È un comunicato dai toni parzialmente diversi rispetto alle invettive precedenti, segno che la dura risposta del cardinale Marc Ouellet, al quale l'ex nunzio Carlo Maria Viganò replica quasi tre settimane dopo, ha colpito nel segno. Viganò, che con il suo dossier del 26 agosto scorso, pubblicato da una rete mediatica antipapale mentre Francesco celebrava in Irlanda l'incontro mondiale delle famiglie, chiedeva le dimissioni del Pontefice, sembra ora cambiare leggermente registro. 

 

Nel nuovo documento, reso noto in Italia dal giornalista Marco Tosatti (diretto collaboratore dell'ex nunzio per l'editing del primo dossier), rispondendo all'ovvia accusa di essere sleale nei confronti del Pontefice rivoltagli da Ouellet, Viganò risponde: «Non mi sorprende che nel richiamare l’attenzione su queste piaghe, io sia accusato di slealtà verso il Santo Padre e di fomentare una ribellione aperta e scandalosa. Ma la ribellione implicherebbe spingere gli altri a rovesciare il papato. Io non sto esortando a nulla del genere». Viganò e chi lo ha aiutato nell'editing, come pure tutta la rete mediatica antipapale che l'ha sostenuto, omettono però di ricordare che quel dossier del 26 agosto si concludeva proprio con il tentativo di dare una spallata al papato di Francesco chiedendone la rinuncia.

 

Ora invece l'ex nunzio fa sapere: «Prego ogni giorno per papa Francesco più di quanto abbia mai fatto per gli altri papi. Chiedo, anzi scongiuro ardentemente, che il Santo Padre faccia fronte agli impegni che ha assunto. Accettando di essere il successore di Pietro, ha preso su di sé la missione di confermare i suoi fratelli e la responsabilità di guidare tutte le anime nella sequela di Cristo, nel combattimento spirituale, per la via della croce. Ammetta i suoi errori, si penta, dimostri di voler seguire il mandato dato a Pietro e, una volta ravvedutosi, confermi i suoi fratelli».

 

Viganò ripete l'accusa contro Bergoglio, che a suo dire avrebbe affidato al cardinale Theodore McCarrick «nuove importanti responsabilità e missioni». Senza però dire quali, dato che McCarrick, già ultraottantenne al momento dell'elezione di Papa Francesco, viaggiava liberamente intorno al mondo sia durante il pontificato di Benedetto che durante quello del suo successore, fino a che - di fronte a una nuova denuncia che per la prima volta parlava di un abuso su un minore - proprio Bergoglio ha per la prima volta duramente sanzionato l'anziano porporato.

 

È interessante che l'ex nunzio ammetta che quelle stabilite da Benedetto XVI nei confronti di McCarrick non erano e non sono mai state «sanzioni». Nel suo primo dossier, Viganò scriveva: «Papa Benedetto aveva comminato al Card. McCarrick sanzioni simili a quelle ora inflittegli da Papa Francesco». Circostanza assolutamente non vera, dato che Francesco ha pubblicamente ordinato al cardinale di fare vita da recluso e poi gli ha tolto la porpora. Mentre quelle di Papa Ratzinger erano, per usare le parole di Ouellet, «forti raccomandazioni». Ora Viganò riconosce che si trattava di «istruzioni» e, come già avevano fatto i suoi sostenitori nei giorni scorsi tentando di sminuire la portata della lettera di Ouellet, afferma che «sanzioni» o «istruzioni» pari sono e si tratterebbe di sottigliezze di lana caprina: «Disquisire se erano sanzioni o provvedimenti o che altro è puro legalismo. Sotto il profilo pastorale è esattamente la stessa cosa». Non è proprio così. Lo dimostra il fatto che McCarrick durante il pontificato di Benedetto XVI ha continuato a fare ciò che faceva prima senza tener conto delle «istruzioni» ricevute. Senza che gli accadesse nulla. E senza che lo stesso nunzio Viganò si impegnasse particolarmente per fargliele rispettare, apparendo invece al suo fianco varie volte come nulla fosse e come attestano i documenti video.

 

Nella replica Viganò sostiene che la lettera di Ouellet confermi tutto quanto egli ha detto. Ma non entra nel merito dell'operazione politico-mediatica e del tentativo di far dimettere l'unico Papa ad aver pesantemente sanzionato McCarrick. Inoltre, l'ex nunzio nel nuovo documento afferma: «C’è un punto su cui devo assolutamente smentire quanto Cardinal Ouellet scrive. Il cardinale afferma che la Santa Sede era a conoscenza solo di semplici “voci”, non sufficienti per poter prendere misure disciplinari contro McCarrick».

 

«Io affermo invece - continua Viganò - che la Santa Sede era a conoscenza di una molteplicità di fatti concreti ed in possesso di comprovanti documenti, e che nonostante ciò le persone responsabili hanno preferito non intervenire o è stato loro impedito di farlo. I risarcimenti alle vittime degli abusi sessuali di McCarrick dell’arcidiocesi di Newark e della diocesi di Metuchen, le lettere di P. Ramsey, dei nunzi Montalvo nel 2000 e Sambi nel 2006, del Dott. Sipe nel 2008, i miei due Appunti al riguardo ai superiori della Segreteria di Stato che descrivevano nei dettagli le accuse concrete contro McCarrick, sono solo voci? Sono corrispondenza ufficiale, non pettegolezzi da sacrestia. I delitti denunciati erano gravissimi, vi erano anche quelli dell’assoluzione di complici in atti turpi, con successiva celebrazione sacrilega della Messa. Questi documenti specificano l’identità dei perpetratori, quella dei loro protettori e la sequenza cronologica dei fatti. Sono custoditi negli archivi appropriati; non è necessaria alcuna indagine straordinaria per recuperarli».

Viganò ripete inoltre che alla base degli abusi da parte di uomini della Chiesa ci sia l'omosessualità, causa della «corruzione del sacerdozio e della gerarchia. È un’ipocrisia enorme deprecare l’abuso, dire di piangere per le vittime, e però rifiutare di denunciare la causa principale di tanti abusi sessuali: l’omosessualità. È un’ipocrisia rifiutarsi di ammettere che questa piaga è dovuta ad una grave crisi nella vita spirituale del clero e non ricorrere ai mezzi per porvi rimedio».

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