Non è forse quel «dream team» promesso il nuovo governo presentato dal neo primo ministro del Pakistan Imran Khan, l’ex giocatore di cricket che, alla guida del Pakistan Tehreek-e-Insaf (Movimento per la Giustizia del Pakistan), ha vinto le elezioni nel luglio scorso nella «terra dei puri». Nelle opinioni dei leader delle minoranze religiose, ma anche di intellettuali e commentatori dei mass media, di diversa cultura e religione, non si nasconde una certa delusione, soprattutto perchè Imran Khan, nella scelta dei suoi 21 ministri, sembra aver badato più a includere col bilancino esponenti di regioni, correnti, lobby e partiti alleati, piuttosto che compiere qualche scelta coraggiosa, per costruire il «nuovo Pakistan» che ha annunciato nel primo discorso alla nazione.

«Sembra aver scelto i suoi collaboratori indipendentemente dalle loro capacità e competenze», rimarca a Vatican Insider Mian Abrar Hussain, analista politico musulmano, editorialista del quotidiano Pakistan today, che non nasconde alcune perplessità. Mian mette il dito su un punto che ha scontentato molti gruppi non musulmani: «La nuova squadra di governo non include nessun membro proveniente dalle minoranze religiose: né un indù, né un cristiano o un parsi». Non c’è un dicastero per le minoranze (come ai tempi del Pakistan People’s Party del cattolico Shahbaz Bhatti) , mentre anche il portafoglio per l’armonia interreligiosa è stato affidato a un politico musulmano.

Quel che manca, poi, è anche una componente giovanile, che invece si sperava potesse essere inclusa nella compagine, per dare nuovo smalto all’azione di un esecutivo presentatosi come portatore di novità e di un futuro prospero: «Gli elettori si aspettavano che il Premier chiamasse i giovani leader del suo partito a presiedere alcuni ministeri, per contribuire a trasformare in realtà il sogno del nuovo Pakistan», nota Mian.

Se anche la componente femminile sembra trascurata (tre le donne incaricate), a una donna, la Shireen Mazari, è stata affidata la guida di un dicastero che potrà promuovere la condizione delle donne e dei gruppi più vulnerabili: quello per i Diritti umani. Un altro dicastero-chiave a tal riguardo, quello per l’Istruzione, è appannaggio di Shafqat Mehmood , un ex burocrate che dovrà occuparsi anche della formazione professionale e della storia nazionale e del patrimonio letterario.

D’altro canto, se nella società civile serpeggia una certa delusione per le alte aspettative riposte nel nuovo governo, vi sono alcuni elementi di indubbio ottimismo, nota a Vatican Insider James Channan, religioso domenicano responsabile del Peace Center a Lahore, un centro impegnato nel promuovere il dialogo interreligioso e i diritti umani: «È interessante constatare che i partiti religiosi non hanno ottenuto in Parlamento un numero significativo di seggi. L’alleanza dei partiti religiosi chiamata Mutahida Majlas-e-Amal (Mma) ha conseguito solo 12 seggi. Ciò dà grande sollievo a tutti quei cittadini che credono e promuovono valori democratici, liberali e rispettosi della dignità e dei diritti di tutti. Questo è un chiaro segno che la nazione pakistana, nel suo complesso, ha respinto i partiti estremisti e l’approccio dei fondamentalisti. Il governo nella sua azione politica potrà tenerne conto».

«Come cristiani pakistani – prosegue Channan – osserviamo gli sviluppi del nuovo governo e restiamo fiduciosi. Prima delle elezioni generali, circolavano timori sul partito di Imran Khan: si temeva potesse essere favorevole alla sharia o che potesse dare spazio agli estremisti. Alcuni membri delle minoranze religiose tuttora esprimono riserve su di lui. Ma il leader ha chiarito nei suoi discorsi che le minoranze di Pakistan, cristiani e indù, ahmadi e altri, non hanno ragione di temere. Ha citato come modello e fonte di ispirazione il Pakistan di Muhammad Ali Jinnah, il fondatore della nazione, affermando che tutti i cittadini saranno trattati con uguaglianza e che non ci sarà discriminazione in nome della religione», rileva.

Il Sacerdote domenicano tocca un altro punto che i cristiani ritengono dirimente e su cui saranno misurate le intenzioni del governo: «Imran Khan ha parlato pubblicamente della controversa legge sulla blasfemia e ha assicurato che si impegnerà perchè non sia usata impropriamente. Ha detto che tale legge non è necessaria in Pakistan e che quanti sono falsamente accusati dovrebbero essere rilasciati: ciò ha creato sollievo e speranza tra le minoranze religiose».

Channan lascia un’apertura di credito al nuovo esecutivo: «Sarà il tempo a mostrare fino a che punto Imran Kahn rimarrà fedele alle sue affermazioni di garantire uguali diritti a tutti i cittadini del Pakistan e di ricreare il Pakistan di Ali Jinnah, non quello del dittatore Zia ul-haq. Se agirà in base a ciò che ha detto, ci sarà un miglioramento per la vita e la sicurezza dei cittadini non musulmani. Attendiamo di vedere e capire le politiche del suo governo, sperando che possano giovare all’intera nazione».

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