Pro Civitate Christiana. Convegno sul tema del “disumano” promosso via social media

La crescente criminalizzazione delle povertà, la colpevolizzazione della diversità, la mancata accoglienza dello straniero come del rom, e altri preoccupanti sintomi che possiamo registrare in casa nostra, nel senso del nostro Paese, ma anche in giro per il mondo, destano preoccupazione perché investono valori e persone in carne ed ossa ma nello stesso tempo mettono in risalto un capovolgimento della maniera in cui viene inteso l’umano. Sempre di più infatti si ascoltano giustificazioni più o meno argomentate che non si basano su scelte politiche e programmatiche – discutibili ma legittime da parte di chi governa il Paese in questione – ma su un nuovo e differente modo di intendere la relazione tra gli esseri umani. È più che una semplice impressione: si sta cercando di rifondare il principio stesso dell’umano. Per questa ragione e in tale direzione si coniano allocuzioni ambigue quanto significative come “post-umano” o “disumano ragionevole”.

Quest’ultima in particolare si sostituisce suadentemente al disumano puro e semplice, aperto e violento, giustificando quasi una piccola dose di disumanità tesa al miglioramento dell’umanità stessa. Nella tradizione rabbinica, la discussione sul fondamento della relazione umana infatti è sempre stata piuttosto viva.

Ad avere la meglio sembrano le correnti che affermano la cosiddetta regola aurea nella sua affermazione positiva: “Fa’ agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te”. Ma un’altra scuola si oppone a questa per indicare la generazione di Adamo come fondamento dell’umanità. Adamo, il cui stesso nome deriva da adamà che significa terra, indica non un nome proprio ma l’Uomo inteso nel suo senso universale, che diventa soggetto solo nell’atto della generazione. Caino e Abele, che ne vengono generati, possono dirsi a pieno titolo fratelli e ampliano per la prima volta il genere umano in senso orizzontale e non verticale (madre-figlio, padre-figlio). Tant’è che “fratello”, a differenza di madre e padre, è nome reciproco.

Perfino l’uccisione di Abele da parte di Caino – che sembrerebbe smentire il senso di umanità che si vorrebbe fondare – è un archetipo che va al di là della semplice valutazione morale, e indica agli uomini di ogni tempo e di ogni luogo che ogni omicidio è un fratricidio. La sentenza ultima di Dio, che preserva Caino dal male che altri potrebbero arrecargli, altro non è che la conferma dell’integrazione dell’umanità nella volontà divina e nel disegno della vita. L’umanità intesa come fraternità: questo è alle origini. Fraternità che è sì rafforzata dal senso religioso che riconosce un unico Padre, ma che è patrimonio anche della Rivoluzione francese che fonda le democrazie moderne e le cui tracce sono molto ben visibili nelle Costituzioni occidentali. Insieme alla libertà e all’uguaglianza, è la fraternità a fondare le comunità democratiche d’occidente.

Dobbiamo però ammettere amaramente che, mentre i princìpi di libertà e uguaglianza hanno avuto più attenzione e fortuna nella loro declinazione legislativa e costituzionale, la fraternità ha rappresentato sempre la sorella povera della famiglia.

Eppure è lì che viene incastonato come un gioiello quel patto di umanità che sembra essere alla radice e alle origini della convivenza umana. Tant’è che storicamente chi ha introdotto elementi di disumanità ha sempre dovuto compiere l’operazione preventiva di convincimento sistematico e propagandistico (tipico delle visioni ideologiche) per orientare la disumanità al rafforzamento, al mantenimento, alla preservazione dell’umanità stessa. A ben vedere, è così dalle Crociate alle forme di persecuzione violente come l’antisemitismo, è questo che ha caratterizzato i totalitarismi, il comunismo e il nazismo col loro tragico strascico di sangue, distruzione e morte. Non si è mai compiuto qualcosa di disumano se non nel nome del bene, ovvero per affermare il bene stesso dell’umanità. Quindi, paradossalmente, anche la disumanità contribuisce a fondare concettualmente l’umano. In questo senso il tempo che viviamo, in cui va affermandosi non tanto un disumano “razionale” quanto un disumano “ragionevole”, è particolarmente insidioso perché si serve delle fake news come elemento di diffusione e convincimento in cui la falsità non è mai grossolana ma viene confezionata e proposta come verosimile e accettabile.

Provoca un comportamento teso a dividere l’umanità, ma è tollerabile, plausibile, accettabile, conveniente… E in quanto idea condivisa, scarica la coscienza: nessuno se ne sente direttamente colpevole. Se colpa ci fosse, sarebbe condivisa. Di queste e altre riflessioni sono ampiamente debitore a Salvatore Natoli e ad altri contributi che hanno animato le riflessioni del Corso di studi cristiani giunto alla sua 76a edizione, sul tema “L’umano alla prova”, presso la Pro Civitate Christiana. Una sfida che deve vederci sempre più vigili e attenti perché l’insidia del disumano, come il male di Caino, è “accovacciato alla porta” (Gen 4,7).

Tonio Dell’Olio
presidente della Pro Civitate Christiana