Spettacolo
Il silenzio è mafia. Stasera al teatro Sociale di Trento.
Alle ore 22.00 del 5 gennaio del 1984 Giuseppe Fava, scrittore, giornalista e sceneggiatore viene ucciso da 5 proiettili alla nuca. La mano che preme più volte quel grilletto ha un nome: mafia.
Nato il 15 settembre del 1925 in provincia di Siracusa, Fava affianca al giornalismo una brillante carriera di drammaturgo: il film ‘Palermo or Wolfsburg’, tratto dal suo romanzo ‘Passione di Michele’, vince l’Orso d’oro al Festival di Berlino nel 1980. Nello stesso anno, diviene direttore del ‘Giornale del Sud’, un quotidiano che denuncia con coraggio le attività mafiose a Catania. Successivamente licenziato da questa testata, continua la sua campagna antimafiosa sulla rivista ‘I Siciliani’, in cui pubblica un’inchiesta-denuncia, che segna per sempre il suo futuro: ‘I quattro cavalieri dell’apocalisse mafiosa’, un articolo sulle attività illecite di quattro imprenditori catanesi, Carmelo Costanzo, Gaetano Graci, Mario Rendo e Francesco Finocchiaro, e di altri personaggi tra cui Michele Sindona, che Fava collega con il clan del boss Nitto Santapaola.
“Io vorrei che gli italiani sapessero che non è vero che i siciliani sono mafiosi. I siciliani lottano da secoli contro la mafia. I mafiosi stanno in parlamento, i mafiosi sono ministri, i mafiosi sono banchieri, sono quelli che in questo momento sono al vertice della nazione. Nella mafia moderna non ci sono padrini, ci sono grandi vecchi i quali si servono della mafia per accrescere le loro ricchezze, dato questo che spesso viene trascurato. L’uomo politico non cerca attraverso la mafia solo il potere, ma anche la ricchezza personale, perché è dalla ricchezza personale che deriva il potere, che ti permette di avere sempre quei 150mila voti di preferenza. La struttura della nostra politica è questa: chi non ha soldi, 150mila voti di preferenza non riuscirà ad averli mai! I mafiosi non sono quelli che ammazzano, quelli sono gli esecutori. Ad esempio si dice che i fratelli Greco siano i padroni di Palermo, i governatori. Non è vero, sono solo degli esecutori, stanno al posto loro e fanno quello che devono fare. Io ho visto molti funerali di Stato: dico una cosa che credo io e che quindi può anche non essere vera, ma molto spesso gli assassini erano sul palco delle autorità”.
Queste le sue parole nell’intervista rilasciata a Enzo Biagi per la trasmissione Filmstory, una settimana prima del suo assassinio. Tante parole come queste rivivranno oggi alle 20.30 al Teatro Sociale di Trento grazie all’attore Luigi Lo Cascio.
Parole per ricordare il coraggio di chi ha detto no al silenzio e ha detto sì alla verità. Parole per dare voce a chi ha pagato con la propria vita il prezzo della coerenza con la propria coscienza civile e morale.
‘La coscienza della responsabilità individuale come consapevolezza personale del porre la legalità per la tutela dei diritti a riferimento etico; cura e al tempo stesso antidoto per la sanità di una società libera’ dichiara l’avv. Andrea de Bertolini, presidente dell’Ordine degli avvocati di Trento, che propone l’evento con il contributo della Fondazione Museo Storico del Trentino.
Una cornice, quella individuata dall’avvocato, che avvolge anima e vita di un uomo che ha lottato per dare voce alla legalità. Una cornice formata da quattro lati:
la tutela dei diritti violati, ‘come direzione dell’agire dell’individuo per una società compassionevole giusta e perciò egualitaria’;
la legalità, ‘come esigenza necessaria della vita sociale per promuovere il pieno sviluppo della persona e la costituzione del bene comune’;
la coscienza della responsabilità e la memoria attiva, per ‘vivere il ricordo come segno permanente, indelebile di un crimine le cui responsabilità collettive e singole, in quanto storicizzate, sono individuabili.’
I biglietti saranno disponibili in teatro a partire dalle ore 19.30. L’ingresso è gratuito.
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