Sociologo dei populismi, docente all’Università di Varsavia e anima del Partito ambientalista polacco, di cui è stato co-presidente fino al 2016, il quarantenne Adam Ostolski è considerato una delle menti più brillanti dell’ambientalismo europeo. Il populismo, ammette passeggiando in un ampio viale della capitale polacca, può insegnare qualcosa ai suoi avversari: «La lezione da trarre è che il dogmatismo non paga più, bisogna reinventarsi».

Si aspettava l’onda verde che in Baviera ha fermato, per ora, l’estrema destra di AfD?

«Da un po’ di tempo in Germania ma anche in Olanda i Verdi mostrano di saper attrarre voti non solo dal loro bacino tradizionale ma anche dai socialdemocratici, dai liberali e dai conservatori. Il motivo è che in quei Paesi i Verdi hanno saputo combinare pragmatismo e principi, l’apertura a cooperare con altre forze politiche e la difesa di migranti e rifugiati. I principi da soli non bastano».

I verdi si sono affermati bene anche in Lussemburgo. L’ambientalismo può imporsi come terza via europea tra la montata dei nazional-populismi e il declino dei partiti di massa tradizionali?

«I partiti di massa tradizionali hanno mancato a volte la comprensione dei bisogni della gente. L’idealismo è oggi appannaggio dei populisti che mostrano maggior freschezza. E poi ammettiamolo, non tutti gli argomenti dei populisti sono negativi: le modifiche di Trump all’accordo sul commercio con Messico e Canada per esempio sono buone. La sfida dei Verdi è conciliare freschezza e spessore: più che una terza forza li definirei l’alternativa viva ai populismi laddove i partiti centristi tradizionali sono moribondi».

Gli ambientalisti sono usciti dai confini tematici in cui, a torto o a ragione, erano considerati più in zona liberal che socialista per trasformarsi in partito di massa? In altre parole,verde è il nuovo rosso?

«Non ancora. I Verdi, come tutte le vecchie famiglie politiche europee, si devono reinventare. Finora solo i populisti sono riusciti a farlo pienamente».

L’ecologia scalda anche gli animi di alcuni movimenti populisti, come i 5 Stelle in Italia. A spostare i consensi però è altro: migranti, diseguaglianze economiche, rivalsa su Bruxelles costi quel che costi. Quali sono le sfide determinanti del futuro?

«Tutte quelle che ha nominato lo sono. L’Italia, per esempio, ha molte ragioni per avercela con l’austerity europea. Sperare in una Ue più democratica, trasparente e aperta alla gente è legittimo. C’è bisogno di un’Europa che, citando Macron, “protegga”. Lo dico ironicamente, perché Macron si sta muovendo in direzione opposta. Le critiche politiche fanno crescere: troppo a lungo, ahimè, gli europeisti le hanno evitate per paura di smantellare il tutto».

Che peso ha avuto l’ambientalismo nella Polonia sovietica e che peso ha oggi in quella ultra-conservatrice?

«Negli anni del comunismo non c’era alcun partito verde in Polonia ma c’era una sensibilità attiva che portò negli Anni 80 a bloccare le centrali nucleari volute dal regime. Al vuoto del decennio successivo è seguito l’imporsi di una nuova forza ambientalista che si oppone chiaramente al governo in materia di diritti umani ma gli riconosce delle iniziative buone, per esempio la politica di aiuto alle famiglie, la risposta giusta a un bisogno vero. L’opposizione si fa confrontandosi con la realtà».

Si è occupato molto del rapporto tra antisemitismo e discorsi omofobi in Polonia. C’e’ un filo rosso-nero tra il presente e il passato?

«Per alcune forze di destra l’identità polacca si costruisce in antitesi a un nemico. C’è una continuità tra la retorica contro gli ebrei a ridosso della II guerra mondiale e quella omofoba odierna: la cospirazione contro la Polonia, l’indottrinamento dei giovani, la diversità come minaccia. Sono argomenti che non funzionerebbero contro le donne perché sono troppe».

Le donne rappresentano l’esercito della verde bavarese Katha Schulze. Per la femminista polacca Marta Lempart le trincee anti-fasciste a Varsavia e Cracovia sono rosa. È l’anello che può saldare la faglia tra Europa occidentale e centro-orientale?

«Sì e no. Le donne polacche in piazza oggi sono molte di più di quante ne abbiano mai mobilitato i movimenti femministi. Le giovani polacche poi sono assai progressiste, laddove i coetanei tendono al nazionalismo, ma contestano tanto questo governo conservatore quanto quello liberale poco attento a loro. Infine, secondo uno studio recente di “Oko.press” una buona fetta di elettorato polacco critica fortemente l’ostilità del governo verso l’Ue e verso la magistratura ma ne sostiene le politiche sulla famiglia: gran parte di questa fetta è composta da donne. Voglio dire che molti elettori conservatori non lo sono per motivi ideologici o xenofobi ma razionali: sono quelli che i Verdi possono intercettare».

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