Si sa: Matteo Salvini è in campagna elettorale permanente. Ieri ha iniziato quella delle Europee di maggio. Primo spot, l’incontro a Milano, in Prefettura, con il premier ungherese Viktor Orban, l’uomo nero dell’Europa. Ed è stato subito un evento mediatico, con decine di accreditati, perfino la tivù giapponese, mezza Milano blindata e l’ulteriore pubblicità dalla concomitante manifestazione di protesta della sinistra boldriniana nella vicina piazza San Babila (storicamente, però, di destra pure questa). Dopo un’oretta di colloquio, ovviamente costruttivo e cordiale, la conferenza stampa congiunta è stata un lungo scambio di complimenti. Orban dice che Salvini «è il suo eroe e da lui dipende la sicurezza dell’Europa» e Matteo replica che l’«amico Viktor» è un «punto fermo» per il continente. Poi Viktor assicura che lui e Salvini «sono compagni di destino» e Matteo chiosa: «Solo politicamente, però». E, sempre Orban, «Salvini in Ungheria è popolarissimo e se si candidasse vincerebbe le elezioni».

Dal caso Ppe ai migranti

Minuetti, anzi czarde a parte, l’Ungheria continuerà però a non prendersi nemmeno uno dei migranti che l’Italia vorrebbe spedire in Europa. Né Orban lascerà il Ppe, «sono leale a Berlusconi e l’ho informato di questa visita», ma in realtà vuole conquistarlo e spostarlo a destra: «È in corso un dibattito sull’immigrazione nel quale spero prevalgano le nostre tesi». Il no netto all’immigrazione è il vero punto d’incontro. E permette ai due di glissare sull’altro no, quello a ogni ridistribuzione dei migranti dei Paesi del Gruppo di Visegrad. La tesi di Orban è semplice: non bisogna trasferire i profughi, ma impedire loro di entrare. Lui l’ha fatto alzando i famosi muri: «L’Ungheria ha dimostrato che l’immigrazione può essere fermata, sia sul piano giuridico che sul piano fisico. Grazie a Salvini, l’Italia sta facendo lo stesso nel Mediterraneo. Adesso si tratta di dimostrare che è possibile anche rimandare a casa gli immigrati».

La sfida europea

In comune, i due hanno anche il nemico, «l’élite europea finanziata da Soros e rappresentata da Macron - e questo è Salvini - sempre bravo a dare lezioni, ma cui chiedo di riaprire il confine di Ventimiglia. Se arrivasse questo esempio, anche i Paesi di Visegrad potrebbero seguirlo». Intanto però l’Europa c’è, e Salvini spiega che le trattative con i tedeschi per riportare i migranti «secondari» nei Paesi dove sono arrivati (leggi l’Italia) sono in corso, ma che per Roma possono solo essere a saldo zero: «Tanti ne tornano, tanti ne partono». La vera partita, è chiaro, si giocherà alle elezioni europee. I sondaggi sorridono ai sovranisti, e loro già pregustano la vittoria: «Molte cose cambieranno - giura Orban -. Avremo una nuova Commissione e un nuovo Parlamento che si impegneranno nella difesa dei confini europei. Le alleanze si faranno dopo il voto». Salvini è più enfatico: «Escluderemo la sinistra dal potere, sarà una svolta storica a livello continentale».

“Ognuno fa la sua parte”

Intanto conferma che Tria è in Cina a «cercare sostegno fuori dai confini Ue» per il previsto autunno caldo dei mercati, mentre lui, annuncia, andrà in Nordafrica, Israele e Russia perché «vogliamo avere buoni rapporti con tutti e una politica estera a 360 gradi» (occhio, però, che dopo un giro di 360 gradi si torna al punto di partenza). E gli alleati di governo che dicono? «Ci sentiamo, ma non ho bisogno di permessi. Ognuno fa la sua parte». A proposito: l’amico Viktor è un modello anche dal punto di vista economico: «La crescita ungherese è del 4%, la disoccupazione inferiore al 3,5, la flat tax del 15 % per le persone fisiche e del 9,5 per le imprese. La dimostrazione che un Paese cresce investendo e non tagliando». Però nel colloquio Orban gli ha spiegato che «io non ho i sindacati italiani», sic. Nell’attesa di applicare anche qui il keynesismo all’ungherese, ancora strette di mano, sorrisi e complimenti: «Il popolo italiano è un grande popolo, l’Italia è molto più forte di quanto voi stessi pensiate», il bouquet di Orban, che per l’occasione inalberava una cravatta in perfetto verde Lega. Un vero blitz: sbarcato alle 14 a Linate, il magiaro ha mangiato risotto giallo e ossobuco a Brera, ha visto Salvini e alle 18.30 era già ripartito per l’aeroporto.

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