Davanti ai venti di guerra che spirano sui cieli della Siria, da dove giungono notizie inquietanti sui rischi di una possibile catastrofe umanitaria, in particolare nella provincia di Idlib, Papa Francesco continua ad invocare la pace per questo Paese martoriato da oltre otto anni. «Rinnovo il mio accorato appello alla Comunità internazionale e a tutti gli attori coinvolti ad avvalersi degli strumenti della diplomazia, del dialogo e dei negoziati, nel rispetto del Diritto umanitario internazionale e per salvaguardare le vite dei civili», è l’appello del Pontefice pronunciato dalla finestra del Palazzo Apostolico, dove recita l’Angelus con 25mila fedeli riuniti in piazza San Pietro.

Nella sua catechesi prima della preghiera mariana, il Papa ha invitato invece a liberare il proprio rapporto con Dio e con gli altri da ogni forma di «ipocrisia», traendo spunto dal Vangelo di Marco di oggi che mette in luce il tema della «autenticità della nostra obbedienza alla Parola di Dio, contro ogni contaminazione mondana o formalismo legalistico». 

Il racconto evangelico si apre con l’obiezione che gli scribi e i farisei rivolgono a Gesù, accusando i suoi discepoli di non seguire i precetti rituali secondo le tradizioni. Un modo per «colpire l’attendibilità e l’autorevolezza di Gesù come Maestro», osserva il Papa, «perché dicevano questo Maestro lascia che i discepoli non compiano le prescrizioni della tradizione». Ma il Messia «replica forte» citando il profeta Isaia e definendo «ipocriti» i suoi interlocutori: «Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini». 

«Parole chiare e forti!», commenta Bergoglio, «ipocrita è uno degli aggettivi più forti che Gesù usa nel Vangelo e lo rivolge ai maestri della religione», aggiunge a braccio, «ipocrita è un bugiardo non è autentico». Gesù infatti vuole «scuotere gli scribi e i farisei dall’errore in cui sono caduti, cioè quello di stravolgere la volontà di Dio trascurando i suoi comandamenti per osservare le tradizioni umane». La reazione di Gesù è «severa» ma la posta in gioco è grande: «si tratta della verità del rapporto tra l’uomo e Dio, dell’autenticità della vita religiosa». 

 

«Anche oggi - sottolinea Francesco - il Signore ci invita a fuggire questo pericolo di dare più importanza alla forma che alla sostanza. Ci chiama a riconoscere, sempre di nuovo, quello che è il vero centro dell’esperienza di fede, cioè l’amore di Dio e l’amore del prossimo, purificandola dall’ipocrisia del legalismo e del ritualismo». 

Tale messaggio è rinforzato anche dalle parole dell’apostolo Giacomo che esorta a «visitare gli orfani e le vedove nelle sofferenze e non lasciarsi contaminare da questo mondo». Nel concreto, spiega il Papa, «significa praticare la carità verso il prossimo a partire dalle persone più bisognose, più fragili, più ai margini». Tutte le persone, cioè, «delle quali Dio si prende cura in modo speciale, e chiede a noi di fare altrettanto».

 

«Non lasciarsi contaminare da questo mondo» non vuol dire invece «isolarsi e chiudersi alla realtà». «Anche qui, non dev’essere un atteggiamento esteriore ma interiore, di sostanza», chiarisce il Pontefice, significa piuttosto «vigilare perché il nostro modo di pensare e di agire non sia inquinato dalla mentalità mondana, ossia dalla vanità, dall’avarizia, dalla superbia». 

«Un uomo o una donna che vive nella vanità, nella superbia, nella avarizia e nello stesso tempo si fa vedere come religioso e addirittura arriva a condannare gli altri è un ipocrita», afferma a braccio Papa Francesco.

Invita quindi a farsi «un esame di coscienza per vedere come accogliamo la Parola di Dio»: «Alla domenica la ascoltiamo nella Messa. Se la ascoltiamo in modo distratto o superficiale, essa non ci servirà molto. Dobbiamo, invece, accogliere la Parola con mente e cuore aperti, come un terreno buono, in modo che sia assimilata e porti frutto nella vita concreta». In tal modo «la Parola stessa ci purifica il cuore e le azioni e il nostro rapporto con Dio e con gli altri viene liberato dall’ipocrisia». 

A conclusione dell’Angelus il Papa ricorda la beatificazione avvenuta ieri a Košice, in Slovacchia, di Anna Kolesárová, «vergine e martire, uccisa per aver resistito a chi voleva violare la sua dignità e la sua castità, come la “nostra” italiana Maria Goretti». «Questa ragazza coraggiosa - dice - aiuti i giovani cristiani a restare saldi nella fedeltà al Vangelo, anche quando richiede di andare controcorrente e pagare di persona».

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