La Chiesa «deve imparare ad abitare il mondo digitale»: il tema, già presente nel documento preparatorio del Sinodo sui giovani in corso in Vaticano (3 - 28 ottobre), l’Instrumentum laboris, è stato sviluppato nel corso dell’assemblea. «La Chiesa deve imparare ad abitare il mondo digitale, abbiamo già molte iniziative, ma ancora manca molto, non possiamo avere paura di entrare in questo campo», ha detto Valdir José De Castro, brasiliano, superiore generale della Società di San Paolo (Paolini), nel corso del briefing quotidiano.

«È necessario che la Chiesa approfondisca la propria comprensione della tecnologia, e in particolare di internet, in modo da discernere come abitarla, anche come terreno fertile per la evangelizzazione. Ci sono rischi, certo, ma anche nella vita concreta ci sono, e dobbiamo affrontarli. Considerando che i giovani sono totalmente immersi nel mondo digitale e poiché uno dei passi nell'evangelizzazione è creare relazioni umane per portare annuncio salvifico di Gesù, il mondo digitale è un campo imprescindibile», ha detto il paolino, che ha ricordato anche quanto diceva già Benedetto XVI: «Non bisogna solo immettere contenuti religiosi ma anche testimoniare con coerenza nel proprio profilo digitale e nel modo di comunicare scelte e giudizi profondamente coerenti con il Vangelo anche quando di esso non si parli in forma esplicita: i giovani devono essere protagonisti e non solo destinatari del mondo digitale».

Esempi concreti sono stati portati da un vescovo maronita libanese e un vescovo ghanese. Monsignor Joseph Naffah, vescovo ausiliare di Joubbé, Sarba e Jounieh, in Libano, ha raccontato di aver sviluppato una scuola di Catechismo, un Istituto di Scienze religiose online «per i nostri giovani sparsi nei quattro angoli del mondo», diaspora in altri paesi, emigrati per cercare una nuova vita fuori dalla realtà difficile e conflittuale del Medio Oriente: vi sono iscritti 550 giovani in tutto il mondo per corsi di istruzione in lingua araba, tra gli iscritti anche giovani carcerati, disabili, e giovani non cristiani. Il Presule ha detto di aver proposto al Sinodo «che ci sia in Vaticano un ufficio che metta insieme e sostenga progetti che si sviluppano online in varie parti del mondo», e, per quanto riguarda il riconoscimento di queste realtà sul web dal punto di vista cattolico, ha sostenuto la necessità di un «logo di riconoscimento» rilasciato da un apposito ufficio che, se vi sono le condizioni, ne garantisca l'affidabilità nel portare il messaggio della Chiesa.

Monsignor Emmanuel Kofi Fianu, vescovo di Ho, da parte sua, ha sottolineato che nel suo paese, dove ci sono molte chiese pentecostali e carismatiche, la Chiesa deve «aiutare i giovani a vivere il Vangelo nella loro vita», ma poiché «la nostra gioventù vive in mondo digitale, tutti hanno lo smartphone», è necessario concepire una «pastorale digitale per trasmettere la parola di Dio»: un passaggio fondamentale «se vogliamo che leggano la Bibbia, che siano in contatto con la Bibbia, distribuzione della parola di Dio, e non solo la sua interpretazione».

Il prefetto del Dicastero per la Comunicazione, Paolo Ruffini, ha riferito che domani arriveranno in aula le relazioni dei gruppi di lavoro linguistici (Circoli minori) sulla terza parte dell’Instrumentum laboris, mentre l’apposita commissione sta procedendo alla stesura di una «lettera breve» ai giovani.

L'hashtag ufficiale #Synod2018 è stato utilizzato finora circa 70mila volte, dalla conferenza stampa dell'1 ottobre. I paesi più coinvolti: Usa, Italia, Spagna, Messico. Il picco nel giorno della Messa inaugurale. Meno del 10% dei tweet ha un sentimento negativo.

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