanti altri; tanti nei limiti dell’accoglienza possibile a Cori, dove i monaci hanno già prenotato tutte le stanze dei Bed and Breakfast presenti. «Riceviamo ancora tante telefonate, -racconta suor Carol-, e la gente che non ci conosce da tempo chiede quale sia la quota, ma qui non c’è quota. Ognuno dà quel che vuole, quel che può. In questa settimana vogliamo vivere insieme, come a Mar Musa, nel ritmo della preghiera, del lavoro manuale e dell’apertura del cuore all’altro, condividendo anche le nostre domande e riflessioni personali attorno alla nostra esperienza spirituale con Cristo. E Cristo è un mistero presente anche nell’Islam». Si faranno anche due gite, per visite non distanti, come quella al Palazzo dei Papi ad Anagni.

 

L’anno scorso a Cori le porte erano aperte a tutti per parlare di Adamo, quest’anno si farà come richiesto da Jamila, confrontandosi su Gesù. Certo la prospettiva islamica non può essere ridotta ai concetti che spesso si citano in modo un po’ rudimentale e cioè che il Corano riconosce Gesù come Profeta, non come figlio di Dio. Questo è noto, ma c’è molto altro. «Gesù- osserva padre Mourad - oltre che Profeta, nella tradizione musulmana è colui che tornerà alla fine dei tempi, per giudicare. Nel Corano il suo nome viene associato alla “parola di Dio” e allo “spirito di Dio”. “Parola di Dio”, “Spirito di Dio”, sono proprio questi i termini che si ritrovano nel libro sacro dei musulmani, non soltanto nella sura di Maria: per me sarà molto importante sentire le percezioni, le riflessioni dei nostri amici musulmani al riguardo».

 

Prodotto del disastro siriano, l’idea di portare anche in Italia lo spirito di Mar Musa, condivisa e sostenuta dalla diocesi, è rilevante, non soltanto per il valore ecclesiale del titolo “Porte Aperte”, ma anche per affrontare gli sviluppi dell’oggi. Basta passare per la grande piazza d’acceso a questo piccolo borgo e vedervi alcuni immigrati senza molto da fare, senza relazioni, rapporti. È il problema di tanti piccoli centri, di tante persone accolte ma in molti casi senza un meccanismo di integrazione adeguato. Considerare l’amicizia un volano di integrazione reale sarebbe importante.

 

Che non serva essere uguali per diventare amici padre Jacques lo dice da quando incontrò padre Paolo Dall’Oglio, quell’uomo da origini, modi e carattere così diversi dai suoi, e che lui oggi chiama «mio fratello». Per cominciare un’amicizia parlando di Cristo chi voglia andare a Cori anche senza una stanza per fermarsi tutta la settimana, ma pensando a fermarsi solo un giorno, «sarà il benvenuto, un dono come tutti gli amici», conclude padre Jacques.

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