Assicura di non nutrire rancori nè di cercare vendette. Dice di volere solo che «la verità venga a galla». Ha diffuso quel report perché «oramai la corruzione è arrivata ai vertici della gerarchia della Chiesa». A parlare è monsignor Carlo Maria Viganò, l’ex nunzio a Washington che è arrivato a chiedere le dimissioni di papa Francesco. Dopo il terremoto provocato dalla pubblicazione del suo dossier, Viganò dialoga con il giornalista Aldo Maria Valli da un «rifugio segreto». Il vaticanista ha pubblicato l’intervista sul suo blog personale.

Così, a quanti sostengono che sarebbe animato da rancori personali nei confronti del Pontefice argentino, il prelato risponde: «Non ho mai avuto sentimenti di vendetta o di rancore in tutti questi anni in cui sono stato messo alla prova da tante calunnie e falsità sul mio conto». Sulle reazioni alla pubblicazione del suo memoriale afferma che «c’è chi non sa più dove attingere il veleno per distruggere la mia credibilità»: qualcuno ha «persino scritto che sono stato ricoverato due volte con trattamento obbligatorio (Tso) per uso di droga». Sa che c’è chi «si immagina cospirazioni, complotti politici, trame di ogni genere», ma, sottolinea, «ci sono anche molti articoli di apprezzamento e ho avuto modo di vedere messaggi di sacerdoti e fedeli che mi ringraziano, perché la mia testimonianza è stata per loro un barlume di speranza nuova per la Chiesa». Viganò è ritenuto da molti ispiratore di Vatileaks 1, la serie di scandali esplosi nel 2012 riguardanti la fuga di informazioni riservate in merito alla Città del Vaticano. C’è chi lo definisce il «corvo» o uno dei «corvi» all’origine del caso. Anche su questa etichetta si esprime: «Come avete visto sono solito fare le cose alla luce del sole! Io all’epoca da tempo ero a Washington e certo avevo altro a cui pensare». Viganò attacca: «Mi rivolgo ai giornalisti: perché non chiedono che fine ha fatto la cassa di documenti che, l’abbiamo visto tutti, fu consegnata a Castelgandolfo da Papa Benedetto a papa Francesco?». Per l’ex diplomatico vaticano «sarebbe stato sufficiente seguire il mio rapporto e il verbale che fu fatto alla mia deposizione davanti ai tre cardinali incaricati delle indagini sul caso Vatileaks (Julian Herranz, Jozef Tomko e Salvatore De Giorgi) per iniziare a fare un po’ di pulizia in Curia». Poi aggiunge di avere scritto «nella mia lettera ai tre cardinali, lettera che accompagnava il rapporto che consegnai loro: “Molti di voi sapevate, ma avete taciuto. Almeno ora che avete avuto questo incarico da Benedetto abbiate il coraggio di riportare con fedeltà quanto vi è stato rivelato di tante situazioni di corruzione”». Altra annotazione che gli è stata fatta sui media riguarda una sua presunta rabbia per non essere diventato porporato:«Posso affermare con tutta sincerità davanti a Dio - replica l’ex ambasciatore vaticano - di aver di fatto rinunciato a essere cardinale». Garantisce di avere «parlato perché oramai la corruzione è arrivata ai vertici della gerarchia della Chiesa».

L’aiuto del vaticanista

Il giornalista che ha confezionato la lettera di 11 pagine è Marco Tosatti, ex vaticanista del nostro giornale, curatore del blog Stilum curiae. Tosatti spiega a La Stampa che quella con Viganò «doveva essere un’intervista per il blog. Mi ha chiamato lui un mese fa, io non lo conoscevo». E quando si sono visti, «mi ha raccontato quello che poi abbiamo letto tutti. E io sono stato d’accordo con lui quando ha deciso di trasformare il racconto in un testo lineare, perchè così avrebbe assunto la forma più corretta: quella di testimonianza». A quel punto, Tosatti si è limitato «a fare l’editing del testo, perchè necessitava di alcuni accorgimenti per renderlo comprensibile anche ai non addetti ai lavori. Di mio lì dentro ci sono solo editing e consigli. Nient’altro: il materiale, la sostanza, è tutta di Viganò».

Tosatti è certo che non ci sia alcun complotto, tantomeno una regia che ha voluto creare questa tempesta: «Tra le motivazioni che hanno spinto Viganò a intervenire ci sono stati alcuni articoli con accuse velate di un comportamento omissivo o carente dei nunzi Gabriel Montalvo e Pietro Sambi, e di Benedetto XVI» sulla vicenda McCarrick. Tosatti garantisce: «Viganò, conoscendo la verità, ha voluto agire così, per farla venire a galla». Infine, Tosatti ritiene che «una risposta su questa vicenda da parte di papa Francesco sia necessaria: non può non darla, perchè il dubbio tremendo che aleggia fa male a lui e alla Chiesa».

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