Almeno dal 2007-2008 la ’ndrangheta calabrese aveva dimostrato grande interesse sull’affare del bagarinaggio dei biglietti dello Juventus Stadium. Dal 2012 in poi, però, qualcosa era cambiato nell’equilibrio tra gruppi ultras e forze criminali della città. Forse non solo gli interpreti, ma anche l’invasività del controllo malavitoso sul tifo. Era entrato in scena un certo Rocco Dominello, 42 anni, rampollo delle sanguinarie famiglie di ’ndrangheta Pesce-Bellocco, padroni di Rosarno. Ragazzo distinto, ben vestito, educatissimo, è stato condannato per mafia a 5 anni di carcere. Per dirla con le parole di Ciccio Bucci, ex leader della curva morto suicida poco dopo la discovery dell’inchiesta, Dominello era «un punto di equilibrio nel settore del tifo organizzato, uno da tenersi buono nel caso in cui fossero sorti problemi».

Va detto che «ciò che si muoveva dietro Dominello (cioè interessi mafiosi) sarebbe stato per la Juve qualcosa di ignoto e non ricostruibile» sottolinea la procura. Nessun dipendente della società è stato mai indagato e la Juventus si è sempre detta «vittima inconsapevole del comportamento di alcuni personaggi».

Come però il giovane boss, seduto puntualmente in tribuna a dispetto della fama da ultras di trincea, sia arrivato a incontrare praticamente tutti i vertici della società, ma soprattutto a impossessarsi del business del bagarinaggio esercitando un forte ascendente sui gruppi ultras, è stato ricostruito ieri con le motivazioni della sentenza d’Appello del processo Alto Piemonte indagine sulla ’ndrangheta coordinata dai pm Monica Abbatecola e Paolo Toso: un’opera investigativa articolata in migliaia di pagine da leggere come un romanzo.

«Una forte influenza»

Il «Caronte» di Dominello nel mondo del bagarinaggio «e nelle stanze della società bianconera» è stato Fabio Germani (difeso dall’avvocato Michele Galasso), assolto in primo grado e condannato a 4 anni e 5 mesi per concorso esterno in associazione mafiosa in secondo grado. «Lo hai portato tu, non l’ho portato io. Nel momento in cui lo hai portato lo hai presentato in un certo modo. Non so che mestiere faccia - dice Stefano Merulla, responsabile della biglietteria a Germani - ma ho la sensazione che abbia un’influenza forte all’interno della curva». Una volta dentro, Dominello esautora Germani «dal controllo del lucroso business della gestione dei tagliandi». E la ’ndrangheta si prende guadagni e prestigio.

Secondo il Tribunale però Germani conosceva eccome la caratura mafiosa di Dominello. «E quindi - chiosano i giudici - lui ha in concreto agevolato l’associazione criminale consentendo alla famiglia Dominello di ampliare la propria sfera di influenza a discapito di altre locali di ‘ndrangheta indebolite dall’attività di contrasto giudiziario (operazione Minotauro ndr) e ha consentito volontariamente alla cosca di ottenere lauti guadagni dalla gestione dei biglietti della Juve». L’influenza di Dominello in curva sarebbe derivata, secondo i giudici e i pm, dal potere di intimidazione implicito dell’associazione a cui appartiene: la ’ndrangheta. Che gli aveva consentito di mantenere una pax, una sorta di ordine pubblico sugli spalti.

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