Una improvvisa secchiata di acqua fredda si rovescia su Lega e sul M5S, nel pieno dei festeggiamenti per l’intesa sulla manovra. È la soglia del deficit spinta fino al 2,4 per cento – tra le impennate dello spread e il rischio bocciatura della Ue- che fa suonare i campanelli d’allarme di Quirinale e di Bankitalia. E che dall’altra parte, in difesa della cosiddetta «manovra del popolo», riaccende l’anima bellicosa del governo.

«Avere conti pubblici solidi e in ordine è una condizione indispensabile di sicurezza sociale, soprattutto per i giovani e per il loro futuro», è il messaggio che - senza troppi veli - indirizza all’esecutivo il presidente della Repubblica Sergio Mattarella intervenendo all’iniziativa «Viaggio in bicicletta intorno ai 70 anni della Costituzione italiana». E come la Carta dispone, prosegue il Capo dello Stato, «occorre assicurare l’equilibrio di bilancio e la sostenibilità del debito pubblico. Questo per tutelare i risparmi dei nostri concittadini, le risorse per le famiglie e per le imprese, per difendere le pensioni, per rendere possibili interventi sociali concreti ed efficaci». Al monito di Mattarella si allinea, poche ore dopo, quello del governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco: «L’Italia ha bisogno di favorire l’investimento pubblico e privato e di contenere e ridurre il debito pubblico». «Il mercato poi – aggiunge Visco - non è composto da forze ignote che tramano nell’ombra. Piuttosto, dovendo collocare 400 miliardi di titoli di Stato, dobbiamo essere coscienti della fiducia che trasmettiamo quando emettiamo debito».

A Palazzo Chigi si valuta la migliore strategia per attutire i colpi e si muovono le feluche della diplomazia. Prima di tutti, però, arriva la reazione di Matteo Salvini a sconquassare la grammatica delle relazioni con il Colle: «Stia tranquillo, il Presidente,dopo anni di manovre economiche imposte dall’Europa che hanno fatto esplodere il debito pubblico, finalmente si cambia rotta e si scommette sul futuro e sulla crescita. E se a Bruxelles mi dicono che non lo posso fare me ne frego e lo faccio lo stesso». E a sera, quando in un comizio a Latina il nome di Mattarella è accolto da fischi: «Stiamo smettendo di governare il Paese da servi come ha fatto per anni la sinistra. Questo lo devono capire a Bruxelles, a Berlino e anche in qualche colle di Roma». Oltre a ricordare che lui, il leader della Lega, è «per l’elezione diretta del presidente della Repubblica». Luigi Di Maio in un primo momento tenta di ricalibrare il messaggio dell’alleato: «Mattarella non deve preoccuparsi. Questa manovra ha proprio la finalità di creare le condizioni per ridurre il debito». Poi non resiste. «Per una volta che il deficit lo si fa per dare ai più deboli, sono tutti pronti a criticare». La rincorsa a Salvini deve riprendere. A qualunque costo.

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