Il fenomeno migratorio e tutte le difficoltà che esso comporta, specie per le nuove generazioni, entra a pieno titolo tra le discussioni del Sinodo sui giovani, proseguito tra ieri e oggi con la fase dei Circoli minori suddivisi per lingua. A farsi portavoce del “grido” dei migranti fatto riecheggiare in Aula dai padri sinodali è stato il cardinale Dieudonné Nzapalainga, pastore di una terra insanguinata da decenni di guerra civile come Bangui, capitale della Repubblica centrafricana visitata da Papa Francesco nel 2015.

Intervenendo al quotidiano briefing sui lavori del Sinodo in Sala Stampa vaticana, Nzapalainga, affiancato dal prefetto del Dicastero per la Comunicazione Paolo Ruffini e dal cardinale Giuseppe Versaldi, prefetto della Congregazione per l’Educazione cattolica, ha paragonato il trattamento che spesso ricevono uomini, donne e bambini in fuga dalla propria terra a quello riservato solitamente alle «bestie».  «Sì, a volte vengono respinti come bestie», ha affermato il porporato senza mezzi termini, «oppure vengono accolti solo se servono a qualcosa. No, sono esseri umani, e vanno trattati come tali. Questa è la questione che abbiamo portato al Sinodo e che speriamo venga affrontata».

«Le migrazioni non esistono da ora, già ai tempi di Abramo c’erano le migrazioni. Ma ora, per molti, alle spalle c’è una scelta di sopravvivenza», ha sottolineato l’arcivescovo centrafricano. «Nei nostri Paesi molti giovani si chiedono: se resto muoio, se parto muoio, cosa scelgo? Spesso si tratta anche di un salto nel nulla. Ma quelli che partono hanno sempre le loro ragioni: e la Chiesa deve accompagnarli, sono esseri umani, non bestie», ha insistito rispondendo ad una domanda dei giornalisti. 

Sul tema ha espresso il proprio parere anche Versaldi che ha circoscritto la questione all’attualità italiana. «I porti chiusi non sono della Chiesa: la Chiesa ha aperto le porte a chi aveva i porti chiusi», ha detto il cardinale. «Il problema delle migrazioni è un problema complesso. Ci sono anche distinzioni da fare tra il modo in cui la Chiesa affronta la questione e il modo in cui lo fanno gli Stati. La Chiesa ha un ruolo di annuncio del Vangelo, e il Vangelo su questo punto è chiaro: “Ero straniero e mi avete accolto”. Per la Chiesa l’accoglienza è un valore irrinunciabile. La sua testimonianza è evidente, è sotto gli occhi di tutti».

Versaldi ha anche riportato le grandi aspettative nutrite per il prossimo incontro di dicembre tra i vescovi del Mediterraneo organizzato dalla Cei per fare il punto sul fenomeno immigrazione. Il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente dei vescovi italiani, ha ricordato l’appuntamento da lui ideato e promosso ricalcando un vecchio «sogno» di Giorgio La Pira agli altri padri sinodali all’interno del suo circolo, tra i quali appunto Versaldi.

Il prefetto per l’Educazione cattolica ha evidenziato ai giornalisti che l’incontro sarà importante per studiare «un’azione comune, perché ci sia la libertà e non la costrizione, altrimenti si inseriscono forze che ritornano a sfruttare l’Africa». Ha richiamato in proposito l’intervento in aula di un pastore della Chiesa africana, secondo cui «la Chiesa europea e occidentale fa bene a sviluppare il discorso dell’accoglienza, ma in Africa la Chiesa è impegnata a far sì che i giovani non partano, magari finendo nelle mani dei trafficanti di esseri umani». 

C’è infatti «chi spinge i giovani a emigrare, in modo che a livello locale non ci siano più generazioni per nuove classi dirigenti, e si favorisca così un nuovo colonialismo», ha evidenziato il porporato. «A molti giovani, in Africa, si infonde l’illusione che andando in Europa miglioreranno le loro condizioni di vita, che guadagneranno e manderanno i soldi alle famiglie, magari si “regala” loro anche il biglietto, ma poi, una volta nei Paesi di approdo, sono costretti a lavorare proprio per ripagare quel biglietto». La missione della Chiesa è invece specifica «e non è quella degli Stati», ha ribadito il cardinale, «è importante che i giovani che vivono nel disagio abbiano la libertà di scegliere – rimanere o emigrare - ma soprattutto libertà di sviluppare l’ingegno di un popolo e non lo sfruttamento indiretto». Dunque, a detta di Versaldi, «non è in contraddizione l’idea di una Chiesa che accoglie e quella che aiuta invece a non emigrare». 

I due relatori, moderati dal portavoce vaticano Greg Burke, hanno riferito ai giornalisti anche che di un momento di forte commozione verificatosi nei giorni scorsi nell’assemblea sinodale, quando è stato ricordato che molti dei migranti, inclusi quelli che muoiono lungo il loro viaggio di speranza, sono giovani. Alcuni poco più che ventenni, altri minorenni.

In Sala Stampa era presente oggi anche uno dei giovani uditori, l’argentino Mariano Germán García, operatore della pastorale giovanile nel suo Paese il quale ha espresso a nome dei coetanei venuti a Roma in questi giorni l’apprezzamento per questo Sinodo appena iniziato: «Noi giovani ci sentiamo la primavera della Chiesa! Il Sinodo è un albero che sta per fiorire, una grande opportunità. È stupendo vedere quanto il Papa creda nei sogni dei giovani».

Mariano, i suoi conterranei ed altri migliaia di ragazzi, partecipanti all’assise o meno, si ritrovano nel pomeriggio in Aula Paolo VI per il grande incontro del Papa con i giovani e i padri sinodali dal titolo “Noi per. Unici, solidali, creativi”. Un evento, promosso dalla Segreteria generale del Sinodo e dalla Congregazione per l’Educazione cattolica, che nel programma prevede testimonianze, esecuzioni di brani musicali e coreografie inerenti a tre temi cari alle nuove generazioni: la ricerca di identità, le relazioni, la vita come servizio e donazione. 

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