«L’evento più importante della storia inglese fu un evento che non ebbe mai luogo: una Rivoluzione sull’onda di quella francese»… e fallì «perché falciata da …una rivoluzione aristocratica, una vittoria dei ricchi sui poveri». Pur con minor senso della sintesi del fulminante «G.K. Chesterton», Mike Leigh ribadisce il concetto rievocando con «Peterloo» lo scenario socio/politico britannico all’indomani di Waterloo; e, come già ha dimostrato con «Turner», si conferma regista che non si fa imprigionare dalla cornice d’epoca. Parliamo di duecento anni fa, ma con la naturalezza di chi è aduso a cogliere la vita nel suo farsi, Leigh rende quel mondo nostro contemporaneo.

Gli sfruttati operai tessili del Nord, le discussioni e disunioni nelle file dei riformisti, le famiglie in miseria, un governo affama popolo, la sospensione dei diritti civili, l’attacco dell’esercito contro una pacifica folla di manifestanti raccolta in piazza a chiedere non la luna, ma una riforma parlamentare: tutto suggerisce l’idea di una lotta per la sopravvivenza e per la libertà come filo eterno della Storia.

A fronte di tale umanissimo affresco, le allusioni al Male del nazismo (e non solo) sottese negli incubi di «Suspiria» di Luca Guadagnino, atteso remake del film di Dario Argento, appaiono pretestuose e ingombranti: se, invece di aspirare a contorti spessori, il cineasta si fosse semplicemente affidato al suo immaginifico gusto retrò, l’horror ne avrebbe certo tratto giovamento. Vedi il francese David Oelhoffen il cui «Freres Ennemis» non sarà un film da festival, ma in compenso è un asciutto polar all’antica, ben ambientato nella periferia multietnica del narcotraffico, che in Matthias Schoenaerts e Reda Kateb trova una bella coppia di interpreti.