Un bambino decapitato e altri quindici che rischiano di fare la stessa fine se l’esercito di Bashar al-Assad non sospenderà l’offensiva contro l’ultima sacca dell’Isis. La notizia dell’ultimo orrore dei seguaci del califfo Abu Bakr al-Baghdadi è stata data dai famigliari a una ong occidentale, Human Rights Watch. I jihadisti usano i minori sequestrati, assieme a 15 adulti, come «merce di scambio» nei negoziati con il governo siriano e la Russia, un «crimine di guerra».

I bambini hanno fra i 7 e i 15 anni e sono stati rapiti il 25 luglio scorso durante un attacco a sorpresa contro la città a maggioranza drusa di Sweida, nella Siria meridionale, fino ad allora rimasta fuori dalla guerra civile. Autobombe e kamikaze avevano fatto oltre 250 vittime in un mercato nel centro e ad alcuni check-point controllati dall’esercito e da milizie alleate. In un villaggio vicino invece gli islamisti avevano catturato decine di civili. Alcuni erano stati liberati dalla controffensiva delle forze armate ma altri erano stati portati con sé dai combattenti dell’Isis in ritirata verso il Jabal Durus, la Montagna Drusa che sovrasta Sweida e si estende nel deserto siriano vicino al confine con la Giordania.

La minoranza drusa

Damasco ha dovuto allora cambiare i suoi piani e organizzare una campagna estiva contro le ultime sacche dell’Isis. C’è anche un motivo politico: i drusi sono rimasti neutrali durante la guerra civile e hanno evitato di farsi tirare in mezzo. L’attacco dell’Isis aveva come scopo anche dimostrare che il governo non era in grado di difenderli e che non si curava della loro sicurezza. Per questo è importante per il regime liquidare i jihadisti e mettere al riparo la comunità drusa, per evitare malcontento. Ma la presenza degli ostaggi ostacola l’operazione. Secondo le informazioni raccolte da Hrw, una donna è morta subito il sequestro, altre due sono riuscite a fuggire, ma poi i terroristi hanno decapitato uno dei bambini, come monito.

Le ultime decapitazioni

I famigliari hanno creato un comitato per le trattative, per cercare di sbloccare la situazione prima che sia troppo tardi. L’offensiva governativa ha infatti chiuso i jihadisti in un’area ristretta, attorno a un antico vulcano spento, un territorio impervio che l’Isis ha fortificato con tunnel e trincee. I terroristi chiedono di poter ritirarsi verso Est, nella provincia di Deir ez-Zour, dove controllano ancora alcune frange di territorio. La notizia della decapitazione ha però aggiunto orrore all’orrore e richiamato alla mente il 2015, quando a Raqqa, capitale del Califfato allora all’apice della potenza, gli ostaggi occidentali venivano sgozzati uno dopo l’altro dalla banda dei Beatles, quattro jihadisti di origine britannica.

Il ritmo delle esecuzioni si è poi rallentato per mancanza di ostaggi e perché l’Isis è stato costretto sulla difensiva, poi sconfitto a Mosul e nella stessa Raqqa. Ma quest’anno è tornato a colpire con sempre maggior frequenza, in Siria e in Iraq. A febbraio scorso tre miliziani sciiti delle Hashd al-Shaabi sono stati catturati e poi decapitati nella zona tra la province di Kirkuk e Diyala. A giugno altri otto militari sono stati sequestrati e uccisi, alcuni sgozzati. Il governo di Baghdad ha reagito con l’esecuzione di 12 detenuti islamisti già condannati a morte. L’Isis, oltre a ucciderli, ha usato i bambini anche come carnefici. L’ultimo video di decapitazioni, diffuso un anno fa, mostrava quattro minori che uccidevano presunte “spie russe e turche”, nel Nord dell’Iraq.

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