«Ci si può domandare: è possibile prendere su di sé il nome di Dio in maniera ipocrita, come una formalità, a vuoto? La risposta purtroppo è positiva: sì, è possibile. Si può vivere una relazione falsa con Dio»: Papa Francesco prosegue le catechesi sul Decalogo biblico e, a proposito del secondo comandamento, «Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio», esorta i fedeli presenti all’udienza generale a non vivere la fede con «ipocrisia», a non pregare «a pappagallo», e di non seguire i dottori della legge dell’epoca di Gesù che «parlavano di Dio ma non facevano la sua volontà», ma, al contrario, a «vivere le nostre azioni quotidiane in comunione sentita e reale con Dio, cioè nel suo amore», guardando al modello dei «santi della porta accanto» che sono, ad esempio, «tanti genitori che danno ai figli l’esempio di una vita coerente, semplice, onesta e generosa». Il Papa ha espresso il suo cordoglio, a fine udienza, per gli escursionisti italiani morti in Calabria per la piena del torrente Raganello.

 

La versione «Non pronuncerai», ha spiegato Francesco in aula Paolo VI, «traduce un’espressione che significa letteralmente, in ebraico come in greco, “non prenderai su di te, non ti farai carico”», l’espressione «invano» «è più chiara e vuol dire: “a vuoto, vanamente”: fa riferimento a un involucro vuoto, a una forma priva di contenuto. È la caratteristica dell’ipocrisia, del formalismo e della menzogna. Usare le parole o usare il nome Dio in modo vuoto, senza verità», ha detto il Papa, che ha spiegato come «prendere su di sé il nome di Dio» richiami i cristiani a ricordare «che siamo battezzati “nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”, come affermiamo ogni volta che facciamo su noi stessi il segno della croce, per vivere le nostre azioni quotidiane in comunione sentita e reale con Dio, cioè nel suo amore».

 

«Ci si può domandare: è possibile prendere su di sé il nome di Dio in maniera ipocrita, come una formalità, a vuoto?», ha domandato il Papa. «La risposta purtroppo è positiva: sì, è possibile. Si può vivere una relazione falsa con Dio. Gesù lo diceva di quei dottori della legge, loro facevano le cose ma non facevano quel che Dio voleva, parlavano di Dio ma non facevano la sua volontà e la risposta di Gesù era: fate quel che dicono ma non quel che fanno. E questa Parola del Decalogo è proprio l’invito a un rapporto con Dio senza ipocrisie, a una relazione in cui ci affidiamo a lui con tutto quello che siamo. In fondo, fino al giorno in cui non rischiamo l’esistenza con il Signore, toccando con mano che in Lui si trova la vita, facciamo solo teorie». 

 

Questo, ha detto ancora il Papa, «è il cristianesimo che tocca il cuore: incontrare con Dio realtà. Perché i santi sono così capaci di toccare il cuore? Perché i santi non solo parlano ma muovono il cuore. Nei santi vediamo quello che il nostro cuore profondamente desidera: autenticità, relazioni vere, radicalità. E questo si vede anche in quei “santi della porta accanto” che sono, ad esempio, tanti genitori che danno ai figli l’esempio di una vita coerente, semplice, onesta e generosa. Se si moltiplicano i cristiani che prendono su di sé il nome di Dio senza falsità – praticando così la prima domanda del Padre Nostro, «sia santificato il tuo nome» – l’annuncio della Chiesa viene più ascoltato e risulta più credibile». Una vita che concretamente manifesta il nome di Dio «non è ipocrisia, non è pregare come un pappagallo ma col cuore». 

 

Nel corso della catechesi, il Papa ha tenuto a ribadire, come ha già fatto più volte durante le udienze generali, che è necessario insegnare ai bambini «a fare il segno della croce ben fatto. Avete visto come la fanno i bambini? Fanno una cosa che non sanno cosa è», ha proseguito mimando un gesto scomposto. «Non sanno fare il segno della croce. È il primo atto di fede del bambino, insegnatelo, è il compito a casa che vi do».

 

Nel salutare i pellegrini di lingua italiana, a fine udienza, il Papa ha rivolto il proprio pensiero «alla tragedia, avvenuta nei giorni scorsi in Calabria nei pressi del torrente Raganello, dove hanno perso la vita escursionisti provenienti da varie Regioni d’Italia. Mentre affido alla bontà misericordiosa di Dio quanti sono drammaticamente scomparsi – ha detto – esprimo la mia spirituale vicinanza ai loro familiari, come anche ai feriti». Jorge Mario Bergoglio ha concluso chiedendo ai fedeli preghiere «affinché il prossimo viaggio a Dublino, il 25 e 26 agosto prossimi, in occasione dell’Incontro Mondiale delle Famiglie, sia un momento di grazia e di ascolto della voce delle famiglie cristiane di tutto il mondo».

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