Caro Direttore,

è iniziata la battaglia di Idlib, estremo tentativo di eliminare i ribelli ma anche rischio di una nuova catastrofe che coinvolge migliaia di civili siriani. Per questo popolo sembra impossibile che scoppi finalmente la pace, di focolaio in focolaio la guerra è una macchia d’olio che si espande. Eppure eliminare i ribelli sembra essere giusto, togliere la minaccia dell’Isis ancor di più, ma guerra richiama altra guerra, la strada per la pace non è nemmeno una azione giusta, la strada per la pace è un’altra, è che ad Aleppo nella parrocchia dei francescani vi è già la pace, una esperienza di attenzione ad ogni bisogno e il tentativo di condividerlo e di rispondervi.
Dentro la Siria, nei suoi confini vi è guerra che richiama guerra, ancor di più vi è pace che costruisce pace. Qui sta la speranza per la Siria, non che i ribelli vengano finalmente debellati, ma che si dilatino i gesti di pace che fanno già in Siria tanti uomini e donne di buona volontà. Idlib oggi è una parola che incute terrore, la Siria è qualcosa di più, dentro le macerie i fiori di pace che crescono in tante parti, una speranza reale per il popolo siriano.

Gianni Mereghetti

Caro Mereghetti,

la battaglia di Idlib ha due aspetti che si sovrappongono. Da un lato c’è l’assalto dei reparti del regime di Bashar Assad, sostenuti da unità speciali ed aviazione russa, all’ultima roccaforte jihadista dove si trovano almeno 10 mila miliziani di Al Qaeda, Isis ed altri gruppi sanguinari. Dall’altro c’è il disegno dello stesso regime di Assad, sostenuto da Hezbollah e altre milizie sciite filoiraniane, di sottomettere il cuore della rivolta popolare sunnita ovvero una provincia dove si concentrano secondo l’Onu circa tre milioni di persone.


Nel primo caso è una campagna militare anti-jihadista, nel secondo rischia di essere una mega operazione di pulizia etnica da parte di sciiti ed alawiti - l’entità a cui appartengono gli Assad - contro i sunniti. Con la conseguente minaccia di una catastrofe umanitaria nel Mediterraneo. Questo spiega perché ciò che sta maturando a Idlib riassume le contraddizioni della guerra civile siriana: a combattere i jihadisti è un regime sanguinario che punta a sottomettere brutalmente i sunniti, ovvero la maggioranza della popolazione, per aiutare l’Iran degli ayatollah ad estendere la sua influenza sul Medio Oriente. È il doppio volto di un conflitto brutale che ha già trasformato la Siria in un deserto di macerie.